La bozza di riforma del fisco presentata di recente dal Governo modifica la tassazione del reddito delle imprese agricole. Pur mantenendolo tra quelli fondiari, le modifiche introducono cambiamenti significativi che rappresentano una vera e propria rivoluzione copernicana per l'agricoltura. Vediamo perché.
Il nuovo testo normativo supera i limiti della “potenzialità del fondo”, estendendo la nozione di “attività agricole” per includere anche sistemi di produzione avanzati che non necessitano di terreni tradizionali. Questo permette di riconoscere il reddito agrario come “il reddito medio ordinario dei terreni imputabile al capitale d’esercizio e al lavoro di organizzazione impiegati nell’esercizio delle attività agricole di cui all’articolo 2135 del codice civile”. In pratica, si apre la strada a sistemi di produzione vegetale che possono avvenire in strutture protette come serre, fabbricati agricoli, industriali, commerciali e artigianali, o in fabbricati dismessi e riconvertiti a scopo agricolo.
Nonostante il riferimento ai “terreni” rimanga, il termine assume una nuova accezione, includendo anche “terreni virtuali” come superfici urbane e spazi interni ai fabbricati. Questo cambia il quadro normativo precedente, offrendo certezza sia per le attività già riconosciute che per quelle nuove.
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Una delle modifiche più importanti elimina il riferimento alla potenzialità del terreno, includendo tutte le attività agricole di cui all’art. 2135 c.c. Ciò implica che il reddito agrario può ora derivare da superfici virtuali come le produzioni in serra fuori suolo o gli specchi d’acqua per l’acquacoltura. Le modifiche distinguono tra produzioni vegetali cresciute in strutture fisse e mobili da quelle ricavate utilizzando fabbricati, prevedendo l’adozione di nuove classi e qualità di colture che terranno conto dei più evoluti sistemi di coltivazione che possono non utilizzare il suolo.
Finché non sarà definito il decreto attuativo, le produzioni in fabbricati sono regolate dai nuovi commi 4-ter dell’art. 28 e 4-bis dell’art. 34, e a regime dal decreto attuativo previsto dal comma 3-bis dell’art. 32. In via transitoria, il reddito è determinato moltiplicando la superficie della particella catastale per la tariffa dominicale e agraria più elevata in provincia, incrementata del 400%. La superficie della particella catastale è quella complessiva risultante in catasto, anche se su di essa insistono altre unità immobiliari. Una clausola di salvaguardia garantisce che il reddito dominicale non sia inferiore alla rendita catastale del fabbricato.
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Per l’impresa agricola proprietaria del fabbricato, il reddito generato è solo dominicale e agrario, mentre per il locatore è reddito di fabbricati e per il conduttore è reddito agrario. Questa disposizione si applica anche in caso di contratto di comodato o altri contratti di godimento. La lettera b-ter dell’art. 32 include nel reddito agrario la cessione di beni immateriali derivanti da attività virtuose per la tutela dell’ambiente e la lotta ai cambiamenti climatici, come i carbon credit. Questi beni sono considerati attività connesse all’agricoltura e sono soggetti a tassazione come reddito agrario se collegati all’attività agricola e soggetti a Iva.
Le disposizioni (art. 56-bis) sono estese anche alle società commerciali che optano per il reddito agrario. Ciò garantisce uniformità e semplificazione, applicando automaticamente i regimi forfettari previsti. Probabilmente le modifiche si applicheranno ai redditi prodotti dal periodo d’imposta 2024.
Questa riforma rappresenta un significativo passo avanti per il settore agricolo, offrendo un quadro normativo più certo e inclusivo, che riconosce le moderne pratiche agricole e favorisce la sostenibilità ambientale, ma soprattutto allinea la normativa civilistica con quella fiscale che fino a oggi aveva creato non pochi problemi.
di Luciano Mattarelli
Tributarista, revisore contabile, esperto di fiscalità in agricoltura