Dopo un primo mandato all’insegna delle emergenze, il riconfermato assessore regionale alle Risorse agroalimentari del Friuli-Venezia Giulia Stefano Zannier vuole portare a termine alcuni progetti per valorizzare aziende e prodotti del territorio. Lo abbiamo incontrato per farci raccontare i suoi programmi nell’ambito della nuova legislatura.
Per lei, il mandato scorso ha rappresentato la sua prima esperienza come assessore regionale alle Risorse agroalimentari. Come ha vissuto questi cinque anni?
«È stato un periodo caratterizzato da numerose emergenze: invasione delle cimici, varie turbolenze meteoclimatiche, tempesta Vaia con conseguenti gravi attacchi del bostrico, diversi eventi siccitosi, pandemia, guerra russo-ucraina. È stato assai difficile, in questa situazione, lavorare con una vera e propria programmazione, ma siamo anche stati stimolati a creare strumenti di azione nuovi come, ad esempio, l’ampliamento dell’utilizzo del Fondo di Rotazione in agricoltura».
Il Psr 2014-2022 che si è appena concluso da quali numeri di intervento ed efficacia è stato caratterizzato?
«Nei nove anni della sua durata, il Psr ha avuto a disposizione fondi per 320 milioni di euro. L’attivazione è stata pari al 99,9% e il pagato, a oggi, è oltre quota 68%. La macchina burocratica aveva una gestione assai complessa e perciò credo che, diversamente, saremmo potuti essere ancora più celeri ed efficienti».
La sua Direzione, tra le altre cose, ha sempre sostenuto le aggregazioni di filiera. Con quali risultati?
«Sulle filiere zootecniche e lattiero-casearie abbiamo investito 40 milioni di euro e ci sono state molte adesioni che promettono buone cose per il futuro del medio-lungo termine. In montagna sono state avviate varie filiere con aziende di Ppl (Piccole Produzioni Locali) che hanno beneficiato di norme su misura per quel territorio. Sono stati avviati anche i progetti della filiera olivicola e della canapa, con risposte positive e innovative nei vari settori».
Nella precedente amministrazione, con una scelta di un certo coraggio, avete avviato la creazione del nuovo Organismo Pagatore Regionale, staccato da Agea. A che punto siamo?
«Più che coraggiosa direi che è stata quasi una scelta obbligata: Agea era ed è in grossissima difficoltà nella gestione dei pagamenti, provocando ritardi davvero inammissibili che gravano sulle imprese agricole. Il primo passaggio in Consiglio Regionale è del luglio 2022. Nel dicembre dello stesso anno è stata inviata la richiesta formale al Masaf che, a fine maggio 2023, ha effettuato la sua prima visita di approfondimento in Regione. L’Opr avrà sede a Udine, sarà una struttura autonoma, ma all’interno dell’Ersa con un organigramma di 35 persone delle quali il 50% sono già in servizio. Anche il sistema informatico è già stato attivato. Il tutto avrà un costo stimato di tre milioni di euro l’anno e, già da ottobre, potrebbe iniziare a effettuare pagamenti. Di sicuro, a partire dal gennaio del 2024».
La prima uscita del nuovo Complemento per lo Sviluppo Rurale 2023-2027 ha riguardato finanziamenti sull’Ocm vino. Solo una questione di ordine temporale o un’attenzione particolare a un settore così importante per l’economia regionale?
«È solo una casualità. Del resto, il settore vino gode di molti benefici poiché parliamo del comparto agricolo a maggiore redditività e, perciò, trasversale a molte misure: Sissar, partecipazione alle fiere del settore, transizione al biologico e tanto altro».
Quali sono le caratteristiche principali del nuovo Csr? Quante risorse sono in campo e dove saranno, principalmente, allocate le risorse disponibili?
«Per la prima volta, si parla di un Piano nazionale, invece che regionale. Infatti, solo il 30% delle risorse sono figlie della programmazione regionale. In totale, per i cinque anni della sua durata, ci sono a disposizione 228 milioni di euro (100 milioni dei quali provenienti da Fondi europei), ai quali la nostra Regione ha aggiunto 50 milioni. Da parte nostra, abbiamo puntato al sostegno degli investimenti e della crescita dell’agroalimentare, mantenendo attiva l’abbinata con il Fondo di Rotazione che, fin qui, ha funzionato bene».
Sappiamo che il mondo agricolo, e non solo, è assai preoccupato per la questione della carenza idrica. Un po’ di finanziamenti del Pnrr sono arrivati per intervenire, ma con quali tempistiche?
«I 66 milioni di euro assegnati dal Pnrr alla nostra Regione riguardano la sola progettualità del Consorzio di Bonifica Pianura Friulana. Le gare di assegnazione dei lavori sono state espletate. Ora si passerà agli affidamenti e, ritengo, i lavori previsti saranno terminati non prima dell’estate prossima. Parliamo, qui, di efficientamento e rinnovo delle reti irrigue. La Regione, poi, ha investito 20 milioni di euro per la creazione di dieci invasi e micro invasi di raccolta delle acque che dovranno avere 2-3 anni di tempo per essere realizzati. Segnalando che, al momento attuale, le falde sono ancora basse rispetto alla media, faccio presente che altri interventi risultano impossibili, nel breve termine. Gli agricoltori dovranno essere accorti nell’utilizzo del loro sistema colturale privilegiando la coltivazione di specie con ridotta o bassa necessità idrica e guardare con più attenzione e frequenza alle proposte assicurative. Per quanto riguarda la Regione, abbiamo già approntato un Piano d’emergenza sull’uso dell’acqua se la questione della carenza idrica dovesse ripresentarsi e aggravarsi. Segnalo, infine, che anche a livello nazionale è stato dichiarato che l’uso agricolo dell’acqua è prevalente, dopo quello idropotabile».
La zootecnia continua a marcare le proprie difficoltà. Quali interventi e suggerimenti?
«Il settore vive un problema di livello di remunerazione dei prodotti troppo basso e di dimensione degli allevamenti che, nella nostra regione, hanno grandezze medio-piccole per numero di capi. Inoltre, il comparto può fare riferimento qualitativo alla sola Dop del Montasio e, dunque, si trova un po’ stretto quando si tratta di valorizzare i propri prodotti. Servirà una maggiore accelerazione nella comprensione dei mercati e di quello che chiedono i consumatori in termini di prodotti e di prezzi d’acquisto. In ogni caso, ritengo che serva anche un po’ di pazienza per valutare meglio quali saranno i risultati che potranno produrre le nuove filiere recentemente avviate».
È vero che l’attenzione alla sostenibilità e il percorso della transizione energetica ed ecologica rappresentano un’opportunità per le nostre aziende?
«Sono due questioni differenti. Per la transizione energetica penso che ci siano buone opportunità per le aziende se le relative azioni saranno accompagnate da sostegni adeguati. La transizione ambientale può anch’essa risultare valida se realmente fattibile e se riconosciuta dal mercato come valore aggiunto collettivo, da remunerare. È vero che la spinta verso la razionalizzazione può contribuire a ridurre i costi di produzione, ma serve garantire un’adeguata gradualità nei vari passaggi».
Tre parole-obiettivo per definire il suo prossimo quinquennio all’assessorato.
«Premesso che, in questa legislatura, mi piacerebbe lavorare su progetti strutturali, oltre le emergenze, direi innanzitutto: acqua. Servirà operare per ridurre i consumi e, così, poter aumentare le superfici irrigate. Poi direi che servirà una revisione agronomica delle produzioni per renderle compatibili, per quanto possibile, con i cambiamenti climatici in atto. Per terzo metterei la parola “mercato” sottolineando la necessità di una ulteriore valorizzazione delle produzioni del Friuli-Venezia Giulia, con un loro riposizionamento in alto “di” mercato e “sul” mercato, mettendo in campo tutti gli strumenti possibili e necessari per raggiungere tale obiettivo».