Idee per far ripartire l’agricoltura

Post Coronavirus - Produttori e Professionali cercano nuove vie per il rilancio

Meno lacci e laccioli. Più voglia d’impresa. E la consapevolezza di lavorare in un settore strategico che ha bisogno di sproni, non di ostacoli. Gli obiettivi per la ripartenza post Covid 19 tracciati da organizzazioni agricole e imprenditori

Non avevamo dubbi. L’agricoltura è una garanzia. Anche in tempi pandemici, di difficoltà di ogni tipo, il settore ha resistito e i produttori hanno mostrato a più riprese voglia di non mollare.

Primo Piano di Terra e Vita n. 17
Abbonati e accedi all’edicola digitale

I problemi però non si dissolvono con il progressivo esaurirsi del coronavirus. Anzi, quasi per contrappasso, riemergono in tutta la loro forza.

Dalla burocrazia imperante alla mancanza di redditività, dalle difficoltà di accesso al credito alla carenza di programmazione. Passando dai ritardi nei pagamenti degli aiuti alla complessa gestione dei Psr.

Si dirà che l’agricoltore ricorda il goldoniano Sior Todero brontolon. Può darsi. Talvolta la lagnanza prende il sopravvento, ma lo stesso agricoltore ha dimostrato di continuare a crederci, di voler bene a quello che fa. E, nella stragrande maggioranza dei casi, di farlo bene.

Certo, per continuare servono, supporti, sicurezze e, soprattutto, azioni e idee.

Ed è proprio questo che Terra e Vita ha chiesto ai protagonisti del comparto - produttori e uomini delle Professionali - la loro vision.

Alleanza cooperative: «Valore ai prodotti e giusto prezzo»

Giorgio Mercuri
Giorgio Mercuri, Alleanza Coop

«Nessuno si salva da solo – dice il presidente di Alleanza cooperative agroalimentari Giorgio Mercuri – l’agricoltura è parte di un ecosistema economico destinato con molta sicurezza a mutare dopo l’emergenza Covid 19. Anche il comparto agroalimentare dovrà essere quindi pronto a raccogliere le nuove sfide. Forse questa pandemia ha fatto emergere alcune debolezze e criticità che già preesistevano nel comparto e che dovrebbero essere affrontate con coraggio e con sano pragmatismo per risolverle definitivamente. Tra queste – ragiona Mercuri – il mercato del lavoro, la burocrazia, l’arretratezza tecnologica. Il nostro auspicio è che la gestione delle risorse pubbliche nazionali ed europee sia sempre più improntata alla massima flessibilità e al conseguente alleggerimento del carico burocratico, tanto nella fase di ammissibilità al beneficio quanto in quella di erogazione, sfruttando le potenzialità offerte dai processi di digitalizzazione delle procedure amministrative nonché il patrimonio informativo detenuto dalle banche dati pubbliche».

Occorrerà poi affrontare in maniera sistematica tutto il meccanismo del mercato del lavoro, che in questa fase di emergenza ha mostrato ancora una volta tutta la sua fragilità.

Un’attenzione particolare rivolgiamo al grande tema dei mercati internazionali: riteniamo necessario sostenere con incentivazioni economiche mirate il riposizionamento delle imprese nel mercato interno ed internazionale.

Il nostro Paese produce eccellenze ma troppo spesso la qualità dei nostri prodotti non riscuote il riconoscimento dovuto in termini di prezzo sul mercato.

Occorre innovare le forme di comunicazione della qualità, raccontare i nostri prodotti, dando evidenza di tutto il sistema valoriale che ne connota il processo di produzione.

Non va altresì trascurato il tema delle barriere di natura non tariffaria, in particolare di natura fitosanitaria.

È questo il momento di riprendere con forza il tema e organizzarsi a livello nazionale e comunitario per mettere in campo azioni che attenuino o rimuovano gli ostacoli nell’accesso ai mercati internazionali, soprattutto per quei Paesi che oggi possono beneficiare di Accordi internazionali di libero scambio.

Così come riteniamo indispensabile sfruttare questa contingenza per rimuovere, una volta per tutte, le restrizioni imposte per il mercato russo.

Coldiretti: «Robusta iniezione di liquidità alle imprese»

L’Europa deve difendere la propria sovranità alimentare garantendo un budget adeguato alla Politica agricola comunitaria (Pac) per dare competitività alle imprese agricole e non dipendere dall’estero per cibo e bevande che sono diventanti un elemento strategico nella competizione globale.

Ettore Prandini
Ettore Prandini, Coldiretti

«Nel vertice bilaterale con il Commissario europeo all’agricoltura Janusz Wojciechowski – sottolinea il presidente Coldiretti Ettore Prandini – ho rappresentato la necessità di assicurare alla Pac le opportune risorse oggi e in futuro per le misure di mercato e strumenti rapidi e flessibili per rispondere a crisi come quella del coronavirus.

Come Coldiretti abbiamo proposto al Governo un piano Marshall per l’agricoltura per tagliare la burocrazia e garantire una robusta iniezione di liquidità alle imprese.

Filiera lattiero-casearia, vitivinicola, suinicola e delle carni in genere, ortofrutticola e florovivaistica nonché la maggioranza delle attività connesse come l’agriturismo sono oggi i comparti dell’agricoltura in sofferenza a causa degli effetti della crisi economica innescata dall’emergenza sanitaria Covid 19.

Non c’è tempo da perdere perché proprio l’allarme globale ha fatto emergere una maggior consapevolezza generale sul valore strategico rappresentato dall’agricoltura.

Non si potrà più dunque sottovalutare il potenziale agricolo nazionale che è il primo in Europa per valore aggiunto e qualità.

Ci sono le condizioni per rispondere alle domanda dei consumatori e investire sull’agricoltura nazionale, combattendo le speculazioni e promuovendo rapporti di filiera virtuosi con accordi che valorizzino i primati del Made in Italy e garantiscano la sostenibilità della produzione in Italia con impegni pluriennali e il riconoscimento di un prezzo di acquisto “equo”, basato sugli effettivi costi sostenuti».

Confagricoltura: «Niente tagli e più innovazione tecnologica»

Massimiliano Giansanti
Massimiliano Giansanti, Confagri

«L’emergenza sanitaria ha messo sotto pressione anche l’agricoltura e la filiera agroalimentare italiana. Il sistema ha comunque retto, assolvendo per intero alla propria funzione: garantire i rifornimenti. Nonostante le difficoltà di una situazione eccezionale, la sicurezza alimentare non è stata mai in discussione. Ora dobbiamo guardare avanti, avendo presente che la crisi economica non sarà di breve durata». Così Massimiliano Giansanti, presidente Confagricoltura.

È indispensabile, prima di tutto, ristorare i danni subiti dagli imprenditori per garantire la continuità produttiva. Nessuna impresa dovrà cessare l’attività. Inoltre, dobbiamo farci trovare pronti per la ripresa con la messa a punto di un progetto condiviso Stato, Regioni, organizzazioni professionali e tutte le parti della filiera. Dobbiamo riguadagnare posizioni sul mercato interno e far ripartire il processo di crescita delle esportazioni.

L’Ue, dal canto suo, deve mettere a disposizione del settore un ammontare adeguato di risorse finanziarie. Se i beni alimentari sono essenziali – come dichiarato dalla Commissione durante l’emergenza sanitaria – sarebbe incoerente il taglio del bilancio agricolo per i prossimi anni. È, però, a livello nazionale che vanno risolte tre questioni fondamentali per settore e competitività delle imprese: semplificazione burocratica; rilancio degli investimenti pubblici per le infrastrutture; diffusione delle innovazioni tecnologiche, nell’ottica di una maggiore sostenibilità ambientale.

La pandemia ha tagliato, pesantemente, reddito nazionale e occupazione. Per il rilancio, l’Italia può contare su un sistema agroalimentare già solido e con margini di crescita.

Cia: «Strumenti semplici alla portata di tutte le imprese»

L’emergenza coronavirus ha avuto effetti devastanti sulla tenuta socio-economica del Paese e ha rimesso in discussione i modelli di crescita. Per ripartire serve una grande iniezione di risorse, fiducia e misure costruite sulle specificità di ogni settore. In quest’ottica si muove il Decreto Rilancio, documento economico complesso che vale quanto una doppia manovra di bilancio, con 55 miliardi messi in campo. Senza mettere al riparo famiglie, lavoratori e imprese non c’è ripresa.

Dino Scanavino
Dino Scanavino, Cia

«In particolare sull’agricoltura – rimarca Dino Scanavino, presidente Cia – il nostro giudizio dipenderà dalla capacità di essere veloci nell’applicazione dei provvedimenti a favore del settore, perché ora il tempo non è una variabile secondaria. Il comparto ha garantito l’approvvigionamento alimentare nazionale, senza mai fermarsi, e tuttavia ciò non è stato sufficiente ad arginare crisi e perdite reddituali. Per questo, la liquidità alle aziende resta fondamentale, tramite strumenti semplici e non farraginosi come la cambiale agraria, così come occorre intervenire sulle filiere più colpite: florovivaismo, zootecnia, vino, agriturismo.

Bisogna poi ripensare a un nuovo rapporto tra città e aree rurali, di cui sono riemerse le potenzialità durante il lockdown. Per questo Cia-Agricoltori Italiani ha deciso di rilanciare il progetto “Il Paese che Vogliamo”, per costruire un nuovo piano di sviluppo del territorio nazionale con l’agricoltura protagonista in sinergia con gli altri settori, e investimenti sulle aree interne in 2 direzioni: innovazione digitale (per campagne connesse e in rete) e sostenibilità ambientale (verde, tenuta idrogeologica e controllo della fauna selvatica).


«Basta fare i primi della classe o il settore muore»

«All’agricoltura italiana servono regole uguali a quelle dei suoi principali competitor, dobbiamo smettere di fare i primi della classe, quando non lo siamo. Questo non significa deregulation, ma buon senso. Mettiamoci in linea almeno con le norme degli altri. È l’unico modo per ridare competitività a un settore che è stato massacrato da regole e burocrazia».

Giuseppe Elias

Questo il pensiero di Giuseppe Elias, agricoltore e allevatore del lodigiano. «È anche un problema europeo - ammette Elias - l’Ue dovrebbe fare regole valide per tutti. Pensiamo che ancora oggi abbiamo regole legate all’epoca della mucca pazza che appesantiscono molto il lavoro degli allevatori - lamenta Elias - e poi abbiamo bisogno di mezzi tecnici per lavorare. In Italia saranno 20 anni che non si registra più un prodotto chimico perché costa troppo. Chi governa il nostro Paese decida se vogliamo avere ancora un’agricoltura industriale e produttiva, oppure no. Perché solo un’agricoltura di questo tipo può tenere i prezzi bassi».

«Bisogna ridare slancio a un settore che ormai sta morendo - ribadisce l’imprenditore agricolo lombardo - se non ci fossero i contributi Pac non ci sarebbe agricoltura in Italia. La Pac è nata come aiuto al reddito, adesso è diventata “il reddito”, questo non va bene, tra un po’ il sistema salta, anche perché è già abbastanza evidente che i contributi europei sono destinati ad assottigliarsi».

Per Elias è importante anche decidere su quali settori del primario puntare: «Parmigiano Reggiano, Grana Padano e Prosciutto di Parma generano il 90% del fatturato delle Dop, bisogna tenerne conto anche quando di pianifica la promozione dei prodotti italiani all’estero, per non disperdere risorse preziose». S.M.


Il giovane del luppolo guarda alle nbt

Difficoltà nel reperire manodopera stagionale per le operazioni di preparazione alla produzione; impossibilità nel chiudere contratti di fornitura con i birrifici causa estrema incertezza nelle vendite future della birra.

Queste le principali difficoltà che il giovane imprenditore agricolo Alessio Saccoccio, ideatore della startup laziale Idroluppolo impegnata nella coltivazione di luppolo idroponico in serra e fuori suolo, ha affrontato durante la fase di emergenza.

Alessio Saccoccio
Alessio Saccoccio

«Mi auspico che la fase due sia l’inizio di un nuovo rilancio per il settore agricolo, che tanto è stato determinante nella fase uno. Per quanto riguarda il mio comparto è urgente trovare una giusta procedura che permetta lo svolgimento in sicurezza, per esempio, di eventi estivi in cui promuovere la birra italiana, magari prevedendo agevolazioni per chi produce birra con luppolo Italiano e non estero.

Inoltre sarebbe necessario intervenire nella riapertura dei contratti di filiera. Alla filiera del luppolo serve un progetto nazionale ambizioso di investimenti per organizzare e completare la filiera di produzione, aumentare la redditività, garantire un prodotto Made in Italy di qualità, tracciabile, sostenibile e sicuro.

Su questa scia, altra sfida urgente è incrementare gli investimenti nelle Nbt e in progetti d’innovazione di prodotto. Ricerca genetica e sostenibilità: questi i due asset post Covid 19. Sarà sempre più importante finanziare nuovi processi produttivi su nuove colture a basso impatto ambientale ad elevata efficienza e produttività. Credo che sia utile puntare su drastica riduzione dei fitofarmaci promuovendo il residuo zero, più che il biologico. Per fare questo sarà importante che gli agricoltori possano investire sulla propria formazione».

Laura Saggio


«Meno burocrazia. E che la merce venga pagata a 30 giorni...»

Giuseppe Appio
Giuseppe Appio

«Meno burocrazia, ovviamente sempre nel rispetto delle regole, purché siano snelle. Poi tutto il resto, l’accesso più facile al credito bancario, il rispetto del pagamento a 30 giorni da parte di alcune catene della Gdo italiana, e altro ancora». Per Giuseppe Appio, presidente di una delle due cooperative, Terre del Sole, che costituiscono l’Op Primo Sole, e titolare di un’azienda di 230 ha, fra Ginosa (Taranto) e Montescaglioso (Matera), coltivata a finocchio, cavolfiore, cavolo broccolo, fragola, peperone e melone, è la burocrazia la palla al piede per la sua azienda e, più in generale, per l’agricoltura italiana e rischia di esserlo ancora ancora di più, in questa fase di ripresa, se continua a essere rigida e asfissiante.

«Durante la fase critica della pandemia, a marzo e aprile, non ho avuto problemi di sorta. Neanche di manodopera, perché l’Op ha dipendenti fissi, e non stagionali, sia per i campi sia per il magazzino. Invece subito dopo la riapertura avviata ai primi di maggio ho ricevuto un controllo dei carabinieri forestali, i quali non sapevano neanche cosa chiedermi, ma mi hanno fatto perdere una giornata intera. Accetto i controlli, ma siano seri, veloci e svolti da persone competenti.. Comprendo la necessità della burocrazia, ma sia impostata su poche regole efficienti. In questo periodo di ripresa, come peraltro sempre, noi agricoltori abbiamo bisogno di essere lasciati in pace a lavorare, di essere liberati da controlli inutili e carte superflue, perché il nostro è un lavoro serio e impegnativo, dal quale, come si è capito durante la pandemia, dipende la sopravvivenza della comunità. Perciò sono per il rispetto delle regole, per la sicurezza interna, la tutela della salute, l’assunzione della manodopera, ecc., ma di regole che ci aiutino a lavorare e non ci impediscano di farlo».

Giuseppe Francesco Sportelli


Articolo pubblicato su Terra e Vita n. 17
Abbonati e accedi all’edicola digitale
Idee per far ripartire l’agricoltura - Ultima modifica: 2020-06-04T02:34:41+02:00 da Gianni Gnudi

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento
Per favore inserisci il tuo nome