Siluro della Corte dei Conti europea sulla politica agricola comunitaria. In una relazione specifica i 'togati' di Lussemburgo evidenziano che i finanziamenti agricoli dell’Unione europea per l’azione per il clima non hanno contribuito a ridurre le emissioni di gas a effetto serra prodotte dall’agricoltura.
«L’Ue svolge un ruolo fondamentale nella mitigazione dei cambiamenti climatici nel settore agricolo, dal momento che elabora normative in materia di ambiente e cofinanzia la maggior parte della spesa agricola degli Stati membri», ha dichiarato Viorel Ștefan, membro della Corte responsabile della relazione.
Neutralità climatica ancora lontana
«Le nostre constatazioni - continua Ștefan - dovrebbero essere utili per raggiungere l’obiettivo Ue della neutralità climatica entro il 2050. La nuova politica agricola comune deve concentrarsi di più sulla riduzione delle emissioni prodotte dall’agricoltura, deve essere più trasparente e rendere meglio conto del contributo fornito alla mitigazione dei cambiamenti climatici».
Zootecnia, fertilizzanti e uso del suolo
La Corte ha esaminato se le pratiche per la mitigazione dei cambiamenti climatici sostenute dalla Pac nel periodo 2014-2020 abbiano le potenzialità di ridurre le emissioni di gas a effetto serra prodotte da tre fonti fondamentali: zootecnia, fertilizzanti chimici e letame e uso dei terreni (terre coltivate e pascoli).
Ha analizzato inoltre se, nel periodo 2014-2020, la stessa Pac abbia incentivato l’adozione di efficaci pratiche di mitigazione in maggior misura rispetto al periodo precedente (2007-2013).
Le emissioni non diminuiscono
Le emissioni prodotte dall’allevamento del bestiame rappresentano circa metà delle emissioni in agricoltura ed è dal 2010 che non diminuiscono. Tali emissioni sono direttamente collegate alle dimensioni delle mandrie, e i bovini ne causano i due terzi. La quota di emissioni riconducibile alla zootecnia aumenta ulteriormente se si tiene conto delle emissioni connesse alla produzione di mangimi animali (comprese le importazioni).
La Pac non cerca però di limitare il numero di capi di bestiame, né fornisce incentivi per una loro riduzione. Le misure di mercato della Pac includono la promozione dei prodotti di origine animale, il cui consumo non diminuisce dal 2014: contribuiscono così a mantenere le emissioni di gas a effetto serra invece che a ridurle.
Bio e legumi non hanno inciso
Le emissioni dovute ai fertilizzanti chimici e al letame, che rappresentano quasi un terzo delle emissioni prodotte dall’agricoltura, sono aumentate tra il 2010 e il 2018. La Pac ha sostenuto pratiche che potrebbero ridurre l’uso di fertilizzanti, come l’agricoltura biologica e la coltivazione di legumi da granella.
Tali pratiche, secondo la Corte dei Conti europea, non hanno tuttavia un effetto certo sulle emissioni di gas a effetto serra. Pratiche di provata efficacia, come i metodi dell’agricoltura di precisione che regolano l’applicazione di fertilizzanti in base alle necessità delle colture, ricevono invece meno finanziamenti.
La Pac finanzia pratiche non rispettose dell’ambiente, sovvenzionando, ad esempio, gli agricoltori che coltivano le torbiere drenate, che rappresentano meno del 2% delle superfici agricole dell’Ue ma rilasciano il 20% delle emissioni di gas a effetto serra dell’Ue prodotte dall’agricoltura.
Poche misure per il sequestro del carbonio
I fondi per lo sviluppo rurale avrebbero potuto essere utilizzati per il ripristino di queste torbiere, ma ciò è avvenuto di rado. Il sostegno a misure della Pac per il sequestro del carbonio, quali l’imboschimento, i sistemi agroforestali e la conversione di seminativi in prato, non è aumentato rispetto al periodo 2007-2013. La normativa dell’Ue attualmente non applica il principio “chi inquina paga” alle emissioni di gas a effetto serra del settore agricolo.
Anche la condizionalità langue
Infine, la Corte dei Conti europea ha rilevato che le norme di condizionalità e le misure di sviluppo rurale sono cambiate poco rispetto al periodo precedente, nonostante le maggiori ambizioni dell’UE in materia di clima. Il regime di inverdimento avrebbe dovuto rafforzare la performance ambientale della Pac: invece, non ha incentivato gli agricoltori ad adottare misure efficaci rispettose dell’ambiente, e l’impatto prodotto sul clima è stato marginale.
Il quadro di riferimento
La Corte definisce anche lo scenario in cui si opera.
La produzione alimentare è responsabile del 26% delle emissioni mondiali di gas a effetto serra e l’agricoltura, soprattutto il settore zootecnico, è responsabile della maggior parte di tali emissioni.
Attualmente a livello Ue si sta negoziando la Politica agricola comune per il periodo 2021-2027 (che partirà nel 2023, ndr), che disporrà di una dotazione di circa 387 miliardi di euro. Quando verrà raggiunto un accordo sulle nuove regole, gli Stati membri le attueranno attraverso i “piani strategici della Pac” elaborati a livello nazionale e soggetti al monitoraggio della Commissione europea.
In base alle norme attuali, ogni Stato membro decide se il proprio settore agricolo debba contribuire alla riduzione delle emissioni prodotte dall’agricoltura.
La relazione speciale 16/2021 (qui la versione inglese) intitolata “Politica agricola comune e clima – La Pac finanzia metà delle spese dell’UE per il clima, ma le emissioni prodotte dall’agricoltura non diminuiscono ” è disponibile anche sul sito Internet della Corte (eca.europa.eu).