Secondo quanto emerge dall’indagine annuale sul mercato fondiario condotta dal Centro di Politiche e Bioeconomia del Crea, il prezzo medio della terra nel 2020 si è mantenuto pressoché stabile (-0,1%) intorno ai 20.700 euro per ettaro. Alcune regioni del Nord-Est hanno mostrato valori in flessione (-0,8%), per via del probabile riequilibrio delle quotazioni che si sta verificando da qualche anno, mentre le altre circoscrizioni non presentano grandi variazioni o comunque non di segno negativo (tab. 1). Considerando invece i valori fondiari al netto dell’inflazione, per la prima volta, dopo quasi tre lustri, si arresta il processo di erosione del capitale fondiario nazionale che, seppur lievemente, aumenta (+0,1%) (fig. 1), in conseguenza alla deflazione che si è verificata nel corso del 2020 (-0,2%).
Durante l’anno il mercato fondiario è stato caratterizzato anche da un calo consistente del numero di compravendite, secondo il Consiglio Nazionale del Notariato, il numero di atti riguardanti terreni agricoli è infatti diminuito di oltre otto punti percentuali così come i mutui immobiliari, parimenti al mercato urbano. Questo fenomeno può essere spiegato, oltre che dalla bassa redditività in agricoltura e dalla crisi di liquidità che spesso scoraggiano gli investimenti, al generale rallentamento dell’economia e dei consumi dovuto allo scoppio della pandemia. A supportare questa ipotesi concorrono le statistiche semestrali del Notariato sul numero di compravendite di terreni, da cui si evince una netta contrazione nel primo semestre 2020 (-29%), mentre nel secondo semestre il dato presenta un incremento del 12%.
Le restrizioni sugli spostamenti della primavera 2020 necessarie per contenere i contagi da coronavirus hanno infatti frenato le attività del mercato non consentendo di procedere alle contrattazioni fino alla seconda metà dell’anno, con la ripresa delle attività. Più in generale gli effetti della pandemia sul mercato fondiario sono stati abbastanza limitati, o comunque non sono ancora del tutto maturati. A parte il freno nelle compravendite, e danni economici ad alcuni comparti più colpiti (es. floricoltura, viticoltura, agriturismo), non sono state segnalate influenze dirette sulle quotazioni dei terreni. Tuttavia, è aumentato il clima di incertezza sull’evoluzione della situazione economica generale, il che ha contribuito a disincentivare gli investimenti in capitale fondiario inducendo gli operatori agricoli a rivolgersi allo strumento dell’affitto.
La spinta dei giovani
Tra i principali promotori dal lato della domanda si trovano i giovani imprenditori pronti a iniziare l’attività agricola, spesso beneficiari delle misure dedicate al primo insediamento dei Psr, oltre agli operatori extra agricoli che trovano nella terra un utile forma di differenziamento degli investimenti di capitale. La terra, infatti, funge come una vera e propria forma protettiva dei patrimoni. A tal fine è stata segnalata una ripresa degli investimenti da parte di soggetti che oltre a paventare un possibile rialzo dell’inflazione, grazie al livello relativamente basso dei tassi di interesse bancari degli ultimi anni, hanno trovato nel capitale fondiario una maggiore attrattività rispetto a investimenti alternativi, considerati più volatili o semplicemente meno remunerativi rispetto al passato (come nel caso dell’edilizia).
Alcuni testimoni segnalano anche la presenza di gruppi di investitori organizzati in società agricole di capitali o di persone, che pongono come amministratore un soggetto qualificato come imprenditore agricolo professionale, al fine di accedere a varie opportunità che offre il settore in termini di finanziamenti. L’offerta è sostenuta prevalentemente da imprenditori non in grado di continuare la gestione per anzianità e con un mancato ricambio generazionale, o da comunioni ereditarie in cui nessuno è interessato alla gestione aziendale. Inoltre, non sono rari anche casi in cui gli imprenditori decidono di vendere parte del proprio patrimonio fondiario per rifinanziare altri investimenti aziendali.
Patrimonio concentrato al Nord
Il mercato fondiario nel 2020 si è caratterizzato principalmente per la stabilità che ha riguardato tutto il territorio nazionale con una generale contrazione delle compravendite. Si conferma la tradizionale configurazione dipolare dal lato dei valori fondiari con un patrimonio fondiario concentrato per oltre il 60% nelle regioni settentrionali dove però la superficie agricola è inferiore al 40% della Sau complessiva (fig. 2).
In questa circoscrizione, nonostante il calo dei volumi di scambio, gli investimenti fondiari sono rimasti abbastanza vitali anche da parte di investitori non appartenenti al settore agricolo che vogliono differenziare il proprio portafoglio. Nelle regioni di Nord Ovest il livello dei prezzi si mantiene intorno ai 28.500 €/ha con un lieve incremento registrato nell’ultimo anno (+0,4%), nonostante la flessione di oltre un punto percentuale che ha interessato la Liguria (-1,2%) a causa delle difficoltà congiunturali legate alla pandemia nei confronti di alcuni settori strategici come la floricoltura.
Nel Nord Est si registrano le quotazioni più elevate con circa 42.000 €/ha, anche se i valori sono leggermente diminuiti rispetto al 2019, soprattutto in Friuli-Venezia Giulia (-3,8%) e in Veneto (-0,9%). Nel Centro Italia il valore medio della terra si aggira intorno ai 15.000 €/ha, rimanendo sostanzialmente invariato, mentre nel Mezzogiorno i valori medi si attestano intorno ai 12.000 €/ha e più precisamente di 13.300 €/ha nella parte peninsulare e di quasi 9.000 €/ha nelle Isole con un lieve incremento nell’ultimo anno, rispettivamente del +0,3% e +0,6%.
Prospettive per il futuro
Nel prossimo futuro si avrà un quadro più chiaro degli effetti dell’emergenza sanitaria in corso, anche se si ritiene che l’impatto non sarà particolarmente rilevante sul mercato fondiario. La maggior parte degli operatori mostra un cauto ottimismo, attendendo segnali di ripresa del mercato anche per via degli andamenti nel primo trimestre 2021 che hanno visto un timido rialzo dei prezzi dei principali prodotti agricoli. Inoltre, misure come quelle del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, lasciano intravedere possibili ricadute positive in futuro, anche sul mercato fondiario. Tuttavia, rimane una diffusa percezione di incertezza che potrebbe incentivare la domanda di terreni da parte di operatori extragricoli come bene rifugio.
Anche la discussione sul prossimo assetto delle politiche agricole contribuisce a preoccupare gli operatori, soprattutto in relazione all’eventuale cambio di regime dei pagamenti diretti e i relativi titoli Pac, con la conseguente riduzione degli aiuti al reddito, che potrebbe ripercuotersi sui valori fondiari.
Nord: Liguria e Friuli in netto calo
Valle d’Aosta
Il mercato della Valle d’Aosta mostra un’attenuazione dell’attività rispetto all’anno precedente che secondo i testimoni può essere legata al fatto che diverse misure del Psr non sono state riattivate.
Piemonte
In Piemonte, il mercato è stato particolarmente vitale nelle zone legate a produzioni di alto pregio ma il panorama generale rimane comunque relativamente statico. Tale andamento è dovuto in parte alla volatilità e poca remunerabilità dei prodotti agricoli che in alcuni casi implicano anche una scarsa liquidità da parte delle aziende agricole e in parte al clima di incertezza che limita la propensione all’investimento.
Lombardia
In Lombardia il comparto agroenergetico (soprattutto del biometano) ha reso particolarmente dinamico il mercato fondiario nelle aree di pianura, specie in prossimità degli impianti, sebbene l’investimento fondiario sia rimasto molto attivo in tutta la regione. Questo sia da parte degli operatori agricoli interessati a massimizzare la redditività agricola, sia da parte di soggetti economici fuori dal settore.
Liguria
In Liguria gli effetti della pandemia hanno inciso in diversi comparti strategici per l’economia agricola regionale come nel caso della floricoltura, degli agriturismi e di quello vitivinicolo. Questa situazione ha determinato una ulteriore contrazione del volume degli scambi sul mercato fondiario con una generale prevalenza dell’offerta sulla domanda, fatte salve alcune categorie di terreni in zona costiera e alcune tipologie di acquirenti.
Trentino-Alto Adige
Situazione stabile in Trentino-Alto Adige con volume degli scambi in flessione, probabilmente a causa del fisiologico rallentamento delle trattative per la chiusura delle contrattazioni durante il periodo delle restrizioni dovute alla pandemia.
Veneto
Anche in Veneto le quotazioni fondiarie si mantengono stazionarie nonostante alcune flessioni dei prezzi nel caso dei seminativi. Ciò per via della bassa redditività, più incisiva sui territori caratterizzati da una maglia poderale alquanto frammentata. Permane la propensione verso l’investimento in agricoltura come bene rifugio da parte di soggetti extragricoli mentre si è ridotta la richiesta di terreni per colture da biomassa.
Friuli-Venezia Giulia
In Friuli-Venezia Giulia, la situazione mancanza di liquidità degli imprenditori, insieme all’incertezza degli effetti della pandemia e al calo di interesse nei confronti del comparto vitivinicolo, hanno inciso sull’andamento del mercato fondiario determinando una flessione delle contrattazioni e il calo della richiesta di credito.
Emilia-Romagna
Situazione stabile in Emilia-Romagna sul lato delle quotazioni che si mantengono su un livello mediamente elevato, mentre la mobilità fondiaria rimane abbastanza limitata.
Centro: domanda solo per vigneti di pregio
Toscana
In Toscana l’offerta, seppur molto contenuta, tende a prevalere sulla domanda, tranne nel caso dei vigneti di alto pregio. Praticamente immobile la domanda per i seminativi per via dell’instabilità dei prezzi dei cereali e all’abbassamento dei prezzi dei prodotti agricoli, e analogamente per gli oliveti di impianto tradizionale, ormai troppo poco remunerativi per essere appetiti sul mercato.
Umbria
Anche in Umbria la situazione rimane statica e gli operatori agricoli sono scoraggiati ad investire a causa di una serie di circostanze aggravate dalla pandemia, soprattutto nelle zone post terremoto 2016, mentre le quotazioni presentano valori medi ad ettaro in leggera diminuzione.
Marche
Il mercato delle Marche prosegue la fase stagnante degli ultimi anni, con valori fondiari sostanzialmente stabili o in leggera flessione nel caso di terreni meno vocati. L’offerta, ove presente, è caratterizzata prevalentemente da agricoltori non più in grado di portare avanti la gestione aziendale perché anziani o perché indotti a vendere in seguito a divisioni ereditarie.
Lazio
Nel Lazio anche nel 2020 il protrarsi della situazione congiunturale insieme agli effetti della pandemia, ha limitato gli investimenti. Le poche transazioni concluse, infatti spesso sono iniziate molti anni prima, o a seguito di aste giudiziarie o a conclusione di contenzioso, con adeguamento finale del prezzo di compravendita.
Abruzzo
In Abruzzo il perdurare della crisi del settore agricolo ha accentuato l’immobilismo delle transazioni. Si conferma la netta differenza tra i valori medi delle zone interne e quelli in prossimità della costa, sebbene si registra una lieve ripresa in alcune regioni agrarie per i valori degli oliveti grazie all’aumento di domanda da parte di investitori extra agricoli che con tutta probabilità vogliono indirizzare i capitali verso beni rifugio.
Sud, segnali di vitalità dalla Puglia
Molise
Il mercato fondiario del Molise ha confermato la maggior parte delle tendenze, già note e riscontrate negli ultimi anni, come la situazione stagnante dovuta alla ridotta disponibilità finanziaria da parte delle imprese con l’annessa difficoltà di accesso al credito oltreché per i risicati margini di guadagno dell’attività agricola.
Campania
In Campania il mercato fondiario è stato caratterizzato da una scarsa attività, compresi per quei comparti storicamente interessati da una certa dinamicità. Questo per via della scarsa disponibilità economica degli imprenditori agricoli e le difficoltà di accesso al credito, che insieme alla pandemia hanno alimentato un clima di sfiducia da parte degli investitori.
Puglia
In Puglia le quotazioni dei valori medi fondiari registrano in lieve rialzo e il volume degli scambi, e malgrado la pandemia non ha subìto contrazioni significative. L’offerta prevale nelle aree regionali caratterizzate da una forte frammentazione fondiaria con operatori non professionali, mentre la domanda è nutrita oltre che da imprenditori, anche da parte di operatori extra agricoli che vogliono diversificare i loro investimenti.
Basilicata
Nel mercato lucano non si registrano variazioni dei prezzi medi sebbene l’attività si sia attenuata. L’offerta tende a prevalere sulla domanda e riguarda principalmente terreni derivanti da imprenditori che hanno cessato l’attività per raggiunti limiti di età o per il perdurare delle difficoltà economiche.
Calabria
Nemmeno i prezzi dei terreni in Calabria hanno subìto variazioni, il mercato rimane attivo soprattutto in pianura per seminativi irrigui, agrumeti e oliveti, oltre ai vigneti a denominazione, mentre risulta poco vitale nelle altre aree a causa delle varie difficoltà congiunturali.
Sicilia
L’incertezza determinata dalla riforma in atto delle politiche comunitarie insieme ai ritardi dei pagamenti dei premi del Psr hanno influito sull’andamento del mercato fondiario della Sicilia, già condizionato dalla diminuzione del reddito delle aziende agricole e dalla conseguente minore disponibilità di risorse finanziarie da destinare all’investimento fondiario.
Sardegna
In Sardegna analogamente agli ultimi anni, la situazione del mercato fondiario non presenta particolari cambiamenti e anche in questo caso le ragioni all’origine di questa staticità vanno ricercate nella prolungata crisi che ha interessato il settore agricolo isolano.
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