Si riapre la speranza di avere una diversa legislazione europea sulle New breeding technologies (Nbt) assimilate agli ogm da una recente sentenza della Corte di Giustizia e di fatto tarpate nel loro percorso di sviluppo.
Succede al Forum internazionale dell'alimentazione Coldiretti di Cernobbio con l'intervento del Commissario alla Salute Vytenis Andriukatis e ripreso dal primo vicepresidente della Commissione agricoltura del Parlamento europeo, Paolo De Castro.
«Concordo totalmente con il Commissario europeo alla salute e alla sicurezza alimentare Vytenis Andriukaitis quando parlando dell'innovazione e delle biotecnologie non Ogm, ha affermato che in Europa dopo la sentenza della Corte di Giustizia europea dobbiamo aprire una discussione, per avere un quadro normativo rinnovato a questo proposito perché ha
a che vedere con l'introduzione di innovazione, di avere raccolti che sostengano le nostre capacità alimentari. Per garantire il futuro sostenibile dell’agricoltura».
«Il commissario ha detto anche - precisa De Castro - che dobbiamo sostenerci, lavorare insieme per difendere e promuovere gli alti standard europei a livello globali, ed è solo così che potremo passare dal passato al presente in modo sostenibile per arrivare ad un futuro ancora più sostenibile».
L'appoggio del Parlamento europeo
«Voglio assicurare Andriukaitis - continua De Castro - che il Parlamento europeo sarà sempre a fianco di tutte le iniziative in questo senso che l'Esecutivo Ue vorrà intraprendere e che noi auspichiamo giungano al più presto. Non possiamo rimanere con la sentenza della Corte Ue del 25 luglio che rischia di equiparare - dal punto di vista normativo - le piante ottenute dall'incrocio della stessa specie (la mutagenesi) agli Ogm che posseggono un patrimonio genetico inesistente in natura e che l'85% degli italiani non vogliono».
«Abbiamo bisogno delle nuove tecniche di miglioramento varietale non Ogm - sostiene De Castro - perché sono la chiave per garantire un futuro alle piccole e
grandi aziende agricole italiane ed europee, ma anche per poter rispondere alla
domanda crescente di cibo nel mondo, per reagire ai cambiamenti climatici, alle
sfide agricole e alimentari. E non ultimo, per non dipendere più dalle grandi
multinazionali, rafforzando la collaborazione tra Università e piccoli centri di ricerca.
In Italia possiamo contare su vere e proprie eccellenze».