Si fanno concrete le minacce di Trump di alzare i dazi di moltissimi prodotti di provenienza dall’Ue. Il Dipartimento del Commercio statunitense ha fissato per il 6 maggio la scadenza, per le parti interessate, a partecipare alla consultazione pubblica che dovrà valutare se fare scattare tali misure contro il libero commercio internazionale.
Una minaccia che rischia di compromettere gravemente il settore agroalimentare europeo e italiano in particolare, i cui prodotti sono largamente esportati negli Usa.
L’allarme è stato lanciato da Coldiretti e da Filiera Italia che hanno fatto rilevare come la black list dei prodotti europei da colpire con dazi, ha un importo complessivo di 11 miliardi di dollari e comprende anche importanti prodotti agricoli e alimentari di interesse nazionale come i vini tra i quali il Prosecco ed il Marsala, formaggi, ma anche l’olio di oliva, gli agrumi, l’uva, le marmellate, i succhi di frutta, l’acqua e i superalcolici tra gli alimentari e le bevande colpite.
Nel mirino di Donald
Nel mirino del presidente degli Stati Uniti in particolare – stimano Coldiretti e Filiera Italia – è finita circa la metà (50%) degli alimentari e delle bevande Made in Italy esportate in Usa dove nel 2018 si è registrato il record per un valore di 4,2 miliardi (+2%).
La scure, secondo lo studio di Filiera Italia e Coldiretti, si abbatte sul principale mercato di sbocco dei prodotti agroalimentari Made in Italy fuori dai confini comunitari e sul terzo a livello generale dopo Germania e Francia. Se con un valore delle esportazioni di 1,5 miliardi di euro nel 2018 il vino è il prodotto Made in Italy più colpito, in pericolo ci sono anche altri prodotti simbolo dell’agroalimentare nazionale a partire dall’olio di oliva con le esportazioni che nel 2018 sono state pari a 436 milioni ma ad essere minacciati sono anche i formaggi italiani che valgono 273 milioni.
È il caso del Pecorino Romano con gli Usa che rappresentano circa i 2/3 del totale export mentre per Grana padano e Parmigiano Reggiano gli Usa sono il secondo paese per importanza, dopo la Germania.
Scordamaglia: l’Italia sia protagonista del negoziato
«Ci sono le condizioni - afferma Ettore Prandini, presidente Coldiretti - per evitare uno scontro dagli scenari inediti e preoccupanti che rischia di determinare un pericoloso effetto valanga sull’economia e sulle relazioni tra Paesi alleati».
E Luigi Scordamaglia, Consigliere delegato di Filiera Italia aggiunge: «Il nostro Paese in questi negoziati deve giocare un ruolo da protagonista, anche perchè ulteriori barriere daziarie e non alle nostre esportazioni concorrerebbero solo ad aumentare il fenomeno dell’Italian sounding sul mercato statunitense, che già oggi ne detiene il primato negativo con oltre 23 miliardi di dollari di falso Made in Italy venduto».
«Se gli Stati Uniti introducono dazi, visto che non siamo dei fessi, l'Italia andrà a cercare altri mercati - ha detto il ministro dell'Agricoltura Gian Marco Centinaio, a margine dell'inaugurazione di Tuttofood a Fiera Milano - gli spazi di manovra sono importanti perché negli Stati Uniti e nel presidente Trump l'Italia ha un ottimo interlocutore. Ci rendiamo conto però che i dazi se vengono introdotti danneggiano il nostro agrifood - ha affermato Centinaio - le esportazioni del comparto valgono 42 miliardi di euro».
Confagricoltura, evitare guerre commerciali
«L’inasprimento delle tensioni commerciali tra Stati Uniti e Cina avrebbe effetti particolarmente negativi sull’andamento degli scambi e sulle prospettive dell’economia a livello mondiale. Sono a rischio anche le esportazioni di prodotti agroalimentari». Il presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti, ha così commentato l’annuncio del presidente Trump sull’aumento, che dovrebbe scattare venerdì prossimo, dei dazi sulle importazioni dalla Cina per un valore di 200 miliardi di dollari.
«Le tensioni in atto da quasi un anno - ha proseguito Giansanti - hanno già alterato i consolidati flussi commerciali. Le esportazioni agroalimentari Usa verso la Cina sono diminuite di circa 10 miliardi di dollari alla fine dello scorso anno. La soia americana, non più competitiva sul mercato cinese per effetto dei dazi, è stata indirizzata verso l’Unione europea. Nel giro di pochi mesi, gli Stati Uniti hanno preso il posto del Brasile quale primo fornitore di semi di soia dell’Unione. Oltre il 70% delle importazioni totali arriva ora dagli Usa. Ci auguriamo che l’annuncio del presidente Trump sia solo una battuta d’arresto – ha aggiunto Giansanti - nel contesto di un difficile negoziato, sull’esito del quale fino a qualche giorno fa prevaleva l’ottimismo anche alla Casa Bianca».