L’attuazione dei Psr in Italia procede a rilento. Al 30 novembre 2020, i pagamenti hanno raggiunto appena il 54,7% dello stanziamento 2014-2020 (tab. 1).
Questa situazione non è uniforme per tutta l’Italia, ma evidenzia notevolissime differenze tra i vari Psr regionali.
Molte Regioni sono virtuose con oltre il 60% degli stanziamenti già pagati, mentre altre Regioni potrebbero rischiare il “disimpegno automatico” degli stanziamenti dei Psr sulla base dei dati al 30 novembre 2020 (fig. 1).
In particolare Puglia, Liguria, Abruzzo, Sicilia e Basilicata appaiono in ritardo, anche se Sicilia e Basilicata (leggi qui) hanno appena annunciato il raggiungimento degli obiettivi 2020.
Psr, la regola del “N+3”
Il disimpegno automatico scatta al 31 dicembre di ogni anno: le somme stanziate per i Psr devono essere spese entro il 31 dicembre del terzo anno successivo all'anno dell'impegno di bilancio, altrimenti le risorse tornano a Bruxelles.
Infatti, la Commissione europea procede al disimpegno delle risorse stanziate nell’anno N+3 (cosidetta regola “N+3”), ai sensi dell’art. 38 del Reg. 1306/2013.
Il 2018 è stato il primo anno in cui è scattato il disimpegno automatico; gli stanziamenti del 2015 dovevano essere erogati entro il 31 dicembre 2018. Tutte le Regioni italiane hanno superato indenni il disimpegno automatico al 31 dicembre 2018, seppure alcune Regioni ci sono riuscite in “zona Cesarini”.
Il 2019 è stato il secondo anno in cui è scattato il disimpegno automatico; gli stanziamenti del 2016 dovevano essere erogati entro il 31 dicembre 2019. La Regione Puglia non ha superato il vincolo del disimpegno per ben 86 milioni di quota Feasr, corrispondenti a 142 milioni di euro di risorse pubbliche. Tuttavia, la Regione Puglia ha invocato una “deroga all’impegno di spesa” (art. 38, par. 3, Reg. 1306/2013), a causa del notevole contenzioso dei bandi nei tribunali amministrativi, che ha evitato la perdita di risorse.
Il 2020 è il terzo anno in cui scatta il disimpegno automatico; al 30 novembre 2020, il dato più aggiornato fornito dalla Rete Rurale Nazionale, 17 Psr su 23 Psr italiani hanno raggiunto la spesa per evitare il disimpegno al 31.12.2020 (tab. 1).
La lentezza nell’attuazione e nella spesa
L’attuazione e i pagamenti della politica di sviluppo rurale in Italia procedono a velocità variabile, con differenze notevolissime tra le varie Regioni.
Dopo cinque anni dall’avvio dei Psr, la spesa pubblica effettivamente cumulata di tutti i Psr dal 1/01/2015 al 30/11/2020 è stata di 11,443 miliardi di euro, a fronte di uno stanziamento complessivo settennale di 20,912 miliardi di euro (tab. 1).
Al 30 novembre 2020, la spesa ha raggiunto solamente il 54,7% dello stanziamento 2014-2020.
Durante il mese di dicembre 2020, la spesa pubblica ha registrato una forte accelerazione, anche per le sollecitazioni politiche e sindacali volte ad assicurare la massima liquidità alle imprese agricole colpite dall’emergenza Covid-19. Tuttavia la lentezza della spesa è ben evidente, se si considera che il 2020 è l’ultimo anno della programmazione 2014-2020.
Le Regioni virtuose
L’avanzamento della spesa evidenzia che tre Regioni hanno superato il 65% della spesa programmata: la provincia autonoma di Bolzano (78%), il Veneto (67%) e l’Emilia Romagna (65%).
Altre Regioni hanno superato il 60% della spesa: Valle d’Aosta, Molise, Sardegna, Calabria e la provincia autonoma di Trento (fig. 1).
Rischio di disimpegno per il 2020
Tra il 1° e il 31 dicembre 2020, i Psr italiani dovevano spendere 211 milioni di euro per evitare di rimandare i soldi a Bruxelles.
Le Regioni che evidenziano il rischio del “disimpegno automatico” sono Puglia, Liguria e Abruzzo.
Fino al 31 dicembre 2020, le Regioni e Agea hanno avviato una lotta contro il tempo per evitare la perdita di risorse; molte Regioni hanno raggiunto l’obiettivo nel corso del mese di dicembre 2020. Comunque, è probabile che l’epidemia di Covid-19 convinca la Commissione europea a derogare l’applicazione del disimpegno automatico, a causa delle difficoltà emergenziali di questo anno.
La lentezza della spesa, tuttavia, genera problemi, non solo dal punto di vista amministrativo, ma ancora più gravi per gli agricoltori che perdono un sostegno importante per la competitività e la sostenibilità delle imprese.