Lo scontro sulla ripartizione dei fondi europei dello sviluppo rurale, che vede impegnati in queste settimane Regioni e Mipaaf, non accenna a placarsi. E a gettare benzina sul fuoco c’è ora anche una nota del Mef in cui si sottolinea che il cambio dei criteri di ripartizione dei fondi Feasr è possibile, ma solo rispettando l’invarianza della spesa a carico dello Stato. Cosa di fatto non attuabile, visto che per la ripartizione del fondo in questione ci si deve rifare sempre alla delibera Cipe n.10 del 2015 dove vengono indicate quote di cofinanziamento diverse da Regione a Regione. Da ciò consegue il fatto che anche un piccolo spostamento di somme da una Regione all’altra farebbe sballare i conti.
Conti in ordine o non se ne fa nulla
La nota del Ministero dell’Economia e Finanze, naturalmente, non è piaciuta alle Regioni del Centro-Nord che vorrebbero avere subito il via libera ai nuovi criteri di attribuzione delle somme. L’ultima proposta presentata in Conferenza Stato-Regioni (90% criteri storici e 10% criteri “oggettivi” per il 2021 e 70% criteri storici e 30% criteri “oggettivi” nel 2022) avrebbe generato un buco di 44 milioni di euro. Ben maggiore (circa 110 milioni) sarebbe stato il disavanzo nei conti pubblici qualora fosse passata la prima proposta partorita dall’Ufficio di gabinetto del ministro Patuanelli, quella cioè che prevedeva di spartire il fondo nel 2021 per il 70% sulla base dei criteri storici e il 30% sulla base dei criteri oggettivi e nel 2022 stessi criteri ma con proporzioni invertite.
Fumata nera in Conferenza Stato-Regioni
Insomma, tra veti e bocciature e conti che non tornano, il risultato è che anche nella riunione del 28 aprile della Conferenza delle Regioni non è stato possibile trovare la tanto agognata intesa sulla ripartizione del Fondo europeo per lo sviluppo rurale. In ballo, com’è noto, ci sono quasi quattro miliardi di euro - per l’esattezza 3.915 milioni - che devono essere assegnati alle Regioni per consentire loro di dare seguito a quanto previsto nei loro piani di sviluppo rurale per gli anni della cosiddetta transizione, cioè il 2021 e il 2022.
Che l’intesa oggi sarebbe stata negata dal blocco delle sei Regioni (Basilicata, Calabria, Campania, Puglia, Sicilia e Umbria), le quali da sempre sostengono l’adozione dei criteri storici, c’era da aspettarselo. Del resto anche la proposta del ministero presentata era in sostanza la stessa della volta precedente. Un no scontato, dunque.
Le 13 regioni del Centro-Nord Italia più le province autonome di Trento e Bolzano hanno da sempre sostenuto che, sulla base dell’accordo raggiunto nel 2015, le regole avrebbero dovuto essere rinegoziate a partire dal 2021 (anno di inizio della nuova programmazione Pac) e si sarebbero dovuti adottare nuovi criteri “oggettivi” per la ripartizione dei fondi Feasr. Criteri che secondo la loro proposta dovrebbero basarsi con diversa ponderazione su cinque parametri: Plv, Sau, numero delle aziende agricole, superficie forestale e popolazione nelle aree rurali C e D.
Patuanelli in cerca di un compromesso
L’emergenza Covid ha però sparigliato le carte. Le decisioni adottate in sede europea circa il prolungamento dell’attuale programmazione fino al 2022 di fatto - secondo il blocco delle regioni del Sud - non permettono di cambiare le regole adottate finora. Questa posizione è stata anche confermata dal Commissario europeo all’Agricoltura, Janusz Wojciechowski, il quale in una nota in risposta al quesito posto dal Mipaaf ha affermato che “le disposizioni del regolamento 1305/2013 relative alla ripartizione della dotazione nazionale del Feasr tra i programmi regionali non sono modificati dal regolamento 2020/2022 e si applicano anche durante il periodo di transizione”.
Adesso, con l’ennesimo no del blocco del Sud, la Conferenza Stato-Regioni è messa a tutti gli effetti fuori gioco. Al ministro delle Politiche Agricole, Stefano Patuanelli, resta solo una cosa da fare: elaborare entro 30 giorni una proposta da sottoporre al Consiglio dei ministri. Nel frattempo però, ha assicurato Patuanelli, continuerà a cercare un’intesa.