Lo scorso giugno la Commissione europea ha presentato un regolamento per il ripristino della natura. Questa proposta si iscrive all’interno della strategia del Green deal europeo e fissa obiettivi vincolanti per stoppare la perdita di biodiversità nei campi, le foreste, gli oceani e anche le zone urbane. Il regolamento (che a differenza di una direttiva, diventa automaticamente vincolante in tutta l’Ue alla data della sua entrata in vigore) obbliga al ripristino di almeno il 20% della superficie terrestre e marina europea entro il 2030 e l’estensione a tutti gli habitat che necessitano di recupero entro il 2050.
Il 10% delle città coperte da alberi e via le dighe dai fiumi
La priorità è data agli ecosistemi con il maggior potenziale di rimozione e stoccaggio del carbonio come le torbiere, le zone umide, le praterie marine. Altro obiettivo: invertire il calo delle popolazioni di impollinatori (api, bombi) entro il 2030 per tornare a farle crescere negli anni successivi. Per quanto riguarda le zone urbane, la nuova legislazione europea prevede che ogni città o Paese dovrà godere di almeno il 10% di copertura arborea entro 2050. Rispetto ai fiumi, bisognerà raggiungere l'obiettivo di 25mila chilometri a libero scorrimento entro il 2030, rimuovendo ostacoli come dighe e barriere di vario tipo. Per le foreste è richiesta una maggior quantità di legno morto a terra, per migliorare la biodiversità e la capacità rigenerativa delle foreste. Infine, l’articolo 9, che è quello che maggiormente interessa il mondo agricolo, in quanto tratta del “ripristino degli ecosistemi agricoli” per migliorare la biodiversità.
Si voterà a luglio
Dopo l’entrata in vigore del regolamento, gli Stati membri avranno due anni per presentare alla Commissione il loro piano nazionale di restaurazione. Gli ecosistemi e il livello di deterioramento non sono gli stessi fra gli Stati e ogni Paese avrà un certo margine per decidere cosa sia meglio per il proprio territorio. Tali piani saranno soggetti a un processo di dialogo con la Commissione. Il testo è ora all’esame del Consiglio e del Parlamento europeo attraverso una procedura che vede la commissione Ambiente competente sul fondo, mentre la commissione Agricoltura può soltanto fornire un avviso, che però non è vincolante. Il voto in plenaria è previsto per luglio.
L'ipotesi di finanziare il ripristino con i fondi della Pac
Stando al Regolamento, l'81% degli habitat europei è in uno stato di conservazione sfavorevole: 45% scarso e 36% cattivo e soltanto il 15% ha uno stato di conservazione buono. Per questo Consiglio e Parlamento europeo, condividono l’urgenza di agire. Ma molte perplessità emergono sul come. In primis il finanziamento. Con quali fondi si raggiungeranno questi obiettivi ambiziosi? Una risposta al momento la Commissione non l’ha data. Suscita inquietudine l’idea che si possa pensare di attingere ai fondi della Pac, quando sono molte le voci che chiedono la creazione di un fondo specifico.
Altre perplessità nascono sulla maniera nella quale gli obiettivi e il calendario vengono fissati. In particolare sugli indicatori agricoli, descritti all’articolo 9: aumento della popolazione di farfalle comuni e di avifauna e stock di carbonio. La presenza di farfalle e uccelli nei campi non dipende solo dall’azione degli agricoltori ma può essere influenzata da molteplici fattori. Inoltre, nella sua proposta la Commissione non sembra tenere conto delle altre legislazioni da lei stessa formulate o in via di formulazione: i requisiti per lo stoccaggio del carbonio sono già inclusi nel regolamento "Lulucf" sulla gestione delle foreste. In analisi c’è anche una proposta sulla salute del suolo. La Commissione sta lavorando anche a un quadro giuridico per la certificazione dell'agricoltura del carbonio. Non è chiaro come questo regolamento sul ripristino della natura andrà ad articolarsi con le altre tre legislazioni che trattano di stoccaggio di carbonio e di salute dei suoli.
Non è chiaro perché la Commissione abbia voluto partire su indicatori ex novo, quando ci sono quelli già negoziati e votati nella nuova Pac, come per esempio quello sui terreni agricoli a elevato valore naturalistico, fattori che gli agricoltori hanno il potere di influenzare. Infine, in particolare i deputati della commissione agricoltura, hanno espresso perplessità rispetto alla sovranità alimentare.
Quali conseguenze per l'agricoltura?
Le conseguenze di questo regolamento sulla produzione agricola italiana non sono ancora chiare. Dipenderà dal negoziato e da quello che il nostro Paese metterà nel suo piano di ripristino della natura. Di certo potrebbe essere la goccia che fa traboccare un vaso già riempito con regole di applicazione degli ecoschemi Pac che ancora non sono state assimilate, direttive sull’uso sostenibile degli agrofarmaci e sulle emissioni industriali, animal welfare, Lulucf, packaging. Tutti esempi di un iper attivismo legislativo che rischia di scoraggiare gli agricoltori già impegnati nella transizione ambientale.