Promozione, tutela dei prodotti agroalimentari toscani in Italia e all’estero, ma anche incentivi al miglioramento costante di mercati e qualità delle aziende, sono i cavalli di battaglia della neo assessora all’Agricoltura e vicepresidente della Regione Toscana Stefania Saccardi. Un vero e proprio “Tuscan style” fatto di bontà, originalità, legame con il territorio e la sua cultura, sostenibilità, storia e lavoro. Sfide importanti in un periodo che di sicuro non aiuta a programmare in maniera lineare «ma che proprio per questo ci deve trovare ancora più preparati nell’affrontare i competitor – afferma – e imporci nel panorama internazionale come leader nella produzione di qualità».
L’agroalimentare toscano è un patrimonio economico e di immagine.
«I prodotti di eccellenza toscani sono complessi, contengono valori materiali e immateriali. Punteremo ancora di più su questi aspetti, sulla qualità dei nostri prodotti, anche rafforzando il sistema della distribuzione logistica a supporto della commercializzazione sia nazionale che internazionale. Proseguiremo gli interventi per la promozione e l’internazionalizzazione nei Paesi Ue, senza escludere il mercato nazionale, ed extra-Ue delle imprese agricole ed agroalimentari toscane. E poi, mi piace sottolinearlo, in Toscana l’agricoltura, con il suo tessuto di strutture medio-piccola e a conduzione familiare, non è solo un patrimonio economico: è anche attenzione all’ambiente, al paesaggio, alla memoria e all’identità culturale delle popolazioni locali. In questo mio mandato mi occuperò anche di aree interne e lavorerò perché tutto questo diventi ancora di più un insostituibile presidio del territorio».
Uno dei tavoli imminenti è il nuovo Psr con uno scenario europeo decisamente cambiato rispetto al passato.
«Le novità nella nuova architettura, unite allo stato di emergenza sanitaria, stanno determinando dei ritardi per l’attuazione del settennato 2021-27 e quindi sarà necessario un periodo transitorio, con un’estensione dell’attuale ciclo di due anni. Dobbiamo quindi fare i conti con questa realtà, che condiziona la possibilità di programmare, ma le priorità le abbiamo chiare: gestione sostenibile dell’ambiente e lotta ai cambiamenti climatici, redditività e competitività grazie anche al trasferimento di conoscenze e all’innovazione, ricambio generazionale e vivibilità delle aree rurali. Aggiungo che lavoreremo anche sulle modalità organizzative per velocizzare la spesa, in modo che i beneficiari possano usufruire del sostegno del Psr in tempi più rapidi».
Nel passato è stato utilizzato molto il modello distrettuale: alcuni casi di successo, altri sono in sofferenza: come pensa di intervenire a sostegno di quei settori più in crisi?
«I distretti in agricoltura nascono come strumento di politica economica per organizzare e sostenere i sistemi produttivi locali e promuovere insieme lo sviluppo delle Comunità delle aree rurali: rappresentano una forma compiuta di applicazione del principio di sussidiarietà in ambito economico, con effetti di riequilibrio territoriale e impatti sociali rilevanti, quali il contrasto allo spopolamento di tali zone. Con la legge regionale li abbiamo aumentati e oggi sono 10 quelli operanti sul territorio regionale. Sono convinta che il modello rimanga quanto mai attuale e importante per affrontare momenti di crisi come quello che stiamo vivendo, in un settore particolarmente colpito da questa emergenza come quello vivaistico in generale e floricolo in particolare, per il quale, lo ricordo, siamo intervenuti stanziando oltre 800mila euro. Quello che serve, semmai, è che i distretti si facciano carico di individuare i problemi in modo sinergico e condiviso avanzando proposte concrete riguardo possibili soluzioni da mettere in atto».
Export del Made in Tuscany e Covid: rivedere la promozione magari più incentrata sul territorio nazionale può essere secondo lei la scelta da valutare?
«Certamente l’emergenza Covid ha generato un cambiamento nei modelli di consumo. Pur mantenendo una grande attenzione per il mercato locale e nazionale, soprattutto per quanto riguarda il comparto dei prodotti agroalimentari freschi e freschissimi, e per i nuovi modelli di consumo, la Toscana non deve rinunciare alla sua vocazione all’export: lo dicono i circa 2,5 miliardi, dato 2018, che sono pari a circa il 6% del totale nazionale».
Come immagina l’agroalimentare toscano tra cinque anni?
«L’obiettivo per il futuro è continuare a produrre le “eccellenze toscane” in maniera sempre più sostenibile dal punto di vista ambientale, sociale ed economico, in un contesto di aumentata incertezza connessa all’attività agricola. Questo contesto deve necessariamente essere affrontato con infrastrutture adeguate, un sistema di scambi efficiente e con un radicale miglioramento dei processi produttivi, delle produzioni e dei modelli organizzativi avvalendosi dei progressi della ricerca. L’innovazione e l’utilizzo intelligente delle tecnologie disponibili avranno un ruolo fondamentale per sostenere la qualità delle risorse naturali, bene primario per le imprese agricole, la produttività e la redditività del settore agricolo e agroalimentare. La nostra regione ha tutte le potenzialità per favorire questo processo, che passa inevitabilmente dal sostenere il capitale umano, gli investimenti materiali e immateriali, l’innovazione, tra cui l’agricoltura di precisione, la consulenza e la diffusione delle conoscenze che dovranno, quindi, essere tra gli elementi cardine della futura programmazione.
Qualità, sostenibilità, biodiversità. Quali politiche per questi temi?
«Puntare su qualità, biodiversità e sostenibilità sono scelte vincenti per le imprese dell’agroalimentare toscano che hanno bisogno di perseguire strategie di valorizzazione commerciale collaborando in modo cooperativo. Ciò implica quindi una politica diversificata sul piano organizzativo rivolta sia all’export che allo sviluppo di un mercato locale sostenibile e identitario. Non una politica autarchica, ma aperta all’esterno per la valorizzazione del prodotto di qualità, del “Prodotto toscano”, conosciuto nel mondo come immagine di bellezza e genuinità. Lo faremo utilizzando tutti gli strumenti a disposizione: con le risorse del Psr, innanzitutto, ma anche agevolando un processo di riordino fondiario che favorisca la coltivazione delle superfici agricole e forestali abbandonate attraverso il potenziamento e la revisione della Banca regionale della Terra. L’agricoltura avrà un peso sociale sempre maggiore e questa è una sfida aperta per il futuro della Toscana».