Quasi -20. È da temperatura polare il freddo che attanaglia i prezzi della soia, che hanno perso il 19% del loro valore nell'ultimo mese alla borsa merci di Chicago, principale punto di riferimento mondiale per la quotazione delle materie prime agricole.
Un calo che pare strettamente correlato alle politiche commerciali protezionistiche di Trump e alle misure di ritorsione, in vigore dal 6 luglio, prese dalla Cina nei confronti dei dazi decisi dalla presidenza statunitense.
È la Coldiretti a fare il punto sull'andamento delle quotazioni. «La soia - spiega l'organizzazione agricola in un'analisi ad hoc - è uno dei prodotti più sensibili presenti della black list asiatica perché è tra i prodotti agricoli più coltivati nel mondo e largamente usato per l'alimentazione degli animali da allevamento. Stati Uniti e Brasile si contendono il primato globale nei raccolti seguiti, sul podio, dall'Argentina: insieme rappresentano l'80% dei raccolti mondiali. Per sostenere l'aumento del consumo di carne con i propri allevamenti la Cina è il principale acquirente mondiale della soia (il 50% dei consumi mondiali è concentrato nel Paese asiatico, ndr), ma con lo scattare del dazio aggiuntivo del 25% nei confronti degli Stati Uniti ha fatto cambiare le fonti di approvvigionamento a favore del Brasile».
«Le disdette - continua la nota Coldiretti - pesano sui raccolti statunitensi e sulle quotazioni riconosciute ai farmer americani, ma anche sugli allevatori e sui consumatori cinesi per l'aumento dei costi di produzione e in definitiva anche dei prezzi della carne. Per le dimensioni del fenomeno la situazione va attentamente monitorata da parte dell'Unione europea per verificare l'opportunità di attivare, nel caso di necessità, misure di intervento straordinarie anche a livello comunitario».