La filiera grano-pasta tutta italiana si rafforza. Con l’adesione di Assosementi (l’associazione che rappresenta a livello nazionale l’industria sementiera) e Compag (la federazione nazionale commercianti di prodotti per l’agricoltura che rappresenta, tra gli altri, i centri di stoccaggio e commercializzazione dei cereali), si consolida il patto di filiera tra mondo agricolo e cooperativo e industria di trasformazione, e la filiera viene così rappresentata in tutte le sue fasi: dal seme di grano al pacco di pasta. Il Protocollo d’Intesa lanciato lo scorso dicembre dal tavolo formato da Aidepi (Associazione delle Industrie del Dolce e della Pasta Italiane), Alleanza delle Cooperative Agroalimentari, Confagricoltura, Cia-Agricoltori Italiani, Copagri e Italmopa (Associazione Industriali Mugnai d’Italia), oggi, con le due new entry, vale 61mld di euro, quasi la metà dell’agroindustria italiana. Aumentare la disponibilità di grano italiano di qualità per la nostra pasta, sostenere l’agricoltura nazionale rafforzandone la competitività: gli obiettivi del Protocollo, che mette al centro la filiera, vero valore aggiunto.
Dal seme alla tavola
«Non è più tempo di lavorare per singole lobby, ma di sedersi a un tavolo tutti insieme - ha dichiarato Franco Brazzabeni, presidente della sezione Cereali a paglia di Assosementi -». Specificando poi che l’ingresso di Assosementi nel Protocollo ha principalmente due significati: da un lato attesta l’importanza che i sementieri attribuiscono alla filiera, ritenuta il contesto nel quale affrontare e risolvere le criticità del sistema agro alimentare, puntando su risorse e valori condivisibili; dall’altro rappresenta un importante riconoscimento del seme certificato, quale risorsa a vantaggio di tutti gli attori della filiera e irrinunciabile punto di partenza di ogni tracciabilità. «Il seme certificato – ha precisato – ha un’importanza strategica per l’agricoltura, perché rappresenta la migliore garanzia per produzione ad alto valore aggiunto».
Per Fabio Manara, presidente Compag: «I soci di Compag sono un punto di raccordo strategico tra agricoltori e trasformatori, fornendo alle aziende agricole non solo i servizi di post-raccolta ma anche quelli agronomici per il raggiungimento dei requisiti di qualità richiesti. La creazione di valore lungo la filiera che gli accordi tra operatori dovrebbe garantire potrà portare benefici diretti a tutti i protagonisti, concentrando le risorse nella persecuzione di obiettivi comuni e condivisi».
Anche l'Ateneo sarà in campo
Annunciata anche la partnership con l’Università della Tuscia per mappare il grano duro italiano e definire disciplinari e contratti-quadro di coltivazione, a cui hanno già aderito 6mila aziende agricole di 15 Regioni per oltre 100mila ettari di superficie coltivata a grano duro di qualità. Come spiegato da Giuseppe Scarascia Mugnozza, direttore Dibaf dell’Università, saranno tre gli ambiti di lavoro che verranno portati avanti: la mappatura quali-quantitativa degli areali di produzione del grano duro su tutto il territorio nazionale; lo sviluppo di disciplinari per la coltivazione sostenibile e lo stoccaggio di grano duro di qualità; uno screening degli accordi di filiera già esistenti e la definizione, assieme ai firmatari del protocollo, di contratti-quadro tra agricoltori, stoccatori, mulini, industrie e retailers per una migliore distribuzione del valore aggiunto lungo tutta la filiera delle produzioni di qualità nella filiera della pasta. Non ultimo, l’incarico di migliorare le stime dei costi di produzione del grano duro per le principali tre macroaree: Nord, Centro e Sud Italia.
Queste le novità presentate a Roma, presso la società agricola Borgo Pallavicini Mori (Località Settebagni), da tutti gli attori protagonisti firmatari del Protocollo, che, in occasione di una conferenza stampa seguita dall’evento in campo di “Mietitura a porte aperte con i protagonisti della filiera”, hanno fatto il punto dei primi 180 giorni di lavoro.
Secondo gli ultimi dati presentati dai firmatari, in Italia sono 1,28 milioni gli ettari coltivati a grano duro. A fronte di un leggero calo della superficie (-1,8% rispetto all’anno scorso), la produzione attesa è di 4,2 milioni di tonnellate di buona qualità, in linea con i risultati della campagna 2017-2018 (elaborazioni da dati Italmopa). Il grano 2018-2019 già raccolto mostra un buon contenuto proteico e buoni parametri di qualità, anche se è presto per trarre conclusioni definitive, visto che piogge e maltempo stanno segnando l’annata agraria in corso ritardando la mietitura in alcune regioni, al Nord le trebbiatrici sono infatti ancora spente. Data l’attuale situazione, non è escluso che parte dell’offerta di grano italiano, già penalizzata da una eccessiva polverizzazione, possa rischiare di essere non pienamente adatta alle esigenze qualitative dei mugnai e dei pastai.
Il grano nostrano non basta
Sebbene la domanda di grano duro pastificabile italiano è in crescita e l’import di grano duro registri un calo (-289mila tonnellate nel 2018), resta comunque ancora necessario e copre circa il 30% del fabbisogno di molini e pastifici. Inoltre, anche la mancanza di strutture di stoccaggio adeguate contribuisce a rendere difficile la valorizzazione e la classificazione della materia prima, che quindi viene ricercata anche sui mercati esteri. In questo quadro, il Protocollo grano-pasta vuole dare una risposta di squadra per difendersi dalla concorrenza internazionale, specialmente di Turchia ed Egitto, che pur con un prodotto di qualità inferiore stanno erodendo quote di mercato alla pasta italiana, forti anche del supporto dei rispettivi governi. Per di più, come sostenuto dai firmatari, un debole sostegno da parte del sistema Paese in Italia ha sensibilmente concorso nel tempo a scavare un solco, in termini di competitività, crescita e sostegno all’export, tra l’agroindustria pastaria italiana e quella europea ed extra europea.
«A differenza dei pastai di altre nazioni, noi italiani abbiamo la responsabilità di produrre pasta di altissima qualità e, quindi, abbiamo bisogno di tanto grano buono, vincolato ai parametri della legge di purezza. Non sempre riusciamo a trovarlo in Italia. Per questo chiediamo al governo di starci vicino in questo disegno di unione di filiera. Dobbiamo attaccare i mercati non difenderci». Ad affermarlo Paolo Barilla, presidente di Aidepi, che ha sottolineato il valore di questo progetto, che «Si muove su logiche di lungo termine, per rendere più virtuosa, innovativa e competitiva la filiera italiana grano-pasta».
Ogni anno l’industria molitoria individua e seleziona circa 5,6 milioni di tonnellate di grano duro che trasforma in semola per il settore della pasta. «Purtroppo – ha dichiarato Cosimo De Sortis, presidente di Italmopa – la qualità del grano italiano, anche per motivi climatici, risulta fluttuante e ogni anno parte del raccolto nazionale non risponde alle nostre esigenze qualitative». De Sortis ha poi vigorosamente sostenuto che serve una politica industriale: «Sono troppi anni che non si fa politica industriale in Italia. Questo Protocollo rappresenta una proposta seria in tal senso».
Gli interventi di Gianmichele Passarini della giunta nazionale di Cia-Agricoltori Italiani, Massimiliano Giansanti presidente di Confagricoltura e Franco Verrascina presidente di Copagri, hanno evidenziato la ‘questione prezzi’.
«Nel corso degli ultimi anni - ha sottolineato Passarini - i prezzi di mercato ben al di sotto dei costi di produzione, insieme alla forte volatilità sui mercati internazionali, hanno messo a dura prova i produttori di grano duro italiano. L’incertezza sui prezzi condiziona le scelte imprenditoriali agricole e non aiuta la filiera ad avere un prodotto di qualità, costante nel tempo».
«Siamo i primi produttori in Europa di grano duro, con oltre 200mila imprese agricole coinvolte. Eppure - ha specificato Giansanti - molti agricoltori, schiacciati dall’andamento dei prezzi della materia prima, non considerano più conveniente investire nella semina di grano duro. Con questa operazione vogliamo creare valore aggiunto e risolvere questo paradosso, per rimettere questa coltura al centro dell’agricoltura italiana».
«Serve un Piano cerealicolo nazionale che punti a reinvestire su questo settore - ha affermato Verrascina -. Il nostro impegno sarà indirizzato ad incrementare le superfici coltivate a grano duro di alta qualità richiesto dall’industria, a concentrare l’offerta in lotti omogenei, e quant’altro sarà necessario per affrontare in termini costruttivi le criticità del settore che spaziano dalla volatilità sempre più marcata dei prezzi e dei redditi dei produttori di grano duro, alla stagnazione dei redditi».
Infine Giorgio Mercuri, presidente dell’Alleanza delle Cooperative Agroalimentari, ha ribadito che la filiera del grano duro troverà «Soluzioni condivise nello spirito di fattiva collaborazione per la crescita di tutto il sistema».
Il protocollo d’intesa in 5 punti
1 Incrementare la disponibilità di grano duro nazionale di qualità e prodotto in modo sostenibile per venire incontro alle esigenze dell’industria molitoria e della pasta.
2 Incentivare e sostenere l’agricoltura virtuosa, con premi di produzione legati al raggiungimento di standard qualitativi del grano e alle caratteristiche del territorio di produzione.
3 Concentrare progressivamente l’offerta di grano duro e censire i centri di stoccaggio idonei alla conservazione del grano duro di qualità.
4 Stimolare formazione, ricerca e innovazione nella filiera italiana grano-semola-pasta.
5 Promuovere e difendere in maniera coesa un’immagine forte della pasta italiana, garantirne la sicurezza anche attraverso la tracciabilità informatica dei vari passaggi della filiera