In questi tempi molti imprenditori agricoli lamentano grandi difficoltà connesse al clima e ai mercati. Le difficoltà sono ben evidenti. Le avversità climatiche hanno colpito duramente nel 2019 (gelo, eccesso di pioggia, grandine, siccità, caldo). Il mercato delle commodity è al quarto anno di prezzi molto bassi.
Gli agricoltori sono abituati a situazioni di crisi, poiché sanno che poi ci sarà una ripresa. Ma oggi ci sono alcuni fatti nuovi. Le avversità del clima sono strutturali ed espongono l’agricoltura a rischi enormi.
I prezzi bassi sono un fenomeno costante, a causa di un eccesso di offerta mondiale che perdura da 4 anni e si protrae anche per la campagna 2019/2020.
Il lamento è giustificato; concede la soddisfazione di infierire contro qualcuno: la globalizzazione, la politica, le speculazioni. Ma poi cosa cambia? Nulla.
La politica agraria ha le armi spuntate. Sono irresponsabili coloro che alimentano le aspettative degli agricoltori su quello che può fare la politica. Anche il protezionismo di Trump ha peggiorato la situazione degli stessi agricoltori americani. Allora rimane il lamento sterile?
No, non tutti gli agricoltori cedono al lamento e all’immobilismo. Alcuni hanno avuto la forza di cambiare e di scommettere su iniziative innovative, ben ponderate, che stanno portando al successo le loro imprese. Il lamento è facile e passivo; l’agricoltore lamentoso è un soggetto passivo, anche se lavora 18 ore al giorno.
Cambiamento e innovazione sono molto difficili, richiedono impegno, metodo, tempo, passione e apertura mentale, ma producono risultati. È possibile seguire cambiamento e innovazione?
Per cambiare rispetto alle attività solite occorrono due elementi indispensabili: speranza e conoscenza.
Per uscire dalla propria confort zone dell’abbiamo sempre fatto così, l’agricoltore deve unire “speranza” (nella realtà c’è sempre una positività da scoprire) e “conoscenza”.
Per introdurre innovazioni occorre fare investimenti ingenti in “conoscenza”, non solo in trattori. I trattori generano costi immediati, la conoscenza genera futuro.
Speranza e conoscenza richiedono all’imprenditore di “uscire” dall’azienda, di non morire di lavoro in azienda. Gli imprenditori devono viaggiare, confrontarsi, ‘rubare idee’; tutto ciò richiede una fitta rete di relazioni con altri imprenditori agricoli, con i centri di ricerca, con i tecnici più preparati, con gli imprenditori della filiera e di altri settori.
Lamento o cambiamento? Questo è il dilemma. Cosa fare? In primo luogo, occorre un’attenta valutazione tecnico-economica della situazione aziendale.
In secondo luogo, occorre dialogare, intraprendere e gestire relazioni virtuose, vedere cosa fanno gli agricoltori migliori. Non frequentare i lamentosi.
La crisi obbliga l’agricoltore a riprogettare il cammino della propria impresa, a trovare nuove strategie imprenditoriali, a fare i conti economici, ad accrescere la propria formazione, a collaborare con altre imprese, a puntare sulle esperienze positive e a rigettare quelle negative, a differenziare i prodotti per rompere la concorrenza dei prodotti importati, a trovare nuove forme di distribuzione.
Ci sono due alternative: morire di lamento o vivere di speranza e conoscenza. C’è una strada: frequentare le persone che alimentano speranza e conoscenza.
condivido pienamente le tesi del prof.Angelo Frascarelli.
Occorre anche rivedere attentamente con criteri tecnico scientifici gli avvicendamenti colturali con particolare riferimento agli interventi agronomici delle singole colture.
Impostare gli interventi e le operazioni colturali nel massimo rispetto dell’ambiente e puntare ad ottenere la migliore
qualità delle derrate prodotte.
Investire sopratutto nella consulenza tecnico- agronomica di alta esperienza in campo.
Il tecnico deve andare in campo e costantemente aggiornarsi, fare previsioni di bilanci colturali e agire di conseguenza.
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Il problema è non avere dei prezzi minimi garantiti dei prodotti che si coltivano. Fermate le importazioni di prodotti di scarsa qualità con i veleni all’interno e obbligare a produrre pasta italiana solo con grano italiano da scrivere in etichetta. Permettere e incentivare la realizzazione di recinzioni anti cinghiali , concedere più quote di carburanti agricoli . Altrimenti autarchia .
Le argomentazioni del Prof. Sono condivisibilissime ma non facili da realizzare. Ci vuole un po’ di tempo per cambiare mentalità. Sarebbe mia intenzione intraprendere la strada dell’agricoltura di precisione o almeno la minima lavofazione ma avendo rimasto un fazzoletto di terra ( da 21 ha,fra frutteto e vigneto, sono passato sono passato a 5 di seminativo) e non ptendo acquistatare attrzzi, mi trovo in difficoltà a trovare,nella mia zona, contoterzisti con attrezzature adeguate. La saluto cordialmente e continui ad insistere su questa strada per vedere se riusciamo a fare qel salto culturale necessario.
Con ossequi Luigi di Faenza