“Signore, cosa fa il fattore?” “Sta lavorando”. “In quale campo?” “Sta lavorando per trovare la strada per raggiungerlo”.
In questa metafora sta tutta la preoccupazione per un tempo che non c’è. Se si vuole il cesto pieno il campo va arato, erpicato e seminato: oggi, non domani. Va lavorato e seminato con gli attrezzi e i semi che abbiamo.
Noi sappiamo che le risorse per l’agricoltura sono quelle europee e in questo periodo anche quelle che la ministra Bellanova, con la sua determinazione, è riuscita a racimolare nella borsa del Mef.
Tre condizioni per ogni obiettivo possibile
Ma ancor prima delle risorse occorre sapere se questo Paese intende modernizzarsi oppure trascinarsi sul terreno dei proclami e di posizioni fuori tempo. Le risorse centrano gli obiettivi se rispondono a tre requisiti: investimenti sostenibili e lungimiranti; progetti realizzati in tempi certi; soldi: pochi, sporchi e subito.
Un programma facile a dirsi ma difficile a farsi nel nostro Paese, perché la dicotomica condizione organizzativa delle diverse Regioni, nonché alcune criticità centrali, danno risultati opposti. Alcuni positivi, altri negativi, altri ancora drammatici, con Regioni che non riescono a investire i fondi a disposizione.
Ripensare l'agricoltura partendo da formazione e ricerca
Forse è giunto il tempo per organizzare una conferenza nazionale sull’agroalimentare che guardi al modello strutturale della filiera, partendo dalla scuola agraria, per passare ai centri di ricerca, a alla sperimentazione; dalla gestione dei servizi alle imprese, alla rappresentanza, e alla consulenza senza trascurare le strutture di trasformazione, trasporti e commercializzazione. Tutti segmenti che negli ultimi anni sono stati indeboliti, alcuni in modo significativo.
Partiamo dalla scuola agraria che da tempo viene accompagnata nell’arena di un’indefinita scolarità sempre meno tecnico scientifica, sempre meno umanistica, sempre meno. Forse è tempo di trasferire gli Istituti tecnici agrari al ministero dell’Agricoltura (è così in alcuni Paesi europei, era così in Italia prima della riforma Gentile). Completiamo la riforma costituzionale titolo V° trasferendo gli Istituti professionali alle Regioni.
Armonizziamo la ricerca agroalimentare sotto un unico gestore (il Mipaaf) e raccordiamo i centri di ricerca con gli Ita. I quali, con le loro cento aziende agricole, diventano centri di sperimentazione, aperti alle professioni intellettuali e alle imprese agricole (buoni esempi sono la Edmund Mach, il Cerletti, il Giovanni Basile Caramia).
Rinnovamento generazionale cercasi
Gli Ita e gli Its diventino anche i motori per il rinnovamento generazionale delle imprese, ruolo che deve rientrare nelle azioni di sostegno della Pac (le risorse sarebbero talmente limitate che possono essere trovate nelle pieghe di qualche bando al ribasso).
Lo Stato raccordi e coordini tutte le Regioni per la gestione della Pac e soprattutto dei Psr. Caa e Psr siano riformati con una rete di professionalità competenti e aggiornate (tutelate e controllate) attraverso la sottoscrizione di protocolli che implementino il principio di sussidiarietà. Le Regioni che non sono in grado nei tempi e nei modi previsti di applicare le agende Pac devono essere surrogate dalla stessa Agea e dai soggetti in rete con essa.
Chiudo questa breve e incompleta riflessione con un dialogo surreale di Simone Tempia:
“Lloyd, sono giunte le risposte che attendevo?”
“Temo stiano tardando ad arrivare, sir”
“Forse dovrei andare a cercarle…”
“La avverto che a cercare risposte si trovano spesso solo altre domande, sir”
“È un gatto che si morde la coda, Lloyd…”
“Che è pur sempre meglio di un’attesa che rode il fegato, sir”
“Non attendermi per pranzo, Lloyd”
“Buona ricerca, sir”.