Tentare di autogovernare i rapporti tra le componenti produttive della filiera per contrastare alcuni motivi d’instabilità reddituale. É questo il preciso mandato politico con il quale è nata l’Organizzazione interprofessionale del pomodoro da industria del Nord Italia (Oi).
Contrastare in particolare la divaricazione congiunturale tra la domanda e l’offerta di materia prima agricola, i comportamenti competitivi sleali all’interno della filiera, soprattutto nella relazione tra singole imprese di trasformazione e produttori, l’inadeguata valorizzazione commerciale dell’origine e della qualità della materia prima nel prodotto trasformato.
Inutile dire che intervenire su queste criticità è compito tra i più ardui, soprattutto in un Paese ostinatamente frammentato e insofferente verso il gioco di squadra.
Ciononostante alcuni risultati sono arrivati.
Tra questi sicuramente l’avvenuta adozione volontaria di regole condivise, obbligatorie per tutti. Il perno del sistema è il Contratto quadro d’area, annualmente sottoscritto da Op e trasformatori, che fissa i range di programmazione produttiva (superfici e rese), premialità e penalizzazioni, le metodologie di produzione, le caratteristiche di qualità e salubrità del prodotto, le condizioni contrattuali, il contratto-tipo di fornitura e, sulla base di tutto questo, demanda all’Oi precisi compiti di monitoraggio, di controllo e vigilanza.
Inoltre, sempre su mandato dei soci, l’Oi coordina l’armonizzazione interregionale dei disciplinari di produzione integrata, la sperimentazione e la ricerca varietale, i progetti di miglioramento della sostenibilità ambientale.
Naturalmente non mancano i problemi. Nel 2016, ad esempio, il Contratto quadro è stato sottoscritto molto tardi e le quantità di pomodoro consegnate alla trasformazione sono risultate superiori a quelle prestabilite, determinando l’attivazione della penale contrattuale di 2,5 € alla tonnellata sul prezzo iniziale.
Altrettanto problematico il fatto che quest’anno due imprese di trasformazione, in evidente difficoltà finanziaria, non onorano alle scadenze stabilite i pagamenti per il pomodoro ritirato, mettendo così a rischio la loro continuità produttiva e gli equilibri distrettuali.
Va da sè che la responsabilità della contrattazione è in capo alle parti trattanti, e non alla Oi. Che la penale, per quanto odiosa, conferma la serietà degli impegni concordati. E che i ritardi nei pagamenti sono rilevati tempestivamente per le necessarie contromisure, perché esiste un’attività di monitoraggio dei pagamenti svolta dall’Oi.
Per questo, nonostante le tante difficoltà e insufficienze, l’Organizzazione interprofessionale è uno strumento utile e gradito all’intera filiera, come confermano i dati di adesione: 98% delle imprese di trasformazione, 14 Op con oltre 2mila agricoltori associati e il 95% del pomodoro prodotto nel Nord Italia.
C’è però bisogno di molto altro ancora. Innanzitutto vogliamo contribuire a migliorare il meccanismo di programmazione produttiva prima della sottoscrizione del nuovo Contratto quadro e delle semine. Gli obiettivi sono un range produttivo effettivamente calibrato sui fabbisogni e la responsabilizzazione dei singoli attori.
In secondo luogo un programma di medio periodo assistito da risorse pubbliche statali e regionali in grado di aggredire i nodi delle rese per ettaro, dei costi di produzione e di filiera e la valorizzazione commerciale della qualità intrinseca del nostro prodotto.
di Tiberio Rabboni
Presidente dell’Organizzazione interprofessionale del pomodoro da industria del Nord Italia