Nel Regno Unito, fino al 2009, la digestione anaerobica non era percepita come un settore interessante in cui investire e contemplava quasi esclusivamente la produzione di biogas da impianti di trattamento delle acque reflue industriali. In quell’anno risultavano operativi solo 30 digestori, che avevano un impatto molto ridotto in termini di copertura del fabbisogno di gas naturale del Regno Unito, pari a 1.093 TW (terawatt =1012 watt) nel 2010 e a 766 TW nel 2014.
Il gas naturale, usato principalmente per il riscaldamento domestico (36% nel 2014) e per i processi di generazione di energia elettrica nelle turbine a gas a ciclo combinato (28,5%), è coperto da importazioni dalla Norvegia (57% nel 2014), dall’Olanda (15%) e dal Belgio (1%). Il fabbisogno restante (27% nel 2014) è importato come gas naturale liquefatto (GNL). Il Quatar copre più del 90% di questa fornitura.
La rete del gas nel Regno Unito ha un’estensione superiore ai 280.000 km (fig. 1) e fornisce il gas a circa 20 milioni di consumatori. Il sistema di trasporto nazionale (operante a 70-85 bar) è di proprietà esclusiva di National Grid, che rifornisce 8 reti di distribuzione appartenenti a 4 diversi soggetti: National Grid, Scotia Gas Networks, CKI e Macquarie.
Aiuti per produrre calore
A partire dal 2010, con la pubblicazione della prima normativa nazionale che ha introdotto un meccanismo di incentivazione per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili basato su un meccanismo di Feed In Tariff (FIT), lo scenario ha iniziato a mutare.
Ulteriore spinta al settore biogas e biometano si deve all’introduzione, avvenuta nel 2011, dell’incentivo Renewable Heat Incentive (RHI), primo programma di sostegno finanziario a lungo termine a livello mondiale per la produzione di calore da fonti rinnovabili, comprendente anche l’iniezione del biometano nelle reti nazionali del gas naturale.
Grazie a queste sovvenzioni, nel Regno Unito la produzione di biogas (destinato alla cogenerazione di energia elettrica e termica o alla sola energia termica oppure all’upgrading a biometano) ha registrato un forte incremento, paragonabile a quanto avvenuto in Italia nel triennio 2010-2012 prima che cessasse la tariffa onnicomprensiva di 0,28 €/KWel: dai 30 digestori anaerobici operativi nel 2009 si è, infatti, passati nel luglio 2015 a 405 impianti, con una potenza installata totale pari a 477 MWel equivalenti (tab. 1). Dei 405 impianti, 339 si trovano in Inghilterra, 27 in Scozia, 25 in Galles e 14 in Irlanda del Nord.
A dicembre 2014, il 41% della potenza elettrica equivalente installata, pari a 195 MW, deriva dal trattamento delle acque reflue industriali. Se si escludono gli impianti che sfruttano le acque reflue, la parte restante (282 MW) è alimentata da biomasse agro-industriali e da scarti alimentari. In questa categoria risultano operativi 215 impianti destinati alla cogenerazione, con una taglia media di circa 1 MW; 6 impianti destinati esclusivamente alla produzione di energia termica e 25 impianti per la produzione di biometano, con una capacità di trattamento pari a 17.266 m3 biogas/ora.
Il fattore più importante che ha influenzato e continua ad influenzare lo sviluppo della filiera biogas/biometano nel Regno Unito è il livello di incentivazione (tab. 2). Uno dei principali problemi è rappresentato dal fatto che esistono forti differenze tra quanto accade in Inghilterra, Scozia, Galles e Irlanda del Nord.
La Feed In Tariff (FIT) è attualmente la principale forma di sostegno al settore in Inghilterra, Scozia e Galles, ma non è disponibile in Irlanda del Nord. È importante sottolineare che la FIT è soggetta a un meccanismo di riduzione progressiva della tariffa.
Il meccanismo Renewables Obligation (RO) eroga un sostegno economico in Inghilterra, Scozia e Galles per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili per generatori di taglia uguale o superiore ai 50 kW.
Nella sola Irlanda del Nord, vige come principale forma di sostegno al settore biogas il Northern Ireland Renewables Obligation (NIRO). Il sostegno per gli impianti di potenza inferiore ai 500kWel è di 4 NROCS per MWh (con prezzo dei NROC ≈ £ 45 / MWh), mentre per impianti di taglia superiore ai 500kWel è di 3 NROCs per MWh.
Dagli scarti alimentari al biogas
In Inghilterra, Galles e Scozia, è il Renewable Heat Incentive (RHI) a rappresentare il meccanismo di sostegno per l’iniezione del biometano (ad esclusione di quello derivante dal biogas da discarica) nella rete del gas naturale. In Irlanda del Nord non ci sono incentivi per la produzione di biometano.
L’RHI fornisce un supporto che va da un minimo di 3,4 a un massimo di 7,5 p/kWh (corrispondenti a circa 10 centesimi di Euro / kWh) immessi nella rete del gas, rispettivamente per produzioni annuali di energia superiori a 80.000 MWh e inferiori a 40.000 MWh.
Lo sviluppo del settore biogas e biometano è fortemente influenzato anche da un secondo elemento: la disponibilità di biomasse impiegabili nel processo di digestione anaerobica.
Per alimentare i 405 digestori anaerobici che risultano operativi a luglio 2015, nel Regno Unito annualmente sono usate circa 22 milioni di tonnellate di acque reflue industriali; 6,1 milioni di tonnellate di sottoprodotti dell’industria alimentare; 1,6 milioni di tonnellate di scarti alimentari (provenienti dai ristoranti, supermercati, ecc.); 1,3 milioni di tonnellate di colture dedicate; 1 milione di tonnellate di sottoprodotti agricoli; 0,5 milioni di tonnellate di scarti organici provenienti dal trattamento dei rifiuti indifferenziati.
Per i prossimi anni la quantità di effluenti liquidi utilizzabili per la produzione di biogas e provenienti dai processi di produzione di cibi e bevande è stimata in ulteriore crescita. Multinazionali come Coca-Cola, Heineken, Nestlè, GlaxoSmithKline incrementeranno, infatti, l’uso della digestione anaerobica nei loro processi industriali.
Settore in crescita
Se si escludono le matrici liquide, sono gli scarti dell’industria alimentare a rappresentare la principale fonte di approvvigionamento degli impianti biogas esistenti (fig. 2). Nei prossimi anni è attesa un’ulteriore, seppur lenta, crescita del settore. Seguono, in questa particolare classifica, le colture energetiche (mais, erba, frumento e segale) usate da sole oppure in co-digestione con scarti dell’industria agroalimentare.
Secondo dati del Department for Environment, Food & Rural Affairs, pubblicati a luglio 2014, in Inghilterra la superficie coltivata a mais per soddisfare il fabbisogno dei circa 340 impianti di produzione di biogas era di soli 29,373 ettari. Secondo stime dell’ABDA (Anaerobic Digestion and bioresources Association), anche nel caso si proseguisse con una forte crescita del numero di digestori anaerobici, nel 2020 la superficie agricola del Regno Unito usata per la produzione di colture energetiche sarà inferiore allo 0,6% (meno della metà di quella che sarà usata per i campi da golf!).
A dicembre 2015, nel Regno Unito risultano operativi 50 impianti di upgrading del biogas a biometano, con una quantità di energia prodotta annualmente e iniettata nella rete del gas naturale pari a circa 2 TWh.
Dei 50 impianti in esercizio (fig. 3), 29 usano biomasse agricole, 11 scarti alimentari, 5 acque reflue industriali e 5 scarti organici. Nel 58% dei casi viene trattata una quantità di biogas compreso tra 800 e 1200 m3 all’ora. Il 20% dei progetti tratta più di 1.200 m3 di biogas all’ora, il 16% una quantità compresa tra 400 e 800 m3, solo il 6% meno di 400 m3 di biogas all’ora.
Possibilità di sviluppo
34 impianti su 50 usano le membrane come tecnologia di upgrading. Nei progetti restanti si usa il lavaggio ad acqua (13, pari al 26%) od il lavaggio chimico (3, pari al 6%).
L’uso del biometano nel settore trasporti è attualmente molto limitato. Ciò si spiega sia con la ridotta diffusione di veicoli a metano nel Regno Unito in confronto ad altri Paesi europei (per es. Germania e Svezia) sia con la scarsa presenza di infrastrutture per la vendita del metano compresso o liquefatto.
Nonostante queste difficoltà iniziano a registrarsi le prime iniziative virtuose che potranno fungere da esempio e stimolare la crescita anche di questo settore. E’ il caso della stazione di rifornimento di Daventry (circa 120 km a nord-est di Londra) che, a partire dal 2013, ha iniziato a vendere una miscela di gas naturale liquefatto (GNL) e di biometano liquido (LBM), in grado di ridurre sia i costi del carburante (-20-30%) sia le emissioni di anidride carbonica (-20%).
Alla fine del 2015, nel Regno Unito circolano 353 camion alimentati a gas naturale e 348 camion dual fuel. Sono presenti, grazie anche al finanziamento derivante da un progetto europeo TEN-T di 5 milioni di Sterline, 26 stazioni di rifornimento, alcuni dei quali predisposti per il biometano.
Relativamente agli sviluppi del settore biogas-biometano si stima che, nel caso venisse confermato l’attuale livello di incentivazione, le biomasse potenzialmente disponibili potrebbero garantire la realizzazione di almeno altri 500 impianti di digestione anaerobica entro il 2020.
Secondo quanto stimato dal Progetto GreenGasGrids, entro il 2030 nel Regno Unito si potrebbero immettere in rete circa 20 TWh/anno di biometano, ovvero decuplicare la produzione attuale.
non posso che fare i complimenti per lo sviluppo del settore con particolare attenzione alla natura. in italia è un disastro. dopo un boom iniziale si è fermata la corsa al biogas. la proposta di legge che permette di utilizzare il gas prodotto in rete è fermo. io ho dovuto smettere di lavorare nel settore dei rifiuti con i digestori con la pirolisi. sono impianti che stano in un container e potrebbero servire dalla villa ai comuni. ma qui in italia non si possono usare. in pochi mesi si potrebbero risolvere i problemi .