L’inverno mite a cui, sembra, dovremo sempre più abituarci, ha da una parte favorito alcune colture come quelle in serra fredda (ad esempio la fragola) ma anche la sopravvivenza o addirittura lo svernamento attivo di alcuni fitofagi che possono attaccare le colture ortive in coltura protetta o in pieno campo.
Cavolaia, nottua e tignola
Considerando le prevalenti colture ortive invernali (brassicacee, composite e finocchio) in campo in questo periodo in Italia meridionale, tra i lepidotteri la cavolaia (Pieris brassicae, famiglia dei Pieridi) è la specie che più frequentemente può creare problemi alle brassicacee.
L’insetto sverna come crisalide e gli adulti sfarfallano nella tarda primavera accoppiandosi e deponendo gruppi di uova sulla pagina inferiore delle foglie di piante ospiti. Le larve si nutrono della lamina fogliare lasciando spesso le sole nervature principali. Raggiunta la maturità le larve, inizialmente gregarie, si separano e si incrisalidano. Negli ambienti meridionali possono susseguirsi fino a cinque generazioni.
Altri pieridi che occasionalmente possono provocare danni al cavolfiore sono P. rapae (rapaiola) e P. napi (navoncella). È da segnalare che sono numerosi gli insetti antagonisti delle cavolaie, in particolare vari imenotteri braconidi del genere Apanteles.
Le nottue del cavolo (Mamestra brassicae, M. oleracea) sono molto comuni su tutte le brassicacee coltivate. Le larve si nutrono attivamente dei tessuti fogliari durante le ore notturne, rifugiandosi nel terreno alla base della pianta durante il giorno. L’insetto sverna come crisalide e gli adulti sfarfallano tra aprile e maggio. Dopo l’accoppiamento la femmina depone le uova in gruppi sulla pagina inferiore delle foglie. Le larve completano lo sviluppo in 40-60 giorni e allo stadio di larva di VI età si interrano a pochi centimetri per incrisalidarsi.
La tignola delle crucifere (Plutella xylostella) occasionalmente crea problemi alla coltura di vari tipi di cavolo con infestazioni anche di forte intensità. Le larve di I generazione vivono da minatrici, gli stadi successivi praticano erosioni sulla pagina inferiore delle foglie provocando lacerazioni necrotiche circolari. Gli adulti, con costumi crepuscolari, compaiono in primavera e danno origine fino a sette generazioni l’anno. Gli attacchi più pericolosi per la coltura in pieno campo sono quelli nelle prime fasi dopo il trapianto.
Articolo pubblicato sulla rubrica L’occhio del Fitopatologo di Terra e Vita
Abbonati o accedi all’edicola digital
La difesa
Per il controllo delle diverse specie di lepidotteri valgono alcuni criteri comuni come l’individuazione precoce dell’attacco (l’uso di trappole sessuali, se disponibili, è sempre raccomandabile) e il ricorso a trattamenti tempestivi sulle prime età.
L’uso di trappole sessuali per la cattura massale può contribuire validamente a contenere le infestazioni, soprattutto quando la strategia è applicata su superfici estese o per colture coperte. A tale scopo, efficaci ed economiche sono le trappole artigianali “ad olio”, costituite da un recipiente colmo d’acqua su cui si versa un sottile strato di olio e sulla quale si sospende a pochi centimetri di distanza l’erogatore del feromone, in modo che i maschi attratti finiscano per imbrattarsi le ali con l’olio, finendo nel liquido.
Per i trattamenti insetticidi contro i lepidotteri sono diversi i prodotti disponibili, che andranno scelti in funzione delle strategie di difesa (integrata o biologica) e del periodo di carenza, avendo cura di alternare prodotti con meccanismo di azione diverso per ridurre i rischi di insorgenza di forme di resistenza.