Gli agricoltori muniti di licenza di caccia possono abbattere i cinghiali? Sì, nelle Marche una legge regionale ha autorizzato gli agricoltori muniti di licenza di caccia a partecipare all’abbattimento dei cinghiali all’interno delle proprie aziende.
E la Corte costituzionale con sentenza n. 160/2020, bocciando un ricorso del Tar marchigiano, ha di fatto aperto alle altre Regioni la possibilità di percorrere la stessa strada legislativa per consentire agli agricoltori di difendersi dai cinghiali e dal resto della fauna selvatica.
Ma intanto il Governo Conte ha impugnato la nuova legge regionale lombarda regionale per il contenimento del cinghiale, suscitando le ire dell’assessore all’Agricoltura, Fabio Rolfi.
Cia Potenza e Matera: «Sentenza consulta apre possibilità difesa per agricoltori»
«La Corte Costituzionale, con sentenza n. 160/2020, ha bocciato il ricorso del Tar delle Marche contro la legge regionale che autorizza gli agricoltori muniti di licenza di caccia a partecipare all’abbattimento dei cinghiali all’interno delle proprie aziende.
Respingendo il ricorso, di fatto la Consulta ha aperto alla possibilità, per tutte le Regioni, di seguire l’esempio delle Marche. E quindi autorizzare gli agricoltori in regola con porto d'armi a difendere e tutelare la propria azienda e il relativo patrimonio colturale e zootecnico».
È quanto afferma il presidente provinciale di Cia Potenza e coordinatore regionale di Cia-Agricoltori Basilicata, Giambattista Lorusso, che invita «la Regione Basilicata a riprendere la decisione della Corte e adeguare la norma regionale per fronteggiare la stessa emergenza nei nostri territori, dove la presenza incontrollata e pericolosa di oltre 100.000 cinghiali devasta terreni e colture e manda in fumo lavoro investimenti e redditi».
Secondo Lorusso, è indispensabile procedere verso una nuova modalità di regolamentazione del sistema faunistico e venatorio. A tal fine, nelle more della più generale riforma, «pensiamo che possa rivelarsi efficace modificare l’art. 19 della legge 157/92, dando la possibilità all’agricoltore possessore di porto d’armi e in regola con le vigenti norme in materia di prelievo venatorio, di poter preservare e tutelare la proprietà fondiaria, le colture e le produzioni agricole in campo, dall’aggressione e dalla devastazione da parte della fauna selvatica, senza organizzarsi con la presenza delle autorità preposte».
Infine, continua Lorusso, «richiamiamo l’esigenza di affrontare in modo serio e definitivo la problematica tramite la generale e organica rivisitazione della legge, che incardiniamo su sette capisaldi proposti alle 20 Regioni e al Governo: passare dal concetto di protezione a quello di gestione; ricostruire il Comitato tecnico venatorio presso la Presidenza del Consiglio; distinguere le attività venatorie da quelle della gestione della fauna; prevedere personale ausiliario per il controllo e la gestione della fauna; prevedere il risarcimento totale dei danni; costituire una filiera venatoria che deve essere tracciata per la sicurezza e la salute pubblica; rafforzare l’autotutela degli agricoltori».
Coldiretti Toscana: «Seguire esempio Marche e autorizzare agricoltori a caccia»
Anche il presidente di Coldiretti Toscana, Fabrizio Filippi, riprende la storica sentenza della Corte costituzionale che ha dato ragione alla Regione Marche rispetto al piano regionale di controllo dei cinghiali.
«La Regione Toscana prenda esempio dalle Marche che ha avuto ragione anche davanti alla Corte costituzionale e con due delibere di giunta ha autorizzato gli agricoltori proprietari o conduttori dei fondi vita natural durante a poter abbattere i cinghiali, con evidenti effetti anche sugli altri selvatici che diventeranno abbattibili dagli stessi agricoltori o selecontrollori.
Sulla fauna selvatica, dai cinghiali ai piccioni selvatici, la Giunta regionale della Toscana deve passare dalle parole ai fatti, prenda impegni concreti e soprattutto la smetta di scegliere di non decidere, perché i tempi sono maturi per aiutare agricoltori e allevatori a salvare campi, produzioni e allevamenti dalla fauna selvatica.
Oggi si deve passare senza indugi dalle parole ai fatti con una delibera di Giunta completa del passaggio fondamentale che autorizza gli agricoltori a intervenire direttamente sui propri fondi per difendersi dai cinghiali e dai selvatici».
Rolfi (assessore Lombardia): «Contro decisione Governo che impugna nuova legge regionale»
«Il Governo è distante anni luce dalla realtà. Ha deciso di impugnare la nuova legge regionale lombarda per il contenimento del cinghiale. I ministri romani hanno gettato la maschera: per loro non esiste il problema in Lombardia. Del resto non hanno mai messo piede in un campo o in una azienda agricola».
Così l’assessore all’Agricoltura della Regione Lombardia, Fabio Rolfi, ha commentato l’impugnativa da parte del Governo Conte della legge regionale sulla caccia che prevede, grazie alle recenti modifiche, la possibilità di effettuare la caccia di selezione al cinghiale tutto l’anno, anche con l’utilizzo del visore notturno.
«Assistiamo quotidianamente a sfilate e ad annunci da parte dei ministri che in pubblico dicono di voler affrontare i problemi, ma poi nelle stanze istituzionali fanno l’esatto opposto. Ora hanno gettato la maschera. Per contenere il cinghiale non esiste un’alternativa alla caccia. O se qualcuno l’ha scoperta lo dica.
Abbiamo i campi devastati nelle zone alpine e prealpine. I cinghiali causano un incidente stradale ogni tre giorni nella nostra regione. Abbiamo registrato anche dei morti per colpa degli attraversamenti stradali» ha aggiunto Rolfi.
«Nel 2019 in Lombardia si sono registrati 128 incidenti stradali causati dal cinghiale per un totale di 199.453 euro di risarcimento e la Regione ha rendicontato circa 600.000 euro di danni causati da questa specie all’agricoltura. Siamo convinti che la legge regionale rientri perfettamente nei limiti disegnati dal quadro normativo nazionale e che in sede di corte costituzionale sarà riconosciuta la legittimità della nostra azione».