Il Coronavirus non ferma l’export dell’agrolimentare italiano

Non è il Coronavirus, ma la psicosi a ledere l’immagine dell'agroalimentare italiano all'estero. L'alzata di scudi delle organizzazioni di categoria

Il Grana Padano Dop viene esportato regolarmente in Grecia. La psicosi da Coronavirus non ferma l’export italiano. Stefano Berni, direttore generale del Consorzio di tutela del Grana Padano Dop, smentisce i titoli apparsi oggi su alcuni giornali a proposito di una richiesta da parte della Grecia di una certificazione “virus free”  per spedire in terra ellenica il Grana Padano prodotto da un’azienda consorziata. “I rapporti con la Grecia – spiega - continuano. Pochi minuti fa, ad esempio, ho senza indugi dato l’ok all’invio da parte di un esportatore di un container”.

Non occorre quindi, secondo il direttore del Consorzio di tutela del Grana Padano, penalizzare con notizie false e catastrofiche l’export di una delle punte di diamante dell’agroalimentare made in Italy. In Europa nel 2018 sono state esportate oltre 1 milione e 600mila forme di cui poco più di 41mila in Grecia (2,57%).

 

Berni, Consorzio di tutela: «Il Grana Padano in vendita oggi è stato prodotto oltre 10 mesi fa» 

«I titoli allarmistici – si legge in una nota - pubblicati oggi su alcune testate, ci stanno mettendo in grande difficoltà, peraltro in modo del tutto immotivato, oltre che non vero, fomentando ulteriormente la psicosi collettiva che ha preso piede in questi ultimi giorni e contribuendo ad alimentare una scorretta percezione dell’attuale congiuntura da parte degli Stati esteri».

Il Grana Padano posto al consumo, come ha ribadito Berni, è senza problemi: è stato prodotto oltre 10 mesi fa quando il Covid-19 (Coronavirus) ancora non esisteva. Inoltre le condizioni di stagionatura del Grana Padano inattivano ogni tipo di virus, quindi anche questo, che comunque si trasmette esclusivamente da uomo a uomo e non con contatti di altro tipo, come ha sottolineato in una nota l’Efsa, l’Autorità Europea per la Sicurezza alimentare, organismo di quell’Unione Europea di cui fa parte anche la stessa Grecia.

«Confido sul senso di responsabilità degli organi dell’informazione – ha concluso Berni - per ripristinare la verità dei fatti ed uscire dal bailamme in cui purtroppo siamo finiti senza motivo, a tutela prima di tutto del consumatore, e poi del mercato e delle migliaia di persone che fanno parte della filiera Grana Padano».

 

Rolfi, Regione Lombardia: «I prodotti lombardi sono sicuri»

In questa situazione complessa le rappresentanze sindacali e le associazioni di categoria sono tutte d’accordo sulla necessità di un abbassamento dei toni per evitare un ulteriore danno di immagine con ripercussioni pesantissime su tutte le attività agricole.

In una nota anche l’assessore all’agricoltura di Regione Lombardia, Marco Rolfi,  ha tranquillizzato gli allevatori. «I prodotti agroalimentari lombardi sono totalmente virus free. La questione non è nemmeno oggetto di discussione perché comprovata scientificamente, quindi non abbiamo bisogno di applicare alcun tipo di bollino da nessuna parte. La situazione è, dunque, sotto controllo e gli allarmismi ingiustificati rischiano di danneggiare pesantemente non solo i cittadini, ma anche le imprese». 

 

Occorre salvaguardare l’immagine made in Italy

Coldiretti, Confagricoltura e Alleanza delle Cooperative assieme ad altre associazioni di categoria del mondo economico hanno condiviso ieri un appello sul Coronavirus sottolineando l’esigenza di «lavorare insieme, mettendo a fattor comune gli sforzi e agendo in maniera coordinata per consentire al nostro paese di superare questa fase in maniera rapida ed efficace». Occorre, inoltre, evitare di diffondere sui mezzi di informazione una immagine e una percezione, soprattutto nei confronti dei partner internazionali, che rischia di danneggiare durevolmente il nostro made in italy e il turismo.

 

No a speculazioni sui prodotti agroalimentari made in Italy

Coldiretti ha fatto sapere che sono circa 500 le aziende agricole e le stalle confinate insieme a centomila mucche e maiali negli undici comuni della “zona rossa” fra Lombardia e Veneto, ma ha denunciato anche speculazioni sui prodotti, dal vino all’ortofrutta. L’organizzazione parla anche di speculazioni in atto sui prodotti agroalimentari made in Italy in alcuni Paesi che chiedono senza ragione certificazioni sanitarie su merci, dal vino alla frutta e la verdura soprattutto provenienti dalla Lombardia e dal Veneto. «Serve un impegno delle autorità nazionali e comunitarie - ha chiesto il presidente di Coldiretti, Ettore Prandini - per fermare pratiche insensate che rischiano di far perdere quote di mercato».

Il presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti, ha sottolineato l’impegno dell’organizzazione «nel fare la propria parte nell’affrontare quest’urgenza che, oltre ai gravi aspetti sanitari, rischia di aggravare una situazione economica già difficile». Confagricoltura, ha costituito una task force che segue attentamente la situazione e interviene sulle autorità competenti perché si riduca al massimo il disagio di imprese e lavoratori. «E’ inaccettabile, perché ingiustificato, ha ribadito ancora la nota di Confagricoltura, qualsiasi rallentamento dei nostri prodotti verso i mercati esteri».

Positivo il messaggio della Cia che assicura sulla regolarità dell’attività zootecnica nella zona rossa, con la produzione di latte e gli approvvigionamenti quotidiani di materia prima, ma segnala un impatto negativo in tutte le realtà produttive che hanno rapporti commerciali con le aree colpite.

Sul versante export, la Cia ha registrato, in base alle stime, una contrazione del mercato, con ordinativi al ribasso e disdette causati da un clima generale di sfiducia che sta contagiando i nostri principali sbocchi commerciali all’estero. Segnalate anche ripercussioni nel settore agrituristico, con numerose disdette dei turisti stranieri per i mesi di aprile, con le feste pasquali, e di maggio.

 

Assalzoo: difficoltà nella distribuzione di mangimi

Assalzoo, l’associazione che riunisce le industrie mangimistiche, ha sottolineato la sua «preoccupazione per le conseguenze economiche sulla zootecnia e sulla salute e per il benessere degli animali» legata alla sospensione delle attività lavorative nella “zona rossa” e le difficoltà sul rifornimento di materie prime sull’attività produttiva e sulla distribuzione di mangimi agli allevamenti.

L’associazione ha fatto sapere come  le aziende mangimistiche abbiano già messo in atto tutte le cautele possibili, limitando l’accesso nelle zone interdette solo ai dipendenti strettamente necessari in regime di emergenza. «Tuttavia, per mantenere adeguati livelli di produzione rispetto alle esigenze degli allevatori, è necessario mantenere il normale ritmo produttivo e sono indispensabili rifornimenti giornalieri di materie prime provenienti da fornitori che, di regola, operano all’esterno delle zone rosse».

Il Coronavirus non ferma l’export dell’agrolimentare italiano - Ultima modifica: 2020-02-28T21:28:42+01:00 da Francesca Baccino

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