Fare di necessità virtù.
Ovvero valorizzare al massimo quel che si ha. Un imperativo categorico per l’agricoltura di montagna, storicamente penalizzata dalla limitatezza delle risorse e dalla lontananza dai mercati. Un’attività che ha contraddistinto fino al recente passato sistemi economici fragili, spesso scossi da violente crisi produttive e di reddito.
Da qualche decennio invece aree come l’Alto Adige sono quelle caratterizzate dai sistemi agricoli più competitivi, con colture ad alto valore aggiunto, un’alta densità di innovazione e tassi di digitalizzazione tra i più elevati d’Italia.
«Gran parte del merito – spiega Michael Oberhuber Direttore del Centro di Sperimentazione Laimburg (a Vadena, Bz) – va attribuito alle scelte illuminate fatte da istituzioni locali che hanno saputo utilizzare al meglio i fondi dei piani di sviluppo, puntando su rigorose programmazioni di lungo periodo focalizzate su punti chiave come qualità, sostenibilità, aggregazione».
Articolo pubblicato sulla rubrica Attualità di Terra e Vita
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Programmi che spesso partono proprio dalla ricerca, che secondo alcuni dovrebbe invece essere pienamente autonoma, soggetta solo alla “valutazione tra pari”, senza intromissioni da parte della politica.
«L’autonomia dei ricercatori è un valore da salvaguardare: i 150 che operano a Laimburg si dedicano a produrre risultati applicabili nel settore agroalimentare.
Il nostro è tuttavia un centro di sperimentazione che si occupa di ricerca applicata. La nostra missione è quella di coltivare il legame con il territorio, ponendo attenzione ai problemi concreti del mondo agricolo e fornendo possibili soluzioni: la nostra sperimentazione é soggetta a questa missione».
«Sono oltre 340 i progetti e le attività di cui ci occupiamo. Il programma di attività viene elaborato e definito ogni anno in stretto coordinamento con le organizzazioni del settore. Proprio in questo periodo i comitati scientifici sono impegnati nella valutazione delle proposte in base alla loro fattibilità stabilendo un ordine di priorità. Una volta che il comitato scientifico approva la definizione delle priorità, viene redatto il programma di attività per l’anno seguente condividendolo con l’assessore provinciale competente».
«La ricerca è essenziale per rispondere alle enormi sfide del futuro: dobbiamo proteggere le nostre colture da eventi atmosferici sempre più intensi e difenderle dalla continua diffusione di organismi nocivi favoriti dal climate change. E dobbiamo farlo in modo sempre più sostenibile»
Uno schema che ora deve misurarsi con nuove sfide. I cambiamenti climatici in atto mettono in crisi l’agricoltura, ma per la montagna possono anche costituire nuove opportunità, alzando i limiti altimetrici di molte colture: nuovi territori da conquistare e nuova ricerca da programmare?
«La ricerca è essenziale per rispondere alle enormi sfide del futuro. Da una parte dobbiamo proteggere le nostre colture da eventi atmosferici sempre più intensi, dall’altra difenderle dalla diffusione di organismi nocivi favoriti dal climate change. E lo dobbiamo fare in modo sostenibile, sperimentando nuovi metodi biologici, tecniche colturali, varietà più adatte, soluzioni come le reti anti-insetti o il lancio di nuovi parassitoidi, contribuendo alla sostenibilità economica ed ecologica della produzione agricola».
«Che nell’Alto Adige è focalizzata su settori chiave come melo, vite e zootecnia. Una specializzazione che ha reso il nostro piccolo territorio un punto di riferimento internazionale, basti pensare che, con il volume di produzione raggiunto, saremmo in grado di fornire una mela all’anno ad ogni singolo abitante del pianeta».
«Abbiamo però l’esigenza di trovare valide alternative. È vero: in montagna l’aumento delle temperature può fornire l’opportunità di sfruttare zone microclimatiche che possono essere adatte a colture alternative che diano nuove possibilità alle nostre aziende. Stiamo intensificando le collaborazioni con altri enti di ricerca in questo senso, in particolare per il settore dei piccoli frutti. Al tempo stesso dobbiamo salvaguardare le attività tradizionali come la zootecnia che si basa su prati permanenti e pascoli localizzati in montagna».
Il 2021 è un anno chiave per Laimburg: proprio durante il lockdown è scaduto il programma prioritario lanciato dieci anni orsono: cosa è stato realizzato?
«Qualità, agrobiodiversità, altitudine/montagna, salute delle piante: sono questi i pilastri su cui si è focalizzata la nostra attività di ricerca 2010/2020. Riguardo al primo pilastro, progetti come Monalisa hanno consentito di individuare tecnologie innovative per valutare la qualità e le fasi di maturazione delle mele e di altri prodotti agricoli in tempo reale in modo non distruttivo».
«Progetti come Smart Land stanno invece dando un forte contributo in termini di sostenibilità, individuando una strategia di irrigazione mirata dei frutteti che si basa su un’unità di controllo elettronico compatta e su sensori di umidità del suolo. Per il pilastro agrobiodiversità i programmi di miglioramento genetico hanno consentito di registrare nuove varietà di mela come Lb 4852 e Lb 17906, nuovi cloni di Schiava, uno dei più importanti vitigni altoatesini. Un programma che si avvale del metodo della selezione assistita da marcatori per lo sviluppo di varietà multiresistenti. Il progetto CereAlp ha caratterizzato dal punto di vista agronomico nuove varietà locali di farro e segale, gettando le basi per il rilancio di queste coltivazioni. Sono stati rafforzati anche i programmi di selezione varietale su castagne, piccoli frutti e drupacee e avviate nuove sperimentazioni su nocciolo Actinidia arguta (minikiwi), uva da tavola e pero interspecifico».
Altri progetti?
«Per il pilastro “montagna” i risultati del progetto Vegemont hanno permesso lo sviluppo di un sistema gis che consente di valutare l’idoneità delle zone montane per la coltivazione di colture orticole e di fragole, webGras fornisce invece una stima online della qualità di foraggio di primo taglio di prati stabili mentre Inno4Grass è dedicato all’innovazione nella gestione degli alpeggi».
«L’obiettivo della protezione sostenibile delle colture è stato infine perseguito all’interno del pilastro “salute delle piante” attraverso la messa a punto di strategie di riduzione della deriva direttamente inserite nelle norme provinciali per l’uso sostenibile degli agrofarmaci; il progetto Dromytal ha consentito di sviluppare una trappola attrattiva a base di lievito per il controllo di Drosophyla suzukii e infine, grazie alla collaborazione dei cittadini che hanno contribuito alla cattura di oltre mille esemplari di cimice asiatica, è stato possibile mettere a punto le strategie per i lanci dei parassitoidi Trissolchus japonicus e Anastatus bifasciatus».
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E per il futuro? Quali sono i pilastri che contraddistingueranno l’azione del Centro di Sperimentazione Laimburg nei prossimi dieci anni?
«Il primo importante appuntamento per rilanciare l’attività di ricerca per il prossimo decennio sarà la conclusione e la diffusione dei risultati del “Piano d’azione per l’agricoltura montana e le scienze alimentari” prevista entro l’anno. L’obiettivo è quello di accompagnare scientificamente l’ampia gamma di prodotti dell’agricoltura altoatesina non solo durante la produzione, ma anche nella fase di trasformazione in prodotti tipici di alta qualità. Un lavoro che si è incentrato su carne, latte, piccoli frutti e drupacee e su prodotti trasformati come speck, wurstel, marmellate, distillati, ecc. All’interno di questo progetto è stato realizzato anche un confronto tra sistemi di allevamento di bovine da latte mettendo a confronto sistemi low e high input, con risultati accessibili a tutti visitando il maso sperimentale Mair am hof.
Grandi aspettative ci sono anche riguardo alle opportunità offerte dai programmi “Capacity building I +II” sostenute dalla Provincia Autonoma di Bolzano per promuovere la ricerca basata sulle nuove tecnologie.
Un progetto che ha consentito di sviluppare una rete di laboratori e servizi che fanno parte del network NOI TechPark, la struttura innovativa situata alle porte di Bolzano, tra cui laboratori per aromi e metaboliti, scienze sensoriali, enologia, microbiologia alimentare gestiti con la formula “Open Lab” che consente a start-up e aziende di usufruire di postazioni di lavoro, accedendo alle attrezzature d’avanguardia dopo un periodo di formazione da parte degli esperti del Centro».
I numeri di Laimburg
> 350 i progetti e le attività di ricerca svolte all’anno;
> 150 i ricercatori tra collaboratori e tirocinanti;
> 15mila, gli ibridi di melo presenti nei frutteti sperimentali
> 2019, l’anno dell’immissione in mercato delle prime varietà ottenute dal programma
di miglioramento genetico
> 2018, l’inaugurazione del Laboratorio per aromi e metaboliti nella sede distaccata del NOI TechPark a Bolzano sud
> 1975, anno di fondazione del Centro di Sperimentazione Laimburg a Vadena, nella Bassa Atesina.