Tessuti e tinte ecosostenibili da scarti agricoli. La seconda vita dei prodotti agricoli è green e fa tendenza. Colorare vestiti e accessori utilizzando tinte 100% naturali realizzate con gli scarti agricoli, come le foglie del carciofo bianco, le “tuniche” delle cipolle ramate, le scorze del melograno, i ricci del castagno o i residui di potatura del ciliegio e dell’ulivo. E' solo una delle buone pratiche aziendali protagoniste dell’iniziativa di Donne in Campo Cia-Agricoltori Italiani e Ispra, dedicata agli agri-tessuti amici dall’ambiente, svoltasi oggi a Roma.
Storie che mettono al centro la sostenibilità ambientale e la cura per la qualità, attraverso la creazione di nuovi sistemi di produzione a minor impatto, esortati anche dall’ONU nell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile. Come quella di Francesca Dini, che ha portato in passerella, per la prima volta, una collezione moda di abiti di origine forestale, prodotti da filati di cipresso, pelle di fungo e tessuti in sughero, eucalipto e faggio, conquistando così un posto d’onore al Palazzo di vetro delle Nazioni Unite di New York.
O come Gianni Berna che ha creato il primo allevamento di alpaca in Italia, costruendo una filiera completa dell’agro-tessile, che parte dal gregge, passa per la tosatura e filatura della lana e arriva fino al confezionamento di maglioni, sciarpe e coperte.
L'ecofriendly va di moda
Oggi, -spiegano Donne in Campo di Cia e Ispra- una maglietta richiede, in media, 2.700 litri d’acqua per essere prodotta, genera elevate emissioni di CO2 e utilizza soprattutto fibre e coloranti di sintesi. A fronte di questo, e poiché la produzione mondiale di indumenti è destinata a crescere del 63% entro il 2030, le potenzialità di una filiera del tessile ecologicamente orientata sono enormi, fino a rappresentare il 20% del fatturato del settore in Italia (4,2 miliardi). D’altra parte, già ora il 55% degli italiani è disposto a pagare di più per capi di abbigliamento ecofriendly.
L’evento romano nasce da un questionario ad hoc, condotto dalle due organizzazioni, sulla produzione sostenibile di fibre e tessuti da fonti naturali e di recupero, i cui risultati hanno dato vita al volume: “Filare, tessere, colorare, creare. Storie di sostenibilità, passione ed eccellenza”, che raccoglie i “campioni” italiani del settore, particolarmente attenti alla biodiversità, innovazione e all’economia circolare.
Le tinture naturali tutelano la biodiversità e il paesaggio
Sono tanti i vantaggi delle tinture naturali, collegate all’uso di fibre vegetali e animali (dalla lana alla seta, dal lino alla canapa). Si va incontro alle esigenze di una quota crescente di popolazione che avverte problemi di dermatiti allergiche da contatto dovute ai coloranti sintetici -sottolineano Donne in Campo Cia-Agricoltori Italiani e ISPRA-. Soprattutto, recuperando piante e scarti di coltivazione a uso tintorio, si contribuisce a riqualificare aree dismesse o degradate, e a consolidare i versanti, grazie all’elevato adattamento pedo-climatico, tutelando al contempo biodiversità e paesaggio.
E’ quello che ha fatto, per esempio, l’archeologa Assunta Perilli, tessitrice dell’Aquila, che ha riscoperto un’antica varietà di lino autoctona e le sue lavorazioni tradizionali, arrivando a confezionare il kilt donato a Carlo d’Inghilterra dal sindaco di Amatrice nella sua visita dopo il terremoto del Centro Italia. E poi c’è il riciclo, che trasforma il rifiuto in risorsa, come succede nel Consorzio biellese che raccoglie la lana grezza prodotta dagli allevamenti ovini da latte e da carne italiani e trasforma quello che è considerato un sottoprodotto da smaltire (con costose procedure) in filati di pregio, dopo processi di lavorazione e lavaggio con detergenti biologici e biodegradabili e tinte naturali.
«Con questo evento - ha detto Pina Terenzi, presidente nazionale Donne in Campo di Cia-Agricoltori Italiani - chiediamo di avviare con il Mipaaft e i Ministeri dell’Ambiente e dello Sviluppo economico, in collaborazione con l’Ispra, un percorso condiviso e partecipato per la costituzione di tavoli di filiera a sostegno della produzione certificata di fibre naturali per la produzione di agri-tessuti».
Presente, il sottosegretario alle Politiche agricole, Alessandra Pesce, che all’esortazione di Pina Terenzi ha risposto garantendo piena disponibilità «Accolgo con favore l’invito del tavolo di filiera, mi farò portavoce di questa richiesta». Pesce, ricordando che al Sud del nostro Paese le aziende condotte da donne sono il 50% sul totale, ha affermato che il Ministero ha chiesto quest’anno la riattivazione del premio De@Terra «Un progetto che mette al centro la sostenibilità, il sociale e la creatività, elementi strettamente connessi all’universo femminile».
Sul ruolo multifunzionale del settore agricolo, della diversificazione del reddito come opportunità di sviluppo per un’azienda, partendo dalle materie prime, è intervenuta l’assessore all’agricoltura della Regione Lazio Enrica Onorati. «Uno scarto può diventare impresa. La multifunzionalità è il motore per le imprese. Alla Regione Lazio stiamo lavorando affinché le imprese e nuove start up parlino sempre più al femminile, mettendo in campo idee innovative».
A conclusione dei lavori, il presidente della Cia, Dino Scanavino ha sottolineato quanto la ricerca e le nuove tecnologie siano fondamentali per sviluppare un’agricoltura sempre più multifunzionale e sostenibile «L’agricoltura del futuro ha bisogno di innovazione e di rafforzare il legame con il territorio».