«Il settore ortofrutticolo è pronto per affrontare la sfida della sostenibilità lanciata dal Green Deal: i frutticoltori sono da sempre più propensi di altri ad affrontare i cambianti, basti pensare alla capacità di adattamento dell'ortofrutta alle richieste del mercato di nuovi prodotti più adatti ai nuovi stili di consumo. Un valore aggiunto che deve essere riportato alla base della filiera ortofrutticola. Di quello che paga il consumatore al produttore resta in mano molto poco». A dirlo è il presidente nazionale di Cia-Agricoltori Italiani, Dino Scanavino, che nella giornata inaugurale di Macfrut Digital 2020 ha messo a fuoco le proporità del comparto ortofrutticolo con il webinar “L'ortofrutta italiana sulla strada del Green Deal: Pac, innovazione e chimica verde"
«È necessario, quindi, lavorare attreverso la Pac su almeno tre fronti: garantire agli agricoltori strumenti ad hoc per continuare a produrre e fare reddito e aumentare la resistenza alle crisi di mercato potenziando sempre di più il sistema aggregativo delle Op e delle organizzazioni interprofessionali che nell’ortofrutta sono una realtà già consolidata; far fronte ai crescenti rischi fitosanitari con minor disponibilità di sostanze attive lasciando più libertà alla ricerca. L’innovazione scientifica e tecnologica sarà essenziale per poter contare su soluzioni alternative, come quelle offerte dalla chimica verde, ma soprattutto chiediamo che le biotecnologie della cisgenetica e del genome editing vengano derubricate dall'elenco degli Ogm».
Come si stanno muovendo le imprese?
Il Farm to Fork, la biodiversità e l'economia circolare sono gli indirizzi del Green Deal di maggiore interesse per il settore ortofrutticolo e i dati presentati da Ersilia Di Tullio, di Nomisma, testimoniano quanto le aziende sono sensibili a temi quali innovazione e sostenibilità e quanto sono avviate in questa direzione.
«L’ortofrutta non rappresenta solo un pilastro dell’agricoltura Made in Italy, crescendo anche durante il lockdown con un balzo del 20% per la frutta e del 13% della verdura, ma traina l’intero sistema agroalimentare del Paese pure in fatto di propensione al cambiamento, forte delle 300 mila aziende del comparto che fatturano quasi 13 miliardi di euro e investono da tempo per essere all’avanguardia dal punto di vista economico e ambientale.
Oggi, infatti, il 28% delle imprese ortofrutticole nazionali fa biologico e il 36% si dedica alla produzione integrata. Sono aziende tecnologiche -come ha spiegato Nomisma nel corso del webinar Cia- che utilizzano software di gestione (il 14%), centraline meteo (8%), macchine con guida assistita, semi-automatica e Gps integrato (7%), applicazione a dosaggio variabile e sensori della pianta e del suolo (4%). Inoltre, il 71% delle aziende dell’ortofrutta ricorre a impianti per il risparmio idrico e il 33% produce energie rinnovabili, in prevalenza fotovoltaico».
«È vero sì che i dati raccolti si riferiscono ad un panel di indagine costituito da aziende agricole di grandi dimensioni (63 ha la dimensione media), quindi tendenzialmente più propense all'innovazione, ma sono trend che si evidenziano anche in realtà più piccole».
Il ruolo della chimica verde
L’innovazione e, nello specifico, l’utilizzo di tecniche alternative e di integrazione ai mezzi tradizionali, saranno cruciali per il raggiungimento degli ambiziosi obiettivi.
«La chimica verde offre soluzioni innovative a elevata sostenibilità per tutte le fasi della produzione ortofrutticola, dalla gestione in campo delle colture al post raccolta - spiega Sofia Manelli, presidente dell'associazione Chimica Verde Bionet. Per questo abbiamo elaborato alcune linee guida essenziali per un concreto sviluppo della chimica verde in modo da promuoverne la crescita in Italia, sulla base di principi di sostenibilità, perfezionati dal mondo della ricerca e da esperti del settore. Si parla di soluzioni applicabili negli ambiti dei biopesticidi, biostimolanti e corroboranti, bioplastiche, ma anche gestione dei residui agricoli e agroindustriali per l'ottenimento di compost, biogas e prodotti farmaceutici.
«Resta fondamentale però dotarsi di una normativa in materia che non sia ambigua come quella attuale e velocizzare la burocrazia, due fattori che continuano a bloccare molte opportunità».