La necessità di modernizzare la mandorlicoltura italiana, insieme ad altre colture agricole di valore strategico, è ormai una priorità: migliorare i sistemi produttivi delle nostre colture storiche principali, individuare le più adatte per il nostro territorio e migliorarle, innovarle e renderle più produttive e competitive nel mercato nazionale e internazionale deve essere l’obiettivo principale dei prossimi anni per l’agricoltura del nostro Paese.
Molti stati europei hanno meccanizzato il proprio settore agricolo utilizzando manodopera formata e specializzata, facendo produzioni biologiche a prezzi contenuti che permettono rendere i loro prodotti competitivi nel mercato internazionale. Oggi poi l’agricoltura mondiale è chiamata a svolgere un ruolo determinante davanti alla esigenza di aumentare la produzione di cibo per sfamare un numero sempre maggiore di persone. Allo stesso tempo è fondamentale migliorare la qualità davanti alla crescente richiesta di alimenti vegetali, dovendo farlo in maniera sostenibile con una particolare attenzione verso l’apporto idrico e la tutela del territorio.
Per fortuna attualmente in Italia stanno prendendo avvio progetti di filiera con l’obiettivo migliorare la situazione attuale. In questo articolo si analizzeranno i benefici della modernizzazione della mandorlicoltura e la situazione in Sardegna del settore.
Le priorità per il comparto
La domanda mondiale di mandorle cresce ogni giorno di più, dal 1998 fino al 2018, siamo passati da 500.000 tonnellate di domanda all’anno, agli attuali 1.500.000 tonnellate all’anno (secondo la Almond board of Australia).
L’offerta in Europa è coperta in parte dalla Spagna, terzo produttore mondiale e primo europeo con 51.600 tonnellate all’anno, il resto si copre con la produzione americana, primo produttore mondiale con 840.000 tonnellate (Dati Irta Catalogna) però con varietà americane con guscio morbido che non sono le preferite del mercato italiano. La produzione mandorlicola italiana è rimasta localizzata in Sicilia principalmente, si tratta però di una produzione insufficiente per la grande domanda del mercato italiano che tradizionalmente ha usato la mandorla e i suoi derivati in settori strategici come quello dell’industria dolciaria.
L’importanza dell’innovazione e della modernizzazione per un settore come quello mandorlicolo non può più essere messa in dubbio. È di primaria importanza per renderlo competitivo nel mercato internazionale, ma prima di tutto per soddisfare la domanda interna e allo stesso tempo per renderlo compatibile con le nuove domande sociali di rispetto dell’ambiente, dell’uso razionale di risorse naturali e per la creazione di posti di lavori dignitosi in campagna.
I sistemi meccanizzati si utilizzano da anni con successo in molti settori. Solo attraverso la modernizzazione e la tecnologia si può garantire produzione di qualità, reddito per l’agricoltore e uso razionale delle risorse, e già oggi per molti paesi vicino al nostro il mantra più tecnologia meno pesticidi è una realtà tangibile ed efficiente.
Meccanizzazione, costi e benefici
I benefici della tecnologia nella mandorlicoltura riguardano tutte le fasi: dalla messa a dimora con Gps finno alla potatura e alla raccolta. La meccanizzazione consente una riduzione dei tempi e un utilizzo minore di manodopera, ma contemporaneamente porta alla nascita di nuovi posti di lavoro per figure professionali specializzate per la conduzione e la manutenzione delle macchine, per la raccolta e l’organizzazione dei dati, comprese le attività negli stabilimenti di trasformazione, includendo attività come il packing, a logistica e per il marketing digitale.
I sistemi meccanizzati hanno dei riscontri positivi per l’ambiente e aiutano a raggiungere l’obiettivo di un’agricoltura sostenibile. Non solo permettono infatti di ridurre l’impiego di pesticidi, ma anche di utilizzare gli scarti del processo mandorlicolo che possono essere riutilizzati nell’ottica dell’economia circolare (per esempio il guscio si sta utilizzando per la produzione di biomassa). Così la mandorlicoltura moderna diventa anche un modo di produzione energetica aiutando ad alimentare le caldaie delle piccole aziende del settore.
Per quanto riguarda il consumo d’acqua nel mandorleto irrigato ad alta densità è di circa 4.000 m3 di acqua per anno ad ettaro con una produzione media di 2.000/2.500 kg di mandorle sgusciate per ettaro, preferibilmente con irrigazione con ala gocciolante, essendo quest’ultimo il sistema migliore per controllare e risparmiare l’apporto idrico. Invece la stessa quantità di acqua applicata al mandorleto tradizionale (sesto d’impianto più ampio e varietà di prima generazione) da una produzione media che oscilla tra i 300/400 kg di mandorle sgusciate per ettaro. È chiaro come la stessa quantità d’acqua nei sistemi moderni produce una quantità di mandorle 6 volte superiore, mantenendo le stesse qualità organolettiche del prodotto e favorendo in questo modo l’ottimizzazione dell’uso dell’acqua ed evitando sprechi ormai non ammissibili.
Contrariamente a quello che si pensa fuori dal settore specializzato, l’uso dell’alta densità meccanizzata in molte colture agricole, non solo non prevede un utilizzo indiscriminato delle risorse naturali, ma è una metodologia di uso razionale delle risorse che nelle produzioni chiamate (scorrettamente) tradizionali estensive sono state storicamente mal gestite e sprecate.
Per quanto riguarda le cultivar di mandorlo più adatte per il sistema meccanizzato sono quelle di terza generazione con fioritura tardiva e autoimpollinanti che permettono di evitare le gelate essendo più produttive senza dipendere dalla impollinazione incrociata e dando un prodotto più omogeneo, con scarsa presenza di mandorle doppie e con una bassissima percentuale di mandorle amare.
L’impiego della tecnologia, è risaputo, ha dei costi e questo è un problema per le aziende soprattutto quelle di piccole dimensioni, ma nella mandorlicoltura moderna le superfici di 2/3 ettari possono diventare già redditizie e capaci di ammortizzare l’investimento iniziale grazie a un’entrata in produzione al terzo anno. Se a questo sommiamo che le lavorazioni annue più importanti (potatura e raccolta) vengono realizzate abitualmente da aziende di contoterzismo a prezzi contenuti, vediamo come anche le piccole aziende possono permettersi la modernizzazione dei propri sistemi produttivi.
Positiva anche per il biologico
Non si può tralasciare poi il discorso che le colture meccanizzate si adattano al sistema biologico e questo comporta numerosi vantaggi: da una parte vantaggi ambientali, perché non si contaminano le falde acquifere o il suolo, dall’altra parte si commercializza un prodotto la cui richiesta sul mercato sta aumentando, e aumenterà ancora di più grazie alla legislazione europea che prevede di raggiungere la percentuale del 25% delle superfici in biologico entro il 2030 (ora in Europa le superfici coltivate in bio sono l’8,5%).
Le colture biologiche consentono anche di tutelare la biodiversità, uno dei benefici più importanti infatti è che le superfici in bio hanno circa il 30% in più di biodiversità. Contrariamente a quello che si pensa le colture ad alta densità in bio sono un grande alleato per la salvaguardia delle colture storiche e tradizionali rendendo le aziende piccole, competitive e sane economicamente e permettendo che una parte dei propri benefici si reinvestano nella coltivazione di varietà locali ormai quasi abbandonate a causa della loro poco redditività.
La specificità insulare
Per quanto riguarda la Sardegna, l’isola, come molte altre regioni, utilizza tecniche di produzione obsolete, non si è modernizzata, è rimasta scettica davanti alla tecnologia e alla innovazione del settore mandorlicolo (e non solo), non ha portato avanti progetti di ricerca sulle varietà storiche per adattarle ai sistemi produttivi meccanizzati, e di conseguenza ora l’industria dolciaria dell’isola per i propri prodotti deve comprare mandorle spagnole e californiane o siciliane se va bene. Inoltre non si può non tener conto dell’aumento del consumo della frutta a guscio e di prodotti vegetali dovuto, da una parte alla ricerca di cibi sostenibili (alternativi alla carne), dall’altra per una scelta di benessere e di salute.
La Sardegna per essere competitiva deve ridurre i costi di produzione e aumentare questa, e può farlo esportando prodotti di qualità in quantità. Per questo è necessario un rinnovo del settore abbracciando sistemi che consentano alle aziende produrre in quantità almeno per il territorio assicurando la qualità di vita dei produttori e anche la sostenibilità e l’indipendenza alimentare del te rritorio. Per il futuro dell’isola si spera in un cambiamento verso sistemi tecnologici ed innovativi che permettano di aumentare la produzione, coprendo la domanda interna ed evitando l’importazione di mandorle che potrebbero essere coltivati nell’isola.
Per quanto riguarda la situazione attuale, si stanno facendo notevoli passi avanti verso la modernizzazione del settore. Sono stati già impiantati 35 ettari di mandorlo in sistemi ad alta densità e media densità nel Sud Sardegna con varietà di mandorlo di ultima generazione ( Laurenne, Guara e Vairo con un’entrata in produzione già al secondo anno intorno al 30% della loro capacità) con risultati promettenti, nella speranza successivamente che anche in questo settore, come si sta già facendo in quello olivicolo, si riscoprano e si adattino ai sistemi meccanizzati le storiche cultivar locali.
Si prevede di impiantare tra 2022 e 2023 altri 45 ettari che coinvolgono 10 aziende nel Sud Sardegna grazie al progetto di filiera portato avanti da S’Atra Sardigna, cooperativa storica del biologico nell’isola con centro di trasformazione delle mandorle progettato a Sestu (CA). Inoltre si sta costituendo il Bio Distretto Sud Sardegna promosso da Copagri Sardegna, S’Atra Sardigna, Cia e Asab con l’obiettivo di sviluppare varie filiere tra cui quella delle mandorle, all’interno di un progetto di sviluppo più ampio che permetta valorizzazione i sistemi produttivi a carattere biologico.
Quello che si sta facendo testimonia che la volontà e i progetti in questo senso sono reali e che si può pensare di iniziare a soddisfare, almeno in parte, la domanda interna di mandorle, e questo è da considerare già un ottimo risultato.