La “cura da cavallo” per il riso sembra funzionare: da un lato l’etichettatura obbligatoria introdotta a livello nazionale, dall’altro la clausola di salvaguardia introdotta a livello comunitario per contrastare le importazioni a dazio zero da Cambogia e Myanmar.
Ma il quadro non è completo: sulla bilancia dell’analisi bisogna considerare altri due fattori di rilievo: da un lato la riduzione delle superfici nell’ultimo biennio, diretta conseguenza della crisi di mercato che perdurava ormai da anni; dall’altro, le rese che, per alcune varietà, sono state discontinue nell’ultimo raccolto su base varietale.
Il risultato? Il mercato, almeno allo stato attuale, viaggia a vele spiegate, soprattutto per alcune varietà, come ad esempio i “tondi”.
Numeri favorevoli
Uno sguardo ai numeri: allo stato attuale (fonte Ente Risi) è stato venduto già il 63,15% rispetto ad un produzione totale generale italiana pari a 1.490.231 tonnellate (di cui 410.650 da interno, già venduto il 62,06%); lo scorso anno, alla stessa data del 15 marzo, era stato venduto il 58,20% di 1.638.296 tonnellate.
I prezzi: per alcune varietà, come detto, sono decollati: ad esempio il Selenio è passato dai 250-290 euro/tonnellata del 13 marzo 2018 ai 425-480 dell’ultima quotazione (fonte Borsa Risi di Vercelli. Altro esempio valido è quello del Carnaroli che dai 240/288 euro/tonnellata del 13 marzo 2018 (un prezzo molto basso rispetto alle medie dei decenni passati e delle caratteristiche del prodotto) si è passati a 430/480 euro/tonnellata. E così via anche per l’Arborio, un anno fa a 275-290 euro/tonnellata, che oggi tocca fino a 510 euro, quotazione più alta di tutto il mercato attuale.
Diverso il discorso per i “Lunghi B”: dai 273-283 euro/tonnellata di un anno fa sono passati a 309-327: un aumento, certo, ma più contenuto.
Revoca preferenza tariffarie
Notizie positive arrivano anche sul fronte internazionale: oltre alla clausola di salvaguardia dei dazi per il riso delle varietà Indica lavorato e semilavorato, la Commissione europea ha deciso di aprire una procedura di revoca temporanea delle agevolazioni (preferenze tariffarie) concesse alla Cambogia.
Ora l’Unione Europea dovrebbe quindi attivare un periodo di monitoraggio di sei mesi, più altri quattro per le conseguenti esposizioni e controdeduzioni, come da prassi: se la Commissione dovesse quindi ravvisare gli estremi di una revoca temporanea delle agevolazioni, essa riguarderebbe tutti i prodotti importati e, di conseguenza, anche gli stati di lavorazione attualmente esclusi dalla clausola di salvaguardia, ovvero il risone, il semigreggio e le rotture.