Dovrebbe partire il 27 luglio dal porto ucraino di Chornomorsk il primo carico di grano dopo l’accordo siglato separatamente dalle delegazioni di Russia e Ucraina a Istanbul, in base al quale si prevede lo sblocco di oltre 20 milioni di tonnellate di cereali ferme da mesi nei porti del Mar Nero dopo l’invasione russa.
L'intesa permetterà l’arrivo in Italia di quasi 1,2 milioni di tonnellate di mais per l’alimentazione animale, grano tenero per la panificazione e olio di girasole. È quanto stima la Coldiretti (sulla base dei dati Istat relativi al commercio estero 2021), nel commentare positivamente gli effetti della firma dell'accordo raggiunto tra Nazioni Unite, Turchia, Ucraina e Russia per assicurare i traffici commerciali nei porti del Mar Nero.
La "tregua", firmata dal ministro della Difesa Shoigu per la Russia e il ministro delle infrastrutture Kubrakov per l'Ucraina - che si sono alternati al tavolo senza incontrarsi - è valida per tre mesi (ma prorogabile) e riguarda al momento solo il grano fermo nei silos dei porti ucraini di Odessa, Chernomorsk e Yuzhny. Turchia e Onu monitoreranno il passaggio delle navi mercantili attraverso un corridoio non minato fino ai porti turchi senza scorte da parte di navi militari.
Perché l'accordo è importante per l'Italia
Lo sblocco delle spedizioni è importante per l’Italia in una situazione in cui - evidenza Coldiretti - senza precipitazioni rischiano di dimezzare i raccolti nazionali di foraggio e mais destinati all’alimentazione degli animali di cui l’Italia è peraltro fortemente deficitaria, mentre la produzione di grano tenero risulta in calo del 20%. Caldo e siccità – precisa Coldiretti – hanno colpito duramente la pianura padana dove si concentra 1/3 della produzione agricola nazionale e circa la metà degli allevamenti dai quali nascono formaggi e salumi di eccellenza Made in Italy.
Stop alla crisi alimentare globale
L'accordo è altresì importante, sottolinea Coldiretti, per salvare dalla carestia quei 53 Paesi dove la popolazione spende almeno il 60% del proprio reddito per l'alimentazione ma anche per i Paesi più sviluppati costretti ad affrontare una crescente inflazione spinta dal carrello della spesa e favorita dalla crisi energetica ma anche dai cambiamenti climatici che con caldo e siccità hanno tagliato i raccolti.
L'Italia importa il 62% del proprio fabbisogno di grano
L’ emergenza mondiale riguarda direttamente anche l’Italia che è un Paese deficitario ed importa il 62% del proprio fabbisogno di grano per la produzione di pane e biscotti e il 46% del mais di cui ha bisogno per l’alimentazione del bestiame. L’analisi della Coldiretti evidenzia peraltro che l’Ucraina è il nostro secondo fornitore di mais con una quota di poco superiore al 13% (785 milioni di chili), ma garantisce anche il 3% dell’import nazionale di grano (122 milioni di chili), senza dimenticare gli arrivi di 260 milioni di chili di olio di girasole.
Prandini: «costretti ad importare per via dei bassi compensi riconosciuti agli agricoltori»
«L’Italia è costretta ad importare materie prime agricole a causa dei bassi compensi riconosciuti agli agricoltori che hanno dovuto ridurre di quasi 1/3 la produzione nazionale di mais negli ultimi 10 anni», afferma il presidente della Coldiretti Ettore Prandini che sottolinea l’importanza di intervenire per contenere il caro energia ed i costi di produzione con misure immediate per salvare aziende e stalle e per programmare il futuro. «Occorre lavorare da subito per accordi di filiera tra imprese agricole ed industriali con precisi obiettivi qualitativi e quantitativi e prezzi equi che non scendano mai sotto i costi di produzione come prevede la nuova legge di contrasto alle pratiche sleali ma – conclude Prandini – serve anche investire per aumentare produzione e le rese dei terreni con bacini di accumulo delle acque piovane per combattere la siccità».
Giansanti: «l'accordo consentirà di liberare le strutture necessarie per lo stoccaggio dei nuovi raccolti»
«L’accordo raggiunto è positivo anche sotto un altro aspetto di rilievo: la ripresa delle vendite all’estero da parte dell’Ucraina consentirà di liberare le strutture necessarie per lo stoccaggio dei nuovi raccolti, facilitandone l’ordinata commercializzazione», afferma il presidente di Confagricoltura Massimiliano Giansanti.
«Seguiremo con particolare attenzione anche gli eventuali effetti che lo sblocco dell’export agricolo ucraino potrà avere sulle quotazioni internazionali dei cereali», conclude il presidente della Confederazione.
Secondo i dati ancora provvisori dell’Istat, nei primi tre mesi di quest’anno il saldo valutario dell’Italia per l’interscambio con l’estero di cereali, semi oleosi e farine proteiche è risultato negativo per 781 milioni di euro, con un incremento di 240 milioni sullo stesso periodo del 2021.
Prezzo del grano. Torna ai livelli precedenti l'attacco russo in Ucraina
Il grano tenero viene scambiato a 784,5 dollari per ogni singola unità contrattuale da 5mila staia (-2,64%), come lo scorso 16 febbraio, una settimana prima dell'attacco di Mosca a Kiev. Analoga la dinamica del grano duro (-2,32% a 841,25 dollari per 5mila staia), poco sotto la chiusura dello scorso 18 febbraio.
Credevo che la strategia di riaprire alle importazioni dall’Ucraina (ininfluenti sul mercato nazionale fino a prima della crisi) fosse quella di riportare al centro dell’agenda la sicurezza alimentare.
Ora, vedere che le due maggiori organizzazioni agricole si rallegrano del fatto che i cereali prodotti a costo di produzione di 2000 euro/ha potranno “finalmente” tornare a ad una PLV di 1500 euro/ha mi sconcerta.
Quali interessi ci sono realmente dietro?
Mi piacerebbe davvero di saperlo
Cerealicoltura ormai da tempo affossata dalle organizzazioni agricole (agricole…) e dalla UE.
Meglio soli che male accompagnati