Fertilizzanti, la situazione è fuori controllo

In questo periodo i magazzini di Ravenna si presentano così, praticamente vuoti
I prezzi dei fertilizzanti hanno raggiunto livelli impensabili e il mercato è in pieno fermento. Ecco le testimonianze dei principali attori della filiera nazionale

Prima il lockdown da Covid, poi l'impennata dei prezzi delle materie prime e infine la guerra in Ucraina. Si tratta di un mix esplosivo che ha gettato lo scompiglio in un settore lei cui dinamiche attualmente sono difficilmente controllabili e modificabili.

Si cercano allora delle alternative. Fra queste  il rilancio dei concimi organo-minerali (per i quali l'Italia non dipende dall'estero), l'impiego dei prodotti a lenta cessione (il cui prezzo è diventato competitivo), la distribuzione di precisione (che permette di risparmiare prodotto) e l'innovazione tecnologica. In attesa che la situazioni si ristabilisca.

Anteprima del primo piano di Terra e Vita 12/2022

Abbonati e accedi all’edicola digitale

Ecco le testimonianze dei rappresentanti dei produttori e dei commercianti.

 

GIOVANNI TOFFOLI
Presidente Assofertilizzanti-Federchimica

Prima l’aumento dei prezzi delle materie prime, adesso la guerra in Ucraina. I produttori di fertilizzanti stanno così attraversando un momento difficile. La guerra ha complicato la problematica dei prezzi o possiamo parlare di due problemi distinti?

«In un mondo estremamente interconnesso come quello odierno, è chiaro che tutti i fattori citati hanno un’influenza l’uno sull’altro. Purtroppo, gli avvenimenti recenti destano particolare preoccupazione per le Imprese del settore dei fertilizzanti, che sono state chiamate a gestire tutta una serie di dinamiche che sono al di fuori del proprio controllo. Anche prima dello scoppio del conflitto in Ucraina, avevamo osservato un aumento della domanda di fertilizzanti a livello mondiale, e i prezzi eccezionalmente alti del gas hanno gravato fortemente sui costi di produzione dei fertilizzanti. Tale quadro, già di per sé molto complesso, è stato poi reso ulteriormente critico dall’interruzione delle importazioni di fertilizzanti provenienti dalla Russia verso l’Unione europea – che, stando ai dati Eurostat, nel periodo 2020-2021 si aggiravano intorno al 30% del totale.

Riassumendo, sì, almeno in questa prima fase il conflitto sta fortemente condizionando i prezzi dei fertilizzanti».

Cosa possono fare i produttori di fertilizzanti per attutire il colpo? Ritiene che proposte alternative come quella di rendere più semplice l’iter per utilizzare l’uso di liquami possa risolvere in parte il problema?

«Faccio una premessa doverosa: come Associazione riteniamo che ogni agricoltore dovrebbe poter scegliere liberamente i mezzi tecnici e le pratiche di fertilizzazione che ritiene più opportune per la propria azienda agricola.

Sicuramente, per quanto riguarda i produttori di fertilizzanti, tutti stanno cercando di diversificare le proprie fonti di approvvigionamento e di investire in innovazione per mettere quanto più possibile in sicurezza le produzioni. In particolare, acquisiranno sempre maggiore importanza le attività di ricerca e sviluppo, da tempo già avviate dalle Imprese – e che auspichiamo possano essere sempre più incentivate dalle Istituzioni - volte all’individuazione di nuove materie prime, quali, ad esempio, la green ammonia, la struvite e altre unità nutritive provenienti dalle attività di recupero, nel pieno rispetto dei principi della circular economy.

Al contempo, però, dobbiamo tener conto del quadro normativo che regolamenta l’uso e/o l’immissione sul mercato dei fertilizzanti. Qualsiasi prodotto utilizzato per la nutrizione vegetale, a prescindere dalla sua origine o dal processo produttivo alle sue spalle, deve rispettare diverse prescrizioni di legge, al fine di tutelare la salute del consumatore e dell’ambiente.

In tale contesto, come Associazione, riteniamo che, al fine di garantire un più rapido inserimento di tutti i nuovi prodotti sviluppati dalle Aziende all’interno del Decreto Legislativo 75/2010, sia auspicabile un’accelerazione dei processi di valutazione da parte di tutti i comitati tecnici consultivi coinvolti».

È comunque possibile spostarsi su prodotti alternativi?

«In realtà credo che sia scorretto parlare di “prodotti alternativi” quando si parla di fertilizzanti. Al fine di garantire una corretta nutrizione delle piante, infatti, è fondamentale avere un giusto bilanciamento dei vari elementi nutritivi, anche e soprattutto a seconda delle esigenze pedoclimatiche e delle specificità delle colture di riferimento. Come detto sopra, è proprio sulla base di tali caratteristiche che l’agricoltore stabilisce quali interventi attuare e come agire nel modo più mirato possibile. Di conseguenza, in quel momento, per l’agricoltore, la tipologia di fertilizzante prescelta diventa pressoché insostituibile, rendendo, di fatto, impossibile immaginare alternative».

Secondo lei la materia prima è disponibile ma è solo un problema di costi, oppure l’incremento dei prezzi è strettamente legato alla mancanza di materia prima?

«I due aspetti sono ovviamente strettamente interconnessi e l’uno può essere sia causa che conseguenza dell’altro. Le difficoltà di approvvigionamento, anche in termini di costi crescenti per la produzione di fertilizzanti, infatti, sono dovute a molteplici fattori. Un aspetto sicuramente molto rilevante da considerare è la crescita della domanda interna di fertilizzanti in alcuni importanti Paesi produttori di materie prime, tra cui Cina, Russia ed Egitto, che, anche prima dell’esplodere del conflitto in Ucraina, avevano ridotto i quantitativi di fertilizzanti esportati, creando, di conseguenza, una maggiore domanda su mercati internazionali.

Il conflitto, come dicevamo, ha reso ancora più critico questo aspetto a causa non solo del blocco delle esportazioni da parte della Russia e della Bielorussia, ma anche delle possibili conseguenze sulle esportazioni ucraine di urea.

Nell’immediato, pertanto, assistiamo a pesanti ricadute sui prezzi dei fertilizzanti, anche se, ad oggi, non possiamo parlare di mancanza di materia prima per il nostro Paese. Diversa, purtroppo, potrebbe essere la situazione per la prossima campagna agraria (settembre – ottobre), durante la quale potrebbero verificarsi conseguenze negative anche nell’approvvigionamento dei fertilizzanti potassici, dove Russia e Bielorussia hanno quote molto importanti di produzione,  e costringerà le Imprese a rifornirsi da nuovi mercati che, causa nuovo rapporto domanda/offerta, verosimilmente innalzeranno ulteriormente i prezzi con gravi ripercussioni sui costi di produzione delle derrate alimentari».

Presto entrerà in vigore la nuova normativa europeo sui fertilizzanti. Secondo lei questo può rappresentare un aiuto o un ulteriore problema per il settore?

«Come Assofertilizzanti riteniamo che il nuovo Regolamento rappresenti un’opportunità per il settore, creando un quadro unico di riferimento per tutti i prodotti a livello europeo e fornendo una maggiore armonizzazione della normativa all’interno dei singoli Stati membri. Tuttavia, a causa dei gravi ritardi determinati dal rallentamento dei lavori per l’implementazione delle nuove disposizioni, non sarà possibile dare fin da subito piena attuazione al Regolamento Ue 2019/1009».

Tutte le categorie di prodotto risentiranno di tale situazione, con il rischio di un ulteriore aggravio per le Imprese per l’immissione in commercio dei fertilizzanti. In questo momento, ad esempio, desta particolare preoccupazione la mancanza di un numero adeguato (a livello europeo) di Organismi notificati per la messa a punto delle valutazioni di conformità e di misure ad hoc per la gestione della fase transitoria dei concimi minerali che, attualmente, rispondono al Regolamento CE 2003/2003. In quest’ultimo caso, senza l’auspicata adozione di tali misure, infatti, il rischio è che gli attuali “concimi CE” non possano più essere commercializzati dal 16 luglio 2022 – data di entrata in applicazione del nuovo Regolamento – poiché si troveranno in una situazione di stallo normativo

LUIGI PETRALLI
Consigliere Compag con delega ai fertilizzanti

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

L’aumento del costo delle materie prime e poi la guerra in Ucraina. Quali sono le principali conseguenze per i rivenditori di prodotti per l’agricoltura?

«A guardar bene il problema del mercato dei fertilizzanti è iniziato prima della guerra con un forte aumento dei prezzi delle materie prime già nel 2020; i mercati avevano preannunciato la crisi.

Una rilevante conseguenza di questa situazione sul sistema distributivo che vorrei evidenziare è la necessità da parte dei commercianti di incrementare la propria disponibilità finanziaria per far fronte agli acquisiti dell’agricoltore che, in genere, paga quando riesce a incassare vendendo i suoi prodotti. Molti forse non se ne sono ancora  resi conto ma questo sta creando non pochi problemi. Si pensi solo alla vendita di un camion di urea il cui prezzo è triplicato, impegnando un capitale triplo rispetto allo scorso anno per la stessa vendita. E questa maggiore richiesta finanziaria si distribuisce su tutta la catena distributiva che in fin dei conti sostiene l’agricoltore e lo finanzia. Sarebbe dunque auspicabile un sostegno tipo garanzia del credito sostenuta dallo Stato che aiuti le aziende ad affrontare questo problema, legato ad una emergenza evidente. Esistono infatti al momento simili incentivi governativi per affrontare i maggiori costi energetici ma non certo  per sostenere le maggiori anticipazioni di magazzino e quindi i commercianti di prodotti per l’agricoltura devono risolvere i problemi autonomamente.

L’alternativa potrebbe essere quella di vendere meno merce mantenendo lo stesso fatturato, ma questo sarebbe un ulteriore elemento limitante per la disponibilità di mezzi per l’agricoltura. Il problema riguarda anche gli agrofarmaci, sia pure in maniera probabilmente  minore, dato che i forti aumenti di questi non hanno raggiunto i valori percentuali a tre cifre dei fertilizzanti; anche qui si prevede però una disponibilità limitata a causa della difficoltà di approvvigionamento».

Quali provvedimenti state mettendo in atto per cercare di alleviare la situazione? Ci sono prodotti a prezzi più bassi da proporre al posto di quelli i cui prezzi sono in impennata?

«In questo momento i prezzi dei fertilizzanti minerali (in special modo gli azotati ma non solo), per i quali l’Italia è assolutamente dipendente dall’estero, sono folli. L’Italia è per fortuna un importante produttore di concimi organici e organo-minerali, per i quali abbiamo fra l’altro un saldo commerciale positivo. Si tratta di prodotti sempre più richiesti, che non avendo le stesse caratteristiche dei prodotti minerali, si pensi per esempio al fatto che in genere non contengono all’azoto minerale a pronto effetto, vanno posizionati correttamente nell’impiego, e questo suggerimento è senz’altro un compito che spetta a chi li fornisce. Rappresentano però la risposta più ragionevole per far fronte alle attuali difficoltà di mercato. E sono stati richiesti moltissimo, con una offerta che per forza di cose non poteva crescere così tanto, mettendo un po’  in crisi anche la loro  disponibilità. Sicuramente anche il prezzo degli organo-minerali è aumentato molto ma almeno su questi non siamo soggetti al momento alla speculazione internazionale. D’altronde in Italia non abbiamo fonti energetiche a basso costo così come non abbiamo, oltre all’azoto, neppure fosforo e potassio, elementi per i quali la richiesta evidentemente supera l’offerta».

Ma l’agricoltore acquisterà i fertilizzanti quest’anno?

«Il prezzo di mercato dei prodotti agricoli è al momento molto buono, quindi la propensione all’acquisto non dovrebbe venire comunque meno. Certo, l’agricoltore sceglierà con più attenzione la concimazione, dato il costo. Ci sarà forse anche chi non avrà il coraggio di investire ma questo come sempre sarà assolutamente necessario si si vuole fare qualità e quantità».

Dunque cosa succederà?

«Il terremoto è stato disastroso e non mancheranno le scosse di assestamento. Noto comunque che, da parte di molti - anche molti agricoltori, anche se non certo tutti - ci si sta finalmente rendendo conto della situazione e  si sta tentando di fare una maggiore attività di previsione, oggettivamente molto difficile. Noi, per esempio, abbiamo avuto maggiore disponibilità da parte dei clienti ad effettuare prenotazioni per tempo. Data la situazione, sicuramente ci saranno ritardi nella consegna dei Fertilizzanti anche per chi avrà prenotato e qualcuno che avrà comprato troppo tardi potrebbe rimanere addirittura senza concime o essere costretto a posticiparne l’applicazione in funzione delle disponibilità.  Data la prevedibile forte richiesta dei prodotti agricoli, è plausibile che gli agricoltori richiederanno anche più prodotto di quello che avevano previsto, e non sarà facile accontentarli. E nel frattempo le quotazioni ballano intorno a dei massimi storici.  Insomma ci saranno problemi di prezzi e disponibilità. A guardar bene si stanno pagando le conseguenze di scelte che hanno portato ad una forte dipendenza dall’estero. Se mi chiede quali prospettive ci sono per acquistare maggiore autonomia di paese anche sui  fertilizzanti, fondamentale se vogliamo rilanciare una produzione agricola nazionale in grado di sostenere maggiormente i nostri bisogni, le ricordo che l’Italia, pur  non avendo  molte risorse energetiche  né disponibilità di elementi nutritivi di origine minerale, è però uno dei paesi che ha fatto più strada nello sfruttamento e nella valorizzazione  delle risorse che derivano dal riciclo; chiaramente anche l’uso di liquami e digestato può rappresentare una ulteriore risposta alla fame di nutrienti.

Certo che il recupero di materiali deve essere ben strutturato e non deve essere una scorciatoia per semplificarne lo smaltimento. Come si usa dire, tutto si deve attuare in un’ottica di sostenibilità e circolarità; e con regole certe. Ma si tratta di risorse che non possiamo più permetterci di sprecare.

Di fronte a queste esigenze mi auguro sinceramente  che possa partire  finalmente una forte attività dei Ministeri coinvolti per favorire e guidare tali recuperi,  aggiornando e completando Norme ormai evidentemente inadeguate, fra l’altro soggette a continue interpretazioni in un senso o nell’altro. Ne abbiamo bisogno».

STEFANO FORBICINI RANDI
Consorzi Agrari d’Italia – manager fertilizzanti

L’aumento del costo delle materie prime e poi la guerra in Ucraina. Qual è la reale influenza sui rivenditori di prodotti per l’agricoltura?

«Si tratta di due cosa che devono assolutamente essere tenute separate. L’aumento dei prezzi dei fertilizzanti era iniziato nell’autunno 2021 in conseguenza dell’incremento dei costi energetici. La produzione di fertilizzanti infatti ha costi energetici molto elevati soprattutto per il costo del gas.  Nel momento, poi, che la situazione sembrava stesse migliorando è arrivata la guerra. In questo periodo Yara ha deciso di sospendere a più riprese la produzione (prima in ottobre e successivamente a marzo). Allo stesso tempo le importazioni sono state frenate nel momento in cui c’era molto incertezza. Problemi si sono avuti anche dal bacino del Mar Nero da dove arrivano fosfatici e azotati con impennata del prezzo del nitrato ammonico che è passato da 250-300 $/t a 900 $. Le aziende agricole così ritardano il più possibile gli acquisti, aspettando l’ultimo momento, con tutte le difficoltà logistiche connesse. Per fortuna, almeno, grazie anche agli interventi statali, è rientrato almeno in parte il rincaro dei carburanti».

Per quanto riguarda i fertilizzanti si riscontra un’effettiva carenza o il problema riguarda soprattutto i prezzi?

«La carenza ha raggiuto livelli del 30-40% per il blocco della produzione di Yara che solo adesso ricomincia a produrre e per le scarse importazione da parte dei trader internazionali Oggi sono pochi gli operatori che si possono permettere grossi impegni finanziari per acquistare grosse forniture a prezzi elevati. Da segnalare anche qualche problema nel settore degli organo minerali. L’influenza aviaria ha limitato la disponibilità di pollina mentre l’industria della pelle ha rallentato la produzione limitando la fornitura di scarti di lavorazione per la realizzazione di concimi derivati da idrolizzati proteici».

Cosa consigliate agli agricoltori?

«Da subito abbiamo consigliato prodotti a maggiore efficienza come i prodotti a lento rilascio di azoto che ne permettono un risparmio (per minore dispersione) dal 20 al 30%. Per i prodotti fosfatici è preferibile invece utilizzare quelli che sono soggetti a una minore retrogradazione. Questo permette di ridurre i quantitativi distribuiti e di ridurre gli sprechi. L’agricoltura di precisione, poi,  rappresenta la chiave di volta per risparmiare. Le mappe di prescrizione e l’uso del rateo variabile sono fondamentale per concimare quanto e dove serve. Anche l’uso dei concimi fogliari possono rappresentare un valido aiuto per incrementare l’efficienza della fertilizzazione. Non dimentichiamoci che entro il 2030 devono essere ridotte le perdite azotate per volatilizzazione e l’attuale situazione ci aiuta ad andare incontro a questo obiettivo».

Cosa succederà nei prossimi mesi?

«Non è facile dirlo, ma ormai il 2022 sarà un anno che vedrà prezzi elevati, sia pure con qualche possibile flessione almeno fino all’autunno (con un prezzo dell’urea oltre i 1000$/t).  C’è da dire, comunque, che chi semina sicuramente concimerà, magari risparmiando qualche quintale di prodotto, ma concimerà. Un freno adesso alle semine primaverile è dato dalla situazione climatica tanto che il mais non è stato ancora seminato. Se però, come sembra, arriverà qualche pioggia la situazione si sbloccherà. L’agricoltore aspetta fino all’ultimo a comprare i concimi perché spera anche che il prezzo inizi a scendere. Con l’urea a 110 €/q contro i 35-36 € della scorsa stagione e il nitrato ammonico da 17-18 €/q a 90 € non si è incentivati ad acquistare. C’è da dire comunque che i cereali, che sono i maggiori consumatori di concimi, dovrebbero mantenere prezzi elevati e quindi garantire un certo spazio alle spese per la concimazione».

Gli agricoltori potrebbero anticipare gli acquisti in modo da bloccare il prezzo?

«In un regime di prezzi bassi o se si fosse sicuri di un sicuro rialzo a breve questo potrebbe succedere, ma la situazione è molto complessa.  Questo comunque non vale solo per gli agricoltori, ma anche per i distributori. CAI ha 120 magazzini sul territorio e la loro gestione deve essere estremamente oculata per evitare incauti acquisti. E purtroppo in questo momento si naviga a vista…»

 

Cosa dicono gli importatori

ALDO GIGLIOLI

Gustavo e Aldo Giglioli, CEO e CTO di Algio

«Il problema maggiore è che mancano circa 250 mila tonnellate di fertilizzanti pari a 250 milioni di merce a terra – afferma Aldo Giglioli CTO di Algio – Reggio Emilia - e sarà molto difficile che la struttura di approvvigionamento (sia per quanto riguarda la produzione nazionale che per quanto riguarda l’importazione) riesca a sopperire nei prossimi due o tre mesi a tale deficit».

«Le ragioni di questa situazione sono collegate solo in parte ai recenti fatti di guerra ed isolamento dei produttori russi e bielorussi, e dipendono principalmente dal fatto che, dopo un decennio e più di stagnazione economica (post crisi 2009), si è verificato un fatto nuovo, tremendo ed imprevedibile: il Covid. Siamo stati due anni segregati e alla riapertura tutti volevano tornare a produrre e quindi i costi delle materie prime e dell’energia sono letteralmente esplosi. Questo ha comportato tuttavia che molti attori dell’offerta si siano trovati a dover sopportare oneri finanziari doppi o tripli rispetto al loro naturale passo: qualcuno ha preferito ridurre i propri spazi sul mercato accontentandosi di mantenere il proprio fatturato, altri sono usciti dal mercato per alcuni periodi (si vedano alcune produzioni nazionali che sono andate a singhiozzo tra l’autunno e l’inverno), altri sono cresciuti facendosi tuttavia carico di rischi enormi sul credito; alla fine di tutto questo tuttavia la merce a terra è meno di quella necessaria».

«Il fatto positivo per ora è che la situazione è economicamente corretta poiché la catena del valore è integra e chi vende guadagna meno di chi compra, fino all’ultimo anello: gli agricoltori che decidono di seminare, concimare e difendere le colture, ai prezzi attuali delle derrate, totalizzeranno ricavi ampiamente capaci di ripagare i costi ancorché raddoppiati o triplicati dei mezzi tecnici».

«Un’altra buona notizia è che finalmente, nell’ottica di ridurre le quantità di concimi distribuiti (e il costo per ettaro) senza dover rinunciare alle rese, sarà possibile osservare una maggiore diffusione dei concimi granulari speciali trattati con additivi in grado di ridurre le perdite di azoto, fosforo e potassio. E una volta che avranno imparato ad usarli, dubito che gli agricoltori torneranno alla concimazione tradizionale».

«Infine, volendo dare uno sguardo al futuro.. sui prezzi dei concimi tutto può succedere, ma localmente la scarsità di prodotto disponibile e la logistica saranno i maggiori driver per la definizione del prezzo; per quanto riguarda invece l’aspetto internazionale, ammesso e non concesso che la guerra finisca presto, il mercato che ci troveremo in mano non sarà più lo stesso, anche solo per quanto riguarda la moneta che dovremo utilizzare per comprare le merci nel mondo: la possibilità di fare i pagamenti internazionali in euro piuttosto che in dollari potrebbe aprire ulteriori favorevoli orizzonti».

ORIANO BEZZI

«Per i fertilizzanti la situazione non è mai stata critica come quest’anno, neppure nel 2008 che già fu un anno difficile – afferma Oriano Bezzi ad di Panfertil, società che importa e produce fertilizzanti con sede al porto di Ravenna -  Al momento mancano 200.00 tonnellate di urea e la situazione non accenna a migliorare in conseguenza anche della chiusura di Yara che avrebbe prodotto a prezzi inaccessibili».

«Vorrei sottolineare la diversità di comportamento del mercato per quanto riguarda le concimazioni di fondo fatte con fosfati, binari e ternari  e concimazioni di copertura fatte prevalentemente con urea e derivati. Mentre per le concimazioni di fondo il mercato ha ritardato  la domanda verso le epoche di applicazione, per le concimazioni di copertura il timore di rimanere sprovvisti di urea ha anticipato la domanda in molte zone della pianura Padana. Stiamo consegnando urea a molti clienti risicoltori e maiscoltori che di solito ritirano in Maggio e Giugno».

«Adesso nel porto di Ravenna non è disponibile un kg di urea perché tutta quella che arriva viene venduta immediatamente. Nessuno in questo momento riesce a far partire una nave, che arriverebbe 25-30 giorni dall’ordine, con tutto quello che ne consegue a livello di prezzo, ma ci si affida ai trader».

«A mio parere fino alla fine di aprile potranno non esserci ancora grossi problemi ma se continua così la situazione potrebbe precipitare».

«I prezzi di alcuni prodotti tipo grano e mais sostengono comunque la produzione e quindi chi ha seminato concimerà. La vedo grigia, invece, per orticole, frutta, vigneto, che potrebbero non essere concimate visti bassi prezzi di mercato».

«Il nostro scopo è quello di arrivare a fine stagione (metà giugno) senza scorte di magazzino perché i prodotti acquistati agli attuali prezzi altissimi potrebbero perdere drasticamente valore se il mercato dovesse subire una svolta».

Anteprima del primo piano di Terra e Vita 12/2022

Abbonati e accedi all’edicola digitale 

Fertilizzanti, la situazione è fuori controllo - Ultima modifica: 2022-04-14T12:21:12+02:00 da Alessandro Maresca

1 commento

  1. Che bello praticare agricoltura naturale (Fukuoka) ed essere totalmente estranei a tali problematiche. Ci è voluto un po’ di tempo ma oggi abbiamo un coltivato che si autosostenta attraverso pacciamatura organica che raccogliamo qui in loco e batteri delle fermentazioni ottenuti mettendo a fermentare la nostra frutta.
    Le concimazioni tipiche dell’agroindustria non permettono la formattazione di humus in superficie, al contrario la combinazione di nitrati e diserbanti accelera la desertificazione e produce dissesto idrogeologico.
    L’agricoltura naturale è di tipo conservativo: conserva ed accresce nel tempo la naturale fertilità della terra.
    Dopo anni passati a subire prese per il culo dai nostri vicini agricoltori chimici per il metodo che pratichiamo, sembra sia il tempo del riscatto: chi è il pirla?
    Chi ha capito da subito l’immensa stupidità di legare strettamente l’agricoltura al mercato globale o chi pazientemente ha lavorato per avere coltivati autosufficienti e rigenerativi?

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento
Per favore inserisci il tuo nome