Negli ultimi due anni la rapida crescita dell’inflazione, formalmente intorno al 10% ma per i mezzi tecnici agricoli schizzata a circa il 30%, ha esasperato una situazione finanziaria e commerciale già molto difficile per le rivendite agrarie. È quanto sostengono, alla luce dell’esperienza diretta, alcuni rivenditori operanti in Sicilia, Puglia e Abruzzo.
Mala tempora
Per Benedetto Andrea Marcenò, amministratore dell’Agrochimica Distribuzione di Castelvetrano (Tp), che acquista mezzi tecnici all’ingrosso e li distribuisce agli agricoltori locali e, soprattutto, alle rivendite agrarie dell’intera Sicilia, i tempi sono fortemente cambiati.
«In questo periodo solevamo fare acquisti di agrofarmaci per un milione di euro. Prima accedevamo al credito a tassi molto bassi, quasi irrisori, e pagavamo subito i nostri fornitori, i quali ci concedevano sconti che trasferivamo ai nostri clienti rivenditori e questi, a loro volta, agli agricoltori per incentivare gli acquisti. Era un circolo virtuoso, favorito sia da livelli di inflazione molto bassi, che quindi non compromettevano, facendolo schizzare in alto, il costo del denaro, sia da prezzi dei prodotti agricoli decisamente più remunerativi per gli agricoltori, perciò più disposti a comprare mezzi tecnici e a pagarli in tempi ragionevoli».
«Adesso, invece, tutto è cambiato. Girando per rivendite agrarie, non ho mai visto tanti magazzini così vuoti e puliti come quest’anno. Il disagio economico degli agricoltori si ribalta all’indietro sui rivenditori e sui distributori, gli uni e gli altri già stremati dagli impedimenti posti all’accesso al credito bancario, peraltro a tassi intorno al 5%. Messo così il presente, il futuro non appare roseo a nessuno».
Tra due fuochi
Con la crescita del tasso di inflazione e quindi dell’aumento dei prezzi di agrofarmaci e fertilizzanti la distanza con i fornitori, e in particolare le multinazionali, si è ridotta in maniera esasperata, invece quella con gli agricoltori si è allungata notevolmente. È così che Marco Valente, titolare con Girolamo Ruggieri dell’Agrirrifarm di Bisceglie (Bt), sintetizza gli effetti dell’aumento prolungato del livello medio generale dei prezzi dei mezzi tecnici agricoli.
«Le multinazionali ci stressano per le scadenze di pagamento, fissandole a non oltre 60 giorni dalla consegna e chiedendo programmi di acquisto, pena il rischio di non trovare poi i prodotti e con l’ulteriore incognita dei prezzi futuri. Noi rivenditori cerchiamo di fare un po’ di magazzino, ma senza esagerare, per più ragioni: lo sforzo economico è considerevole, tenendo conto che le banche ci prestano denaro con sempre maggiori difficoltà e impongono comunque tassi alti, sul 4-5%».
«Quasi tutti gli agricoltori non hanno la forza economica per programmare gli acquisti, ma comprano solo ciò che serve davvero e solo al momento dell’effettivo bisogno. I tempi di pagamento degli agricoltori si sono allungati, anche perché si sono dilatati i tempi di riscossione della vendita dei prodotti agricoli, ad esempio per le ciliegie dai 7-10 giorni degli anni scorsi ai quasi due mesi di quest’anno. E spesso gli agricoltori sono insolventi, per costi di produzione sempre più alti e prezzi dei prodotti agricoli incapaci di garantire un reddito accettabile».
Possibile diversificazione
Per Lucio Sebastio, titolare della Agrisud di Foggia, «noi rivenditori di mezzi tecnici agricoli stiamo vivendo una situazione abbastanza complicata. L’inflazione pesa sia sui rivenditori sia sugli agricoltori, i quali per tutte le colture devono sopportare un notevole aumento dei costi di coltivazione. Inoltre l’accesso al credito, prima più facile e sopportabile, è diventato per noi rivenditori più difficile e più oneroso e per gli agricoltori quasi impossibile. Peraltro gli agricoltori operano in un contesto climatico sempre più critico, soffrendo gli effetti delle calamità naturali, come, quest’anno, l’esplosione della peronospora della vite».
Le conseguenze di questo complicato scenario economico e commerciale si fanno sentire, evidenzia Sebastio, nei campi e nelle rivendite. «Fra gli agricoltori resistono quelli che possono vantare basi economiche, finanziarie e tecniche più consistenti e sono in grado di portare avanti più colture, per diversificare e ridurre i margini di rischio. Resiste chi opera da imprenditore. Anche per noi rivenditori è tempo di rinnovarsi. Io, tenendo contro delle difficoltà degli agricoltori, ho introdotto una linea di prodotti per hobbisti, che mi permette di incassare subito e dare respiro al bilancio della rivendita. Inoltre da giugno ho avviato la vendita online di prodotti più professionali, che sta già dando i primi buoni risultati».
Anche prodotti alimentari
L’innovativa trasformazione di un semplice “negozio” per agricoltori e hobbisti in un piccolo supermercato, per meglio ripartire i costi fissi: un punto vendita di 4.000 m², comprensivo di agrigarden, dove si compra con il carrello della spesa. È la strategia messa a punto dalla Sval di Sant’Omero (Te), punto di riferimento del bacino commerciale fra le province di Teramo e Ascoli Piceno, per affrontare il peso dell’inflazione.
«A disposizione del cliente, sia egli agricoltore oppure hobbista, mettiamo un autentico supermercato con aree dedicate – afferma Ettore Di Francesco, titolare della rivendita con la sorella Novella e i cugini Gabriele e Provino –. Offriamo un vasto assortimento di prodotti, tutto quanto può servire per chi ama l’agricoltura, il giardino, l’orto, gli animali da cortile e quelli da compagnia. Ma anche ferramenta, pietre per pavimentazioni esterne e selezionati prodotti casalinghi, come pasta, vino in bottiglia e in bag in box da tre litri, ecc. che soddisfano ancora di più i frequentatori tradizionali della rivendita e ampliano il ventaglio della clientela».
«Noi ci salviamo con gli acquisti degli hobbisti e, in generale, dei clienti che pagano in contanti. E quindi riusciamo a saldare subito tutte le forniture di mezzi tecnici, ricevendo anche sconti. Gli agricoltori, invece, fanno fatica a pagarci. Quest’anno le rese di grano duro sono state modeste e non di buona qualità; i produttori hanno sopportato spese notevoli, con costi in crescita di seme, concimi, agrofarmaci e gasolio, ma, con prezzi troppo modesti, hanno incassato poco e non riescono a saldare i debiti con le rivendite».
C’è chi si dovrà arrendere
La pesante inflazione degli ultimi tempi ha solo esasperato una situazione molto difficile per i rivenditori, conferma Berardino Losito, titolare dell’Agrofert di Rutigliano (Ba). «Sono 40 anni che gestisco questa attività, ma ho deciso di chiuderla a fine anno. Per me non è più accettabile proseguire su questa strada. Ed è improponibile a un giovane, per quanto possa essere preparato e volenteroso. Le multinazionali bloccano le forniture se il rivenditore sfora anche di pochi giorni la data fissata di pagamento. Invece i viticoltori, in questo territorio dove vige la monocoltura dell’uva da tavola, stretti fra costi in continuo aumento e prezzi bassi delle uve, anche delle apirene, hanno difficoltà a pagare».
Purtroppo, aggiunge Losito, per le rivendite agrarie i tempi sono cambiati. «Negli anni 80 e 90 del secolo scorso il comprensorio di Rutigliano e Noicattaro ha vissuto l’età d’oro dell’uva da tavola. Adesso le uve apirene presentano un sacco di problemi e stanno deludendo le attese anche sul fronte dei prezzi. I consumi di mezzi tecnici non sono più quelli di una volta, sono cambiati e diminuiti; quasi ogni giorno agrofarmaci consolidati vengono messi fuori commercio, con l’obbligo per i rivenditori di smaltire le rimanenze a proprie spese. Mi sono stancato di questa situazione sempre più insostenibile. E proporre a un giovane di prendere in mano la mia attività è pressoché impossibile. Chi glielo fa fare? Ormai nessuno più si azzarda ad aprire una rivendita, altrimenti in breve tempo si carica di debiti».