Usciti i risultati dell’indagine conoscitiva dell’Antitrust sul comparto latte, seguita alla denuncia di Coldiretti del maggio scorso. Un documento di 123 pagine ma nulla di sconvolgente: «Devono venire create organizzazioni di produttori in grado di realizzare una concentrazione dell’offerta e un accentramento di alcune funzioni e servizi».
«Ovvie banalità», li giudica l’assessore lombardo Gianni Fava. Ovvietà eccetto che per una cosa, che non va molto a favore degli allevatori: sull’unica questione cruciale per la quale era stato chiamato in causa, e cioè sulla mancata tutela della “parte debole” nel contratto di conferimento del latte, l’Antitrust non ha dato ragione agli allevatori.
Cioè, come scrive l’autorità garante: «Le stime sui costi medi di produzione non possono essere utilizzate come un parametro di confronto automatico al di sotto del quale il prezzo di acquisto del latte applicato dall’industria debba essere necessariamente considerato un’imposizione illecita». Commenta Fava: «Se questo significa che l’industria di trasformazione può acquistare la materia prima al di sotto del costo sopportato dagli allevatori per produrla, allora prepariamoci alla chiusura delle nostre stalle». L’Antitrust aveva avviato l’indagine dopo la manifestazione del 6 febbraio 2015 che chiedeva di fare luce su presunti abusi di dipendenza a danno dei produttori di latte fresco.