Da anni la frutticoltura vive un periodo estremamente difficile che l’ha posta di fronte a sfide inedite. Tuttavia, ha più volte dimostrato la capacità di risollevarsi quando tanti la davano per spacciata. È successo in Romagna con la crisi delle pesche, delle nettarine e del kiwi che, a causa della batteriosi, sembrava avviarsi lungo il viale del tramonto.
Ma i frutticultori non abbandonano mai il campo senza lottare: a queste crisi si è risposto con un maggiore impegno, con la ricerca, con lo studio per capire come convivere con patologie e parassiti senza abdicare al nostro ruolo di produttori di frutta di qualità. E abbiamo imparato, ad esempio, a diversificare più efficacemente le produzioni, puntando su specie e varietà più resistenti, più adatte al cambiamento climatico, più capaci di affrontare patogeni e parassiti anche con meno trattamenti: e così pesche e nettarine non sono sparite, ma si sono ridimensionate – anche fino al 50% – e hanno fatto posto ad altri frutti. Sono aumentate le superfici coltivate ad albicocche, a susine, a ciliegie e hanno preso spazio produzioni come il mirtillo. Per quanto riguarda il kiwi, poi, le varietà a polpa gialla (e, in tempi recenti anche quelle a polpa rossa), hanno offerto una nuova possibilità per tanti produttori. Infine, abbiamo installato ventole e impianti antibrina con reti antigrandine per difenderci dagli eventi atmosferici.
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Cambiamenti importanti: è evidente che non si può più pensare di fare frutticoltura “come una volta”. La nostra è diventata un’attività che richiede competenze specialistiche e importanti investimenti che non lasciano spazio all’improvvisazione. Ma le aziende agricole non sono sole ad affrontare il cambiamento. In questi anni la cooperazione ha accompagnato migliaia di imprese e di produttori in un percorso di evoluzione, adeguando intere filiere a un mondo che ha visto mutare esigenze e sfide, ma che ha offerto anche nuove opportunità.
Oggi la grande sfida è salvare il comparto pericolo che negli ultimi cinque anni ha dovuto affrontare la cimice asiatica, il ritorno della maculatura e ha subito gli effetti devastanti delle gelate primaverili, della grandine, di estati sempre più calde e dell’alluvione dello scorso anno. Una tempesta perfetta che sembrava non lasciargli scampo. Eppure, come tanti operatori del settore, sono convinto che in Italia si possa (e si debba) ancora fare pericoltura di qualità e sostenibile per l’ambiente e per l’impresa agricola: convinzione che nasce dai progressi visti nella lotta ai parassiti alieni come la cimice, nelle ricerche sulla maculatura e nei risultati dati dalla difesa attiva contro le gelate e la grandine.
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Apo Conerpo e la Aop Finaf hanno messo in campo risorse importanti per il prossimo quinquennio per sostenere la ricerca su questi fronti: un investimento milionario sostenuto dalla convinzione che per la pericoltura, come per altre produzioni in difficoltà, sia possibile costruire un futuro positivo. A partire da oggi: noi produttori possiamo intervenire sui portinnesti, valutando nuove opportunità più adatte al diverso contesto climatico, possiamo puntare sulle difese attive (avvalendoci delle risorse messe a disposizione dall’Ocm, dal Pnrr e dai Psr) e possiamo contare su un sistema cooperativo che lavora incessantemente per individuare nuove opportunità, studiare nuovi approcci e nuove tecniche agronomiche, sviluppare nuove varietà. La sfida è grande ma sono certo che la frutticoltura ce la farà.
di Davide Vernocchi
presidente di Apo Conerpo