Il Sud Italia ha sete

crisi idrica
Due anni consecutivi di siccità mettono a rischio le colture irrigue, specialmente le ortive autunno-invernali, della Puglia e della Basilicata. Occorre una gestione idrica programmata e strutturale, non più emergenziale

La crisi idrica che ha colpito vaste aree del distretto idrografico dell’Appennino meridionale non è più un’emergenza temporanea, ma una condizione strutturale che minaccia la sostenibilità delle colture irrigue e lo stesso approvvigionamento idropotabile, in particolare in Puglia e Basilicata. Secondo il Bollettino dell’Osservatorio permanente sugli utilizzi idrici del distretto (che comprende basso Lazio, Molise, Campania, Basilicata, Puglia e Calabria), a settembre scorso lo scenario di “severità idrica” per il comparto irriguo era classificato come alto per Basilicata, Calabria, Lazio, Puglia e l’area del Fucino (Abruzzo), e medio per il restante territorio distrettuale.

L’impatto sulla Puglia e il suo Tavoliere

In Puglia, la crisi idrica ha inciso pesantemente sulla produzione di pomodoro da industria, che nel 2025 ha registrato un calo medio del 30% a causa della siccità persistente. Coldiretti Puglia ha segnalato che diverse aziende hanno dovuto abbandonare interi ettari di coltivazioni, concentrando le scarse risorse idriche su una parte delle superfici per salvare almeno una quota del raccolto.

La scarsità d’acqua ha compromesso anche le colture ortive autunno-vernine, con una perdita stimata di circa il 30% della produzione lorda vendibile.

Gli invasi regionali sono oggi ai minimi storici: nel lago di Occhito, il più grande della Puglia, restano circa 44 milioni di metri cubi d’acqua, un livello prossimo al cosiddetto volume morto, ossia la quota non più prelevabile.

Questo scenario ha portato l’Autorità di bacino dell’Appennino meridionale a dichiarare la severità idrica massima anche per il servizio potabile, segnalando una crisi lunga e profonda destinata a protrarsi fino al 2026, salvo un inverno eccezionalmente piovoso e, soprattutto, abbondanti nevicate in montagna.

Basilicata, “serbatoio del Sud”

La Basilicata resta la regione con la maggiore disponibilità di acqua invasata, pari al 40% dei volumi totali delle cinque regioni del Sud, per un potenziale complessivo di oltre 900 milioni di metri cubi. Tuttavia, anche qui la crisi idrica ha raggiunto livelli preoccupanti, nonostante la Basilicata fornisca alla Puglia gran parte delle risorse idriche necessarie per irrigazione, uso potabile e industriale.

Gli afflussi autunno-invernali dal 2023 a oggi sono stati inferiori dell’80% rispetto alla media storica (110 milioni di metri cubi/anno), riducendo drasticamente la capacità di accumulo dei bacini e provocando deficit idrici anche in aree tradizionalmente stabili, ora a rischio razionamento dell’acqua potabile.

La diga di Monte Cotugno, il più grande invaso artificiale d’Europa in terra battuta, con una capacità totale di 530 milioni di metri cubi, a fine ottobre 2025 era scesa intorno ai 40 milioni, valore prossimo alla soglia sotto la quale non è più garantito l’uso potabile.
Situazione analoga per la diga del Pertusillo, che a fronte di una capacità utile autorizzata di oltre 120 milioni di metri cubi, disponeva di appena 85 milioni.

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Diga di Monte Cotugno, in Basilicata. La più grande in Europa con sbarramento in terra battuta

I numeri del Distretto idrografico dell’Appennino meridionale

  • Regioni interessate: 5 (Calabria, Basilicata, Puglia, Molise, Campania).
  • Superficie agricola complessiva: oltre 6 milioni di ettari, di cui 4,5 milioni a gestione consortile
  • Utenze: circa 1 milione, di cui 700.000 agricole.
  • Opere di scolo: 1,6 milioni di ettari serviti; 10.000 km di canali e 20.000 km di condotte tubate
  • Consorzi di bonifica: 19 in gestione ordinaria.
  • Opere principali: oltre 350 vasche di laminazione e compensazione, 39 traverse fluviali e 65 dighe (14 Basilicata, 20 Calabria, 17 Campania, 6 Molise, 8 Puglia).
  • Capacità complessiva di invaso: oltre 2,3 miliardi di m³.
  • Superficie irrigua servita: circa 500.000 ettari, di cui 350.000 effettivamente irrigati.

Le colture più a rischio

Tra le colture più esposte vi sono le ortive autunno-invernali e i circa 1.200 ettari di fragola della Basilicata, che hanno appena ottenuto il riconoscimento di Indicazione Geografica Protetta (Igp). Nel Metapontino, la mancanza d’acqua ha già compromesso i trapianti autunnali, con perdite stimate del 30% della Plv. Particolarmente delicata la fase post-trapianto della fragola, coltura ad alto reddito e con un indotto rilevante, in cui il bilancio idrico delle piantine è determinante per la sopravvivenza e l’uniformità produttiva.

In questo contesto, non sono mancate critiche delle organizzazioni agricole verso la gestione delle risorse idriche: infrastrutture obsolete, carenza di pianificazione e coordinamento, ritardi negli investimenti (anche del Pnrr) e potenzialità idriche non adeguatamente valorizzate.

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Irrigazione con microirrigatori di coltura ortiva appena trapiantata

Le risposte istituzionali

Le istituzioni regionali stanno cercando di reagire all’emergenza, anche se si moltiplicano le voci che invocano un commissariamento nazionale ad acta per la gestione idrica.

In Puglia, la Giunta regionale ha approvato il “Piano di emergenza per il superamento della crisi idrica 2025-2026”, condiviso con Acquedotto Pugliese e Autorità di Bacino, che prevede interventi urgenti per garantire la continuità del servizio idrico potabile e la salvaguardia delle colture agricole.

In Basilicata, la Regione ha dichiarato lo stato di emergenza idrica e attivato misure di contrasto per assicurare approvvigionamenti e continuità delle attività produttive.

Tuttavia, le misure finora adottate non appaiono sufficienti rispetto alla gravità della situazione.

Le organizzazioni agricole chiedono interventi strutturali:

  • nuove infrastrutture per la raccolta e l’accumulo delle acque meteoriche;
  • ammodernamento e riduzione delle perdite di rete, che superano in alcuni tratti il 30%;
  • potenziamento delle reti di distribuzione e degli impianti di riuso delle acque reflue;
  • incentivi a tecniche irrigue ad alta efficienza (microirrigazione, subirrigazione), la cui efficacia è però vanificata dai turni irrigui troppo distanziati rispetto al fabbisogno evapotraspirativo.

La Cia-Agricoltori Italiani ha inoltre richiesto un confronto permanente con i soggetti della governance idrica per garantire una gestione equilibrata e sostenibile delle risorse.

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Vecchi sistemi di irrigazione soprachioma

Prospettive per il 2026

Le previsioni per la campagna agricola 2026 sono oggettivamente preoccupanti. La persistente scarsità d’acqua, aggravata dalla riduzione delle piogge e delle nevicate invernali, potrebbe compromettere anche la produzione frutticola a elevato fabbisogno idrico nella stagione primaverile-estiva.

L’acqua, bene prezioso e limitato, è oggetto di usi concorrenti (irriguo, potabile, industriale, turistico) e di tensioni tra regioni ed aree “produttrici” e quelle “consumatrici”.
Per questo la Cia, in un recente documento, ha chiesto una gestione idrica programmata e strutturale, non più emergenziale; il riconoscimento del ruolo centrale degli agricoltori nella governance dell’acqua; la realizzazione di nuove infrastrutture e invasi adeguati alle specificità territoriali; maggiore chiarezza delle competenze istituzionali, oggi frammentate; la valorizzazione del legame acqua–energia, promuovendo comunità idro-energetiche agricole in grado di generare benefici diffusi e sostenibili. Con un occhio agli indirizzi (e finanziamenti?) dell’Unione europea in materia di “strategia per la resilienza idrica”, che prevede quattro macro-obiettivi:

  1. ripristinare e proteggere il ciclo delle acque;
  2. costruire un’economia water-smart, coinvolgendo cittadini e attori economici;
  3. garantire la risorsa a prezzi accessibili, attraverso gestioni sicure e sostenibili;
  4. migliorare del 10% l’efficienza idrica entro il 2030, intervenendo su dispersioni, consumi e capacità di accumulo.

Finanziata la progettazione esecutiva dell’invaso di Palazzo d’Ascoli

Notizie positive per la Puglia arrivano dall'Anbi (Associazione Nazionale dei Consorzi di Gestione e Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue) che rende nota la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del Decreto che assegna il finanziamento per la progettazione esecutiva dell’invaso di Palazzo d’Ascoli, opera strategica per il territorio della Capitanata e per il sistema agricolo del Foggiano, fortemente penalizzato da due anni di siccità.

Il provvedimento, atteso da tempo, segna un passaggio fondamentale verso la realizzazione dell’infrastruttura (costo stimato: 300 milioni di euro), che consentirà di potenziare la capacità di accumulo idrico, razionalizzare la distribuzione irrigua e rafforzare la sicurezza idraulica in un’area tra le più produttive del Mezzogiorno.

Il finanziamento (€ 9.400.000,00 comprensivi di complesse indagini sismiche e di incidenza ambientale) rientra nelle politiche nazionali per il rafforzamento delle infrastrutture idriche e nella programmazione regionale pugliese per la sicurezza idrica e la resilienza agricola. Una volta completata la progettazione esecutiva, prevista entro il 2027, l’opera sarà candidata ai successivi finanziamenti per la realizzazione.

Il Consorzio per la bonifica della Capitanata seguirà tutte le fasi di sviluppo del progetto, in stretto coordinamento con gli enti finanziatori e le amministrazioni competenti.

Il Sud Italia ha sete - Ultima modifica: 2025-11-11T11:35:21+01:00 da Sara Vitali

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