Ci sono casi in cui delle coltivazioni antiche e a rischio di estinzione si intrecciano felicemente con le moderne esigenze alimentari e industriali. Succede a Gorizia, dove c’è un’azienda, la Biolab, che si sta occupando di creare una filiera corta da dove escono prodotti biologici vegetariani e vegani, puntando, da qualche anno, anche sulla coltivazione in proprio della Rosa di Gorizia.
Ben conosciuta in Friuli Venezia Giulia, dove è considerata un’eccellenza, quest’ultima è un radicchio di pregio che da oltre due secoli caratterizza piccoli appezzamenti durante il rigido autunno dell’estremo Nordest. Una coltivazione a diffusione limitata, tramandata di generazione in generazione, i cui segreti vengono gelosamente custoditi dai produttori locali. Si tratta di una specialità che nasce e cresce nel capoluogo isontino e nella vicina Slovenia, ma che sconta le conseguenze di una temibile e non sempre leale concorrenza in varie zone del Triveneto.
La particolarità di questo radicchio è infatti legata indissolubilmente alle caratteristiche del territorio di appartenenza, che conferiscono un determinato colore, sapore e croccantezza alla risultante di un duro lavoro. La Rosa di Gorizia richiede infatti un alto livello di artigianalità con una lunga lavorazione nell’ambiente dove i cespi, una volta raccolti dai campi nei rigori dell’inverno, vengono protetti a temperature più miti sino a raggiungere la perfetta maturazione. L’accurata tolettatura a mano, cespo per cespo, conduce a un piccolo tesoro gastronomico che i buongustai attendono tra dicembre e febbraio. Per via di questo genere di manodopera, quando la Rosa arriva al consumatore ha un prezzo elevato. Difficoltà che alcuni produttori arginano, proponendo, in molti casi, dei radicchi di altro genere che sfruttano senza tanti scrupoli una denominazione per altro soggetta, da pochi anni, a marchi e disciplinari.
Nel caso di Massimo Santinelli, a capo di Biolab, si è trattato invece di essere stato il primo a potersi fregiare della certificazione biologica per il radicchio di cui sopra. Prima di questo, a fianco a Biolab è stata aperta nel 2014 l’azienda agricola Santinelli, che oggi ha i suoi primi dipendenti stabili. La prima stagione inaugurale di semina e raccolto è stata appunto premiata dal riconoscimento della certificazione biologica concessa dall’ente certificatore Icea, Istituto certificazione etica e ambientale, in conformità ai requisiti del prodotto biologico secondo i regolamenti CE 834/07 e 889/08.
Questo è uno degli esempi di sviluppo che la Rosa di Gorizia ha vissuto, proprio quando sembrava destinata al declino. Ci sono state, più in generale nell’ambito degli affiliati dell’Associazione produttori Rosa di Gorizia, campagne promozionali di marketing, rassegne enogastronomiche, contatti con chef quotati a livello nazionale e vendite all’estero. Di certo, Santinelli ha scoperto una particolare vena aurea dietro all’ortaggio goriziano che coltiva nell’azienda agricola che porta il suo cognome e che è strettamente intrecciata con i destini di Biolab. Per capire la sinergia in atto bisogna capire cos’è quest’ultima.
Dal 2012 triplicato il fatturato
Si tratta di un’azienda che produce alimenti biologici vegetariani e vegani e che quest’anno taglia il traguardo del 25o anniversario. Ha superato la soglia dei 10,5 milioni di € di fatturato nel 2015 con una crescita del 30% rispetto al 2014. L’azienda, fondata nel ‘91 da Santinelli, ha confermato così un trend di crescita che ha segnato in modo significativo l’intero quadriennio 2012-2015.
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