Dopo discussioni e confronti, il decreto legislativo sanzionatorio sembra aver trovato la quadra e la definitiva impostazione, approvata dal Consiglio dei ministri nella seduta dell’11 maggio scorso.
Ricapitolando, il 1° marzo le Commissioni riunite II (Giustizia) e XIII (Agricoltura) della Camera dei deputati mettevano mano all’originario schema normativo, vincolando il parere favorevole all’introduzione, in diversi passaggi dell’articolato, della clausola di salvaguardia “salvo che il fatto costituisca reato”.
Una “valvola” normativa che – ferma restando in ogni caso la preliminare valutazione del fatto-reato – consente di poter applicare sanzioni di natura penale, in particolare l’art. 515 c.p. (frode in commercio e eventuali circostanze aggravanti) che punisce la vendita aliud pro alio, cioè la consegna al consumatore di una cosa diversa da quanto dichiarato in termini di qualità, origine ecc.
Non a caso lo stesso comunicato diffuso dal Cdm ha precisato che le sanzioni amministrativo sono confinate “negli spazi non coperti dalla norma penale a cui è riservata la repressione di ogni tipo di frode alimentare”.
Comunque, al di là della postilla, il decreto legislativo appena approvato andrà a colmare un vuoto lasciato dalla cosiddetta legge salva-olio (L. 14/1/2013, n. 9) che prevedeva le modalità di indicazione dell’origine in etichetta ma non indicava sanzioni per coloro che non rispettavano gli obblighi di legge. Così come potranno essere sanzionate, coerentemente con i principi generali previsti dal Reg. (Ce)
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