Le lavorazioni del terreno stanno tornando di grande interesse in un’ottica di riduzione dell’impiego dei fitofarmaci nel contenimento di malerbe o patogeni: proprio questo desta un ovvio interessa da parte dell’agricoltura biologica.
L’aratura dunque risulta ancora una pratica interessante dal momento che riesce a controllare la presenza delle malerbe, dei parassiti, che possono non riuscire più a riemergere dal terreno oppure vengono eliminati per predazione da parte d’altri animali, e dei funghi, specialmente quelli del genere Fusarium. Tuttavia vi è pure un rovescio della medaglia: le arature a profondità elevate richiedono successivi passaggi per affinare il terreno o la possibilità che si formi una suola di lavorazione, che risulta molto più frequente con l’aratura entro solco.
Un altro tipo di lavorazione può essere identificata nella lavorazione del terreno senza invertirne gli strati. Qui l’intento è quello di smuovere e frantumare il terreno. La massima capacità di interramento dei residui si può raggiungere con erpici a dischi dal profilo curvo. Inoltre sono preferibili le attrezzature che operano a più alta velocità, anche se la loro larghezza è ridotta.
Da qualche tempo si stanno poi diffondendo preparatori a utensili multipli molto pesanti in grado di eseguire con un unico passaggio tutte le operazioni, con azioni simili a quelle degli utensili meccanizzati, ma con una velocità di lavoro di gran lunga superiore. Alcune macchine come gli aratri rotativi o le vangatrici svolgono comunque un’azione intermedia tra l’aratura e le lavorazioni senza inversione degli strati del terreno e in terreni particolarmente tenaci possono addirittura venire preferite alle altre quando si debba affinare il terreno, facendo così passare addirittura in secondo piano le loro controindicazioni di carattere agronomico.
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