L’incremento della coltivazione sotto serra si è associato inizialmente all’opportunità di produrre ortaggi fuori stagione o di anticiparne il raccolto. Oggi il concetto di “coltura protetta” si riferisce non solo alla tutela della coltura da agenti atmosferici, ma anche dall’azione di insetti e parassiti. Da questo la maggiore attenzione ai materiali di copertura (plastica e reti), all’altezza delle serre allo scopo di migliorarne il clima interno, ai sistemi di irrigazione. L’interesse del produttore alla ricerca in questo campo è stata consistente, poiché ha potuto constatare, in breve, ad occhio nudo i vantaggi, svincolati dalla naturale variabilità delle annate. Diversa è la visione che ha l’agricoltore del suolo. Fino a poco tempo fa considerato un inerte, oggi si assiste alla presa di coscienza che il terreno è vivo, da trattare con interesse crescente, ponendo maggiore attenzione alle lavorazioni, alle concimazioni, all’utilizzo di agrofarmaci.
Se per questi ultimi le normative, i disciplinari di produzione imposti dalla gdo, dalle filiere agroalimentari prevedono solo l’uso di prodotti con un ridotto o nullo impatto ambientale, il maggior ricorso ai concimi organici trova riscontro nella necessità di coniugare quantità e qualità della produzione, di cercare di ridurre la “stanchezza” del terreno.
Fertilità organica e bio
Spesso il ricorso al ciclico impiego di sostanza organica, rappresenta l’unica soluzione per ridurre gli effetti dello sfruttamento intensivo del terreno. Le semine di essenze da sovescio, la rotazione colturale sotto serra risultano spesso di difficile applicazione.
Bisogna distinguere tra fertilità organica e biologica. La prima rappresenta il contenuto di sostanza organica, la seconda contempla anche il contenuto di microrganismi presenti nel suolo.
L’incremento di nematodi, dei funghi patogeni sono risultato dello squilibrio della flora batterica, se non dell’assenza di microrganismi utili nel terreno. Se i nematodi riescono a spostarsi in profondità nel suolo, altrettanto non riescono la maggior parte dei microrganismi utili che restano esposti a tutti gli stress biotici e abiotici.
Prodotti ad azione specifica a base di micorizze, tricoderma, promuovono lo sviluppo e l’attività delle radici, aumentano la resistenza della coltura ai patogeni. L’attività di questi funghi (quindi i risultati attesi dal loro impiego) risulta però condizionata da diversi fattori.
Rigenerare il terreno
«I bioattivatori del terreno, di cui Eurovix spa è produttore leader in Europa, sono stati studiati appositamente per rigenerare i terreni stanchi e molto sfruttati – spiega Paolo Vecchio, senior expert di Eurovix –. Composti da una attenta miscela di estratti vegetali naturali, microflora selezionata da fermentazione controllata, componente enzimatica naturale e biocatalizzatori minerali, esplicano molteplici funzioni: stimolazione e modulazione della crescita di microrganismi utili; degradazione dei residui colturali; maggiore disponibilità di elementi fertilizzanti bloccati nel terreno».
Risulta quindi vincente la strategia applicativa che ne prevede l’impiego nella fase di preparazione del terreno (i diversi formulati disponibili ne facilitano la distribuzione) e un utilizzo contenuto, ma sistematico, durante il ciclo produttivo. L’associazione di micorizze e tricoderma, in alcune fasi fenologiche, incrementa la qualità e quantità del raccolto e ne aumenta la shelf life.
Un buon numero di tecnici è testimone dei vantaggi dell’uso dei bioattivatori, in particolare Attivatore Liquido, anche nella coltivazione fuori suolo. Migliore uniformità nella distribuzione della soluzione nutritiva, prolungamento della vita utile dei substrati, sono alcuni dei risultati ottenuti grazie ai bioattivatori.
Per informazioni:
EUROVIX