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Secondo l’Inventario Nazionale ISPRA 2023, la gestione delle deiezioni zootecniche contribuisce significativamente alle emissioni complessive di ammoniaca (78%), metano (9%) e protossido d’azoto (9%). Del totale delle emissioni in stalla, si perde circa il 40% di ammoniaca, il 20% durante lo stoccaggio e il restante 40% durante la distribuzione in campo e nei primi giorni dalla distribuzione e successivamente in funzione degli eventi piovosi si aggiungono anche le perdite per lisciviazione o volatilizzazione derivanti dalla nitrificazione e denitrificazione microbiologica.
L’efficienza di reflui e digestati utilizzati in campo come fertilizzanti può essere migliorata adottando tutte quelle pratiche volte a mitigare l’impatto negativo delle loro emissioni sull’ambiente. Per efficienza si intende la quota di azoto assimilata dalle piante rispetto a quella distribuita in campo.
I fattori che influenzano le emissioni includono
- la qualità della dieta,
- la specie allevata,
- il tipo di stoccaggio,
- la modalità di applicazione in campo
- e le condizioni ambientali, in particolare quelle meteorologiche e del suolo.
Normative e obiettivi di sostenibilità
Nei sistemi di allevamento di bovini da latte e di suini, come quelli della Pianura Padana, la gestione del surplus di azoto è regolata dalla Direttiva Nitrati (91/676/CEE). È fondamentale valorizzare i nutrienti presenti negli effluenti animali per migliorare la sostenibilità della produzione zootecnica. Gli obiettivi della Governance della Regione Lombardia includono la riduzione delle emissioni, l’incremento dell’efficienza energetica, lo sviluppo delle fonti rinnovabili e la promozione della green economy, in linea con le strategie europee del Green Deal e della Fit for 55.
La produzione di energia rinnovabile dalla zootecnia è spesso associata al metano ricavato dalla digestione anaerobica dei reflui: il processo, sottraendo il metano prodotto, consente di diminuirne l’emissione. Tuttavia, resta il problema della corretta gestione dei digestati, che hanno un alto potenziale emissivo di ammoniaca e protossido di azoto. L’uso agronomico dei digestati è regolato dal DM 5046/2016 e dal Regolamento Fertilizzanti (UE) 2019/1009.
Il ruolo del biochar nella gestione degli effluenti
La digestione anaerobica degli effluenti animali e la pirolisi delle biomasse vegetali possono entrambe produrre energia rinnovabile e sottoprodotti agronomici di valore, come il digestato e il biochar, entrambi utili per migliorare l’efficienza dell’azoto, anche nei sistemi foraggeri.
Nelle aziende zootecniche, i flussi di azoto, dopo l’ingestione, iniziano con i reflui e proseguono fino ai luoghi di stoccaggio o ai digestori. L’ammonio nel refluo o nel digestato viene distribuito al campo. Durante queste fasi, l’ammoniaca si volatilizza, un processo che va contrastato per ridurre l’inquinamento ambientale e migliorare la produttività animale, oltre ad aumentare l’efficienza azotata degli effluenti distribuiti. Le perdite per emissione di ammoniaca sono pari a circa 0,7-1.1 kg m-2 anno-1 per reflui conservati in vasconi nel caso di vacche da latte, mentre aumenta a 1,3-2,1 per i reflui suini e rappresentano fra il 14 e il 19% dell’azoto ammoniacale totale per i bovini e fra il 9 e il 23% per i suini.
È quindi essenziale adottare i migliori strumenti disponibili per migliorare la qualità dell’aria e l’efficienza nutritiva dei reflui zootecnici in un’ottica di sostenibilità economica. Fra le varie tecnologie adottabili, il biochar si propone come una tecnica di facile applicazione e di buona efficacia e, inoltre, permette di prolungare l’efficacia anche nella fase di spandimento e di coltivazione.
Tecnologie e strategie di mitigazione
Digestione anaerobica e bilancio dell’azoto
Nel processo di digestione anaerobica di un liquame bovino senza aggiunta di biomassa in codigestione, fatto 100 l’azoto ammoniacale che entra nel digestore, la quota presente nella frazione organica è il 60% mentre l’azotoammoniacale, indicativamente, costituisce il 40%. Il digestato che esce dal processo presenta una perdita di azoto del 5% e un nuovo equilibrio con il 44% di sostanza organica e il 56% di azoto in equilibrio fra l’ammonio e l’ammoniaca, quest’ultima soggetta a volatilizzazione.
Sempre indicativamente, nella separazione della frazione solida e liquida, il separato solido (10-20% della massa del digestato) contiene il 28% dell’azoto in forma di ammonio, ammoniaca, nitrati. La perdita di azoto per volatilizzazione dal separato solido varia tra il 10% e il 55%. La frazione liquida (80-90% del digestato) ha un equilibrio tra azoto organico (39%) e ammoniacale (61%), con perdite di circa il 40%, se non controllate. Sul separato liquido si concentrano quindi le prime e maggiori attenzioni.
Strategie di mitigazione dell’ammoniaca e sostenibilità in fase di stoccaggio
Le strategie di mitigazione delle emissioni durante lo stoccaggio dei reflui possono includere metodi fisici, chimici e microbiologici.
Tra i metodi fisici, le coperture con teli sono le più efficaci, mentre l’acidificazione si è rivelata una delle soluzioni chimiche più efficienti, pur necessitando di una gestione adeguata alla sicurezza.
La digestione anaerobica contribuisce alla diminuzione del metano riducendo i microrganismi metanogeni rispetto ai reflui tal quali. Resta, però, il problema dell’ammoniaca, la quale, se non controllata, può avere un impatto negativo sul suolo e sull’ambiente.
La sola acidificazione dei reflui e dei digestati può ridurre drasticamente le perdite di ammoniaca, ma l’effetto degli acidi non è duraturo a meno di mantenere il pH sotto 4,5.
Limitarsi ad un abbassamento del pH a solo il 5,5, efficace nel contenimento sia dell’ammoniaca che del metano, si scontra con il potere tampone del refluo/digestato basato non solo sull’equilibrio ammonio/ammoniaca, ma anche sull’equilibrio dei gruppi carbossilici /carbonilici e acido carbonico/ idrogeno carbonato/carbonato H2CO3/HCO3/CO32-. Grazie a questo potere, il pH risale in 30 – 60 giorni a valori pari a 7 e perciò la riduzione delle emissioni ammoniacali si riduce al 70% anziché alla quasi totalità. In ogni caso ingente e costosa diventa la quantità di acido da apportare.
Pertanto, l’uso del biochar emerge come una soluzione promettente, per la sua capacità di assorbire ammonio e ridurre la volatilizzazione sebbene vadano ben definite le caratteristiche. Uno dei problemi potrebbe esser infatti l’aumento del potere tampone che contrasta l’acidificazione, mentre un vantaggio è la diminuzione dello ione ammonio assorbito/adsorbito dal biochar. L’associazione con residui di trasformazione ancora ricchi in acidi organici e aggiunta di fermenti lattici quale il Lactobacillus plantarum, già ampiamente utilizzato per gli insilati, possono contenere il pH.
La volatilizzazione dell’ammoniaca, che si accumula nella parte superiore della vasca di stoccaggio, può essere ridotta mediante coperture con teli, crosta superficiale o paglia. Il biochar si è dimostrato un’efficace copertura, grazie alla sua capacità di scambio cationico (CSC), che varia da 5 a oltree 200 cmol+ kg-1 per alcune matrici, come il biochar da legno, a seconda della granulometria e dei processi di pirolisi. La determinazione della CSC su biochar è pratica ancora complessa tanto più che una volta nel terreno, subisce trasformazioni che ne aumentano il valore. L’attivazione del biochar con vari trattamenti può migliorarne ulteriormente le capacità di trattenimento dell’azoto. L’utilizzo come “cappello”, oltre a diminuire le perdite, consente di caricare il biochar con azoto e fosforo che verranno poi ceduti lentamente alle piante.
Le nostre prove in un sistema laboratoriale hanno confermato che il digestato emette maggiore ammoniaca del liquame per il maggior contenuto di ione ammonio; pertanto, per i digestati, in particolare la frazione liquida, è importante adottare le misure necessarie ad evitarne la perdita. Anche negli effluenti suini, più ricchi in ammonio di quelli bovini, è necessario adottare accortezze per mitigare la volatilizzazione dell’ammoniaca, a partire dall’applicazione di scrubber in stalla che favoriscono anche la salubrità dell’allevamento.
Il biochar utilizzato nello stoccaggio, grazie alla suddetta capacità di assorbire liquidi e gas è in grado di limitare le perdite ammoniacali. Il suo effetto dipende dalla natura del refluo, liquame o digestato, dal tipo di gas e dal tempo di stoccaggio.
Il biochar sia nel liquame che nel digestato fa diminuire le emissioni di CO2 e di CH4, per quest’ultimo gas per la diminuzione degli archea metanogeni, come riportato anche da altre esperienze.
Sui letami, il biochar è efficace nella fase di compostaggio e se usato come copertura. La sua capacità di assorbire l’ammoniaca aumenta con vari trattamenti attivanti, ma anche con il tipo di processo a cui è stato sottoposto. La pirolisi ad alta temperatura (700 °C) aumenta l’affinità del biochar verso la ammoniaca.
Strategie di mitigazione delle emissioni di ammoniaca nella distribuzione al suolo di digestati e reflui
Il destino dell’ammonio è da una parte di mettersi in equilibrio con l’ammoniaca che essendo volatile può essere emessa in atmosfera, dall’altra di andar incontro a processi microbici di immobilizzazione, nitrificazione e denitrificazione. Una parte dell’azoto viene assorbito dalla pianta, il protossido di azoto o l’azoto molecolare volatilizza in atmosfera, mentre una parte dei nitrati percola. Le caratteristiche del suolo interagiscono con questi bilanci: maggiore è infatti la CSC, maggiore è l’ammonio adsorbito e quindi tolto dall’equilibrio con l’ammoniaca e quindi si ottiene una sua minore emissione in atmosfera. Anche il pH del suolo influenza l’equilibrio ammonio/ammoniaca: suoli alcalini favoriscono l’emissione, mentre quelli acidi spostano l’equilibrio verso lo ione ammonio più facilmente trattenuto soprattutto in suoli con buona capacità di scambio. In questo caso, aumentare l’efficienza del refluo distribuito in campo consiste nell’aumentare la quota di azoto legata alla frazione organica o adsorbita tramite le proprietà di CSC delle varie componenti del terreno.
La distribuzione più efficace avviene con l’iniezione nel terreno e, quando non si può, un pronto intervento di interramento entro le 12 ore come da normativa, consente di diminuire le perdite di ammoniaca e perciò efficientare la sua funzione fertilizzante. Poiché gli investimenti in carri capaci di iniettare il digestato nel suolo sono ingenti, benché supportati dai contributi regionali PSR, è utile ricercare soluzioni che rendano economica e fattibile la mitigazione delle perdite di ammoniaca. Abbiamo già accennato che l’acidificazione blocca l’ammoniaca consentendo nel contempo di abbattere gli odori, ma visti i volumi di acido solforico o nitrico necessari, i costi e la pericolosità nel maneggiare tali sostanze ne sconsigliano l’impiego.
Come già evidenziato, le proprietà assorbenti e adsorbenti del biochar trattengono una buona quota di azoto ammoniacale e, se già caricato quando utilizzato come cappello nelle vasche di stoccaggio, consente di contenerne la volatilizzazione.
Inoltre, il biochar ha dimostrato essere efficace nel ridurre le emissioni di N2O dal suolo a seguito dell’aggiunta di digestato, sia tal quale che come frazione liquida. L’uso contestuale del biochar mitiga efficacemente l’incremento delle emissioni di gas serra dovute all’applicazione del digestato rispetto alla fertilizzazione chimica, aumentandone la sostenibilità.
Le sperimentazioni condotte presso il Crea ZA hanno mostrato che il biochar addizionato ai fertilizzanti organici non compromette le produzioni di mais insilato, la cui tecnica colturale ben condotta consente già di manifestare tutte le potenzialità della pianta, e può invece incrementare la produttività nella coltura avvicendata come la loiessa anche del 24%. Il bilancio fra azoto apportato all’avvicendamento mais loiessa e quello asportato consente un risparmio di fertilizzante azotato.
Verso una zootecnia sostenibile
Il progetto AMMOCHAR condotto da Fondazione Minoprio con il CREA ZA di Lodi e CREA AA di Firenze, si propone di utilizzare il biochar per migliorare l’efficienza agronomica e ambientale dei derivati zootecnici, dimostrando il suo potenziale nel ridurre le emissioni e migliorare l’assorbimento di nutrienti.
In conclusione, l’integrazione del biochar nelle pratiche di gestione delle deiezioni zootecniche può rappresentare una strategia efficace per aumentare la sostenibilità ambientale dell’agricoltura e migliorare l’efficienza nell’uso dell’azoto grazie all’immobilizzazione dell’ammoniaca e conseguente minor sua volatilizzazione e minori dilavamenti delle forme nitriche da lei derivanti, controllo delle emissioni di protossido d’azoto.
Iniziativa realizzata nell’ambito del progetto AMMOCHAR, cofinanziato dall’operazione 1.2.01 “Progetti dimostrativi e azioni di informazione” del Programma di Sviluppo Rurale 2014 – 2020 della Regione Lombardia.
Responsabile del progetto è Fondazione Minoprio ITS, realizzato con la collaborazione del Consiglio per la Ricerca in Agricoltura e l’Analisi Economica Agraria- CREA
PROGETTO AMMOCHAR
Utilizzo del biochar per aumentare l’efficienza agronomico/ambientale dei derivati zootecnici quale alternativa alle concimazioni chimiche
WEBINAR tecnico in modalità FAD:
Biochar per l’efficienza fertilizzante ed ambientale dei reflui zootecnici
17 dicembre 2024 ore 17:00-18:30
- I progetti Infochar - N control - Ammochar: perché la scelta del biochar
Massimo Valagussa - Fondazione Minoprio - Soluzioni per la riduzione delle emissioni di gas serra e ammoniaca da reflui zootecnici durante lo stoccaggio e in campo
Alessandra Lagomarsino CREA Agricoltura e Ambiente - Applicazione del digestato con il biochar per la fertilizzazione del mais
Daniele Cavalli - CREA Zootecnia e Acquacoltura - Il mercato volontario dei crediti di carbonio per il settore agricolo
Ilaria Falconi - CREA - Centro di ricerca Politiche e Bioeconomia
Per i Dottori Agronomi e Forestali il webinar è accreditato di 0,187 CFP ai sensi del regolamento CONAF 3/13
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