Si chiama AF-X1 e promette di essere la svolta nella lotta alle aflatossine nel mais.
La filosofia, biologica, ruota attorno alla prevenzione degli attacchi di Aspergillus flavus giocando sulla competizione fra ceppi atossigeni (ovvero ceppi naturali del fungo incapaci di produrre aflatossine) e ceppi tossigeni.
Il prodotto, che consiste in semi di sorgo inoculati con le spore del fungo atossigeno, va distribuito in campo e, per competizione, impedisce lo sviluppo del ceppo “cattivo”. L’efficacia è molto elevata (mediamente intorno all’80%). La registrazione del prodotto potrà richiedere alcuni anni, ma per la prossima campagna di semina, sarà richiesta nuovamente l’autorizzazione eccezionale alla vendita sul territorio nazionale.
È la risposta biologica all’ipotesi di abbassare le soglie di tolleranza nei mangimi lanciata nell’anno più buio, il 2003, quando la grave e diffusa contaminazione delle partite di mais mise in scacco l’intera filiera per mesi. Nasce da una proficua e sinergica alleanza fra mondo sementiero (DuPont Pioneer), rappresentanza e distribuzione agricola (Coldiretti e Consorzi Agrari d’Italia) e ricerca made in Italy (Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza).
Ne parliamo con il responsabile marketing di Pioneer, Matteo Piombino.
Il brevetto sarà europeo. Perché?
Il problema delle aflatossine non è circoscritto all’Italia. Diversi paesi Europei, in annate di caldo e siccità come il 2015, manifestano la stessa suscettibilità alla diffusione di Aspergillus. Questo nuovo prodotto potrebbe risolvere le difficoltà di tanti Paesi.
Cos’è AF-X1?
Il formulato AF-X1 è costituito da semi di sorgo inoculati con spore del fungo atossigeno. Il sorgo serve solo come vettore inerte, poiché i semi sono stati devitalizzati.
Come e quando va distribuito?
A spaglio con un comune spandiconcime. La finestra ideale è il periodo che va dal post-sarchiatura fino a 15 giorni prima della fioritura.
Si effettuano dunque le consuete operazioni colturali (concimazione azotata, sarchiatura) e subito dopo si distribuisce il prodotto.
Il prodotto va interrato?
No. Va distribuito dopo la sarchiatura proprio perché deve restare sulla superficie del terreno affinché le spore del fungo si attivino e si diffondano il più rapidamente possibile, fino a colonizzare la pianta e la spiga. È questo il principio del trattamento: favorire una colonizzazione preventiva e massiccia da parte del fungo “buono” per prevenire quella del fungo “cattivo”. Trattandosi di un ceppo autoctono del fungo, non richiede condizioni particolari per l’attivazione.
Esiste il rischio che il ceppo “buono” si combini con quelli tossigeni?
No. È un ceppo molto competitivo per quanto riguarda la rapidità di colonizzazione, ma non si combina con i tossigeni e resterà incapace di produrre altre tossine: sono state condotte sperimentazioni in proposito da parte dell’Università di Piacenza, che ha individuato ed isolato il ceppo.
Qualche cautela per la conservazione del prodotto?
È un prodotto secco e sarà commercializzato in sacchi di alluminio, quindi può resistere per molto tempo alle stesse condizioni di conservazione previste per i fitofarmaci: ambienti freschi e asciutti. Finché non riceve umidità resta inattivo.
Quanti anni di prove avete alle spalle?
La collaborazione con l’Università di Piacenza e la professoressa Battilani è di lunga data e riguarda anche altri progetti inerenti gli aspetti sanitari, specialmente sulle Fusarium tossine. Nel 2003 il team della professoressa Battilani ha avviato la selezione dei ceppi. Siamo arrivati alle prove di campo nel 2012 e sono proseguite sino al 2015; se si esclude il 2014, in tutti gli anni di prova la diffusione del fungo è stata importante.
Il 12 giugno di quest’anno, è arrivata l’autorizzazione straordinaria all’immissione in commercio, con il vincolo all’uso zootecnico del mais trattato, con decreto del ministero della Salute. AF-X1 è stato distribuito su circa 100 ettari in pieno campo, in diverse aree del Nord: Emilia-Romagna, Veneto, Friuli-Venezia Giulia. Il supporto di Coldiretti è stato fondamentale per l’avanzamento del progetto a livello autorizzativo oltre che per la gestione delle partite nei vari centri di stoccaggio.
Qual è la percentuale di controllo?
Superiore alle aspettative. Fino al 2011 le prove di laboratorio davano percentuali di abbattimento comprese fra il 92% e il 100%. Eravamo scettici circa i risultati del passaggio in campo dove spesso si rilevano grosse discordanze rispetto all’ambiente controllato del laboratorio e invece le percentuali sono state confermate: non sempre sul 95%, ma comunque oltre l’80% di riduzione media della presenza di aflatossine, e si arriva sino al 100%.
A quando la commercializzazione?
Siamo agli inizi dell’iter autorizzativo. Al momento stiamo producento la documentazione necessaria per la preparazione del dossier registrativo. Come anticipato precedentemente, per la prossima campagna faremo nuovamente richiesta di un’autorizzazione straordinaria. Ci auguriamo che l’autorizzazione arrivi in tempo utile per darci la possibilità di produrre AF-X1 su ampia scala: la tempestività di risposta sarà fondamentale.
Quale sarà il canale distributivo di questo prodotto?
AF-X1 sarà reso disponibile attraverso tutti i canali distributivi usuali per questa tipologia di prodotto.
Avete già un’idea del prezzo?
È presto. Il nostro impegno è quello di renderlo il più possibile accessibile. Non è un prodotto per guadagnare o speculare su un problema grave, ma un prodotto per salvaguardare il futuro della coltura del mais. Fino a qualche anno fa Aspergillus flavus era una presenza solo sporadica sulla coltura nei nostri ambienti ma, purtroppo, le ultime campagne ci hanno evidenziato una maggiore frequenza, con conseguenze assai problematiche.
Se il mais contaminato viene deprezzato, il prodotto sano (o più sano) potrebbe fare la differenza al momento della commercializzazione, pur trattandosi di una commodity?
È fuori di dubbio che la qualità sanitaria è una caratteristica molto apprezzata e ricercata dal mercato che vien riconosciuta a livello di prezzo. Lo dimostra, per esempio, l’inserimento della categoria del mais zootecnico e del mais di qualità alimentare nel listino della borsa merci di Milano. Il limite strutturale delle aziende agricole italiane, la frammentazione delle superfici, potrebbe anche trasformarsi in vantaggio e fornire l’opportunità di gestire meglio piccole partite per creare filiere di qualità.
E negli Stati Uniti?
Esiste un prodotto assimilabile commercializzato da circa 20 anni, sviluppato in particolare per la difesa del cotone e del pistacchio. Successivamente il prodotto ha trovato largo impiego sulla coltura del mais.
Si aprono nuove opportunità per la lotta alle micotossine degli altri cereali?
È un ambito di ricerca che può aver un seguito. Noi non abbiamo progetti specifici. La ricerca esiste, ma non è ancora molto avanzata. Di certo questo progetto può fare da apripista.
Questo prodotto metterà in secondo piano la prevenzione agronomica?
Ogni misura precauzionale resta assolutamente valida. Non salviamo la produzione ignorando l’agronomia. Il prodotto ha una capacità di controllo senza pari, ma non posso arrivare al raccolto del mais trascurando nutrizione e irrigazione in campo, umidità di raccolta e gestione dell’essiccazione in magazzino.
Il caso di AF-X1 rappresenta un inedito esempio di collaborazione tra ricerca, rappresentanza agricola e mondo sementiero.
Esattamente. Quello delle aflatossine è un problema che mette a rischio la salute pubblica e il futuro del comparto maidicolo e lattiero-caseario. L’impegno di tutti coloro che hanno collaborato al progetto, da CAI ai centri di saggio, agli ispettorati fitosanitari, è stato determinante per arrivare a proporre una soluzione efficace. Una menzione particolare, poi, va alle aziende maidicole coinvolte in questi anni nella sperimentazione in campo che hanno contribuito all’acquisizione di dati utili per l’arrivo del prodotto sul mercato.