STALLE IN PRIMO PIANO

F.lli Vasconi Una rivoluzione in tre anni

Nuovo regime alimentare e nuovo piano di fecondazioni, in questa azienda mantovana. I risultati non si sono fatti attendere: miglior fertilità, meno problemi postparto, animali più belli e produttivi anche con il caldo

L’azienda agricola Calura è una bella tenuta nel cuore della pianura mantovana, a Borgoforte, sudovest del capoluogo. Qui lavora la famiglia Vasconi: Roberto in primis, e poi il fratello Giancarlo e, ultimo entrato in azienda, Gianmarco, figlio di Roberto. In tre per gestire una cascina da 255 vacche e 75 ettari di terreno, coltivati principalmente a foraggi. Ma non soltanto a mais da insilato, come si potrebbe pensare. I fratelli Vasconi, infatti, da tre anni hanno adottato un regime alimentare un po’ più vario rispetto al classico silomais-soia-mais-medica. E, in controtendenza rispetto all’abitudine generale, applicano la loro razione quasi a 360 gradi: sulle vacche fresche, su quelle avanzate e persino sui vitelli. Fanno un’eccezione soltanto per manze e asciutte, alle quali danno un unifeed di composizione leggermente diversa. Tutto questo, ci dicono, con risultati davvero interessanti sotto il profilo sanitario e soprattutto della fertilità.

Meno proteine e più amidi

«Avevamo una razione alimentare molto tradizionale, ricca di proteine e con una buona percentuale di amidi. Come in quasi tutte le altre stalle italiane, si manifestavano però anche diversi problemi, sia sotto l’aspetto sanitario sia (e soprattutto) per la fertilità», ci spiega Giancarlo Vasconi.

Per questo motivo, continua l’allevatore, «ci siamo convinti a provare qualcosa di diverso, riducendo le proteine, azzerando o quasi il fieno essiccato e aumentando notevolmente farina e insilati. Il principio è semplice: migliorare la capacità di ingestione ma soprattutto il metabolismo degli animali. Le vacche, con questa dieta, dovrebbero in primo luogo mangiare di più e quindi assumere comunque la quantità di proteine necessaria per produrre un latte di qualità e, più in generale, dovrebbero “stare meglio”. Vale a dire miglior ruminazione, feci perfette e un evidente stato di benessere. Questo si dovrebbe ripercuotere positivamente su tutto l’animale: aspetto, fisiologia, produzione di latte, condizioni sanitarie».

Grano insilato e poco fieno

Il nuovo unifeed vede dunque una drastica riduzione del fieno essiccato (da 6,5 a 1 kg) e del nucleo (da 3,5 a 2,5 kg), mentre sono aumentate le dosi di farina di mais e ovviamente insilato. Che arriva a 34 kg, ma diviso quasi a metà tra il tradizionale mais e un meno usuale grano tenero.

«In realtà - precisa Giancarlo Vasconi - la proporzione tra grano e mais dipende anche dalla disponibilità. Per esempio, con l’autunno ho ridotto il frumento e aumentato il mais, perché il primo era quasi finito».

Non è invece casuale la scelta del grano insilato: «È un prodotto importantissimo, spesso sottovalutato. Innanzitutto è molto più digeribile del mais, in secondo luogo apporta molti zuccheri e quindi dà energia. Abbiamo iniziato a usarlo nel modo corretto dalla primavera scorsa e i risultati si vedono».

Infine - e da non sottovalutare - insilare grano permette di realizzare un secondo raccolto di mais e quindi di far rendere al meglio la superficie coltivata. I Vasconi dispongono infatti di 75 ettari di terreni, dai quali ricavano i foraggi necessari per l’intera stalla. Chiaramente, sostituire il fieno essiccato con gli insilati ha comportato anche una riorganizzazione strutturale. «Abbiamo i capannoni del fieno praticamente vuoti, mentre abbiamo dovuto costruire nuove trincee. Comunque, anche da questo punto di vista il sistema dà vantaggi, perché fare una platea costa sicuramente meno che costruire un capannone».

Qualche problema può venire invece dalla raccolta, una fase molto delicata per avere un buon insilato. E dover gestire più trincee può essere rischioso. «In effetti quest’anno il contoterzista ha sbagliato il mais di secondo raccolto, tenendo il rompigranella troppo aperto per accelerare i tempi di lavorazione. Il risultato è che abbiamo una granella quasi integra e che quindi non è ben digerita dagli animali».

Gli effetti: fertilità e salute

Alla cascina Calura adottano questo regime alimentare ormai da tre anni, fatta salva una sospensione di alcuni mesi, durante i quali i Vasconi sono tornati alla vecchia dieta «per verificare che i cambiamenti riscontrati fossero effettivamente dovuti all’alimentazione e non a qualche altro fattore» spiega Gianmarco.

Quali sono, dunque, questi cambiamenti? Corrispondono alle previsioni? «I fattori riproduttivi sono decisamente migliorati - ci conferma Giancarlo - al punto che abbiamo una percentuale di vacche gravide che va dal 75 all’80% dell’intera mandria. Inoltre ingravidiamo le vacche con una media di due fecondazioni per capo, non di più. I calori sono regolari e facili da individuare, ma soprattutto non si fermano con l’arrivo del caldo. Non a caso abbiamo, durante l’anno, una media di 15-16 vacche da asciugare ogni mese, indipendentemente dalla stagione».

Questo ha portato a un risultato in qualche modo storico per i Vasconi: in un anno il numero di vacche in lattazione è aumentato di una trentina di capi. «Non eravamo mai riusciti a superare le 210 o 215 unità, per quanti sforzi facessimo, invece adesso siamo in costante crescita. Questo per la maggior fertilità e perché gli animali durano di più in stalla».

Dunque anche l’aspetto sanitario ha risentito positivamente della nuova gestione. «Certamente - conferma Giancarlo Vasconi - a cominciare dai problemi post-parto, che si sono notevolmente ridotti. Meno dislocazioni, meno metriti, meno chetosi. Anche grazie a questo innegabile miglioramento siamo riusciti ad aumentare il numero di vacche in stalla, ovviamente. Prima c’era sempre qualche animale che finiva male e che quindi doveva essere venduto per necessità; oggi le vendite sono programmate. Inoltre la vacca perde meno peso dopo il parto; in altre parole si riprende meglio dallo stress».

Quel che si nota a prima vista, continua l’allevatore, è l’aspetto “sano” dell’animale: «Il tono colpisce subito l’occhio. Pelo lucido, vacca in carne senza essere grassa, evidentemente in uno stato di benessere. Tanto è vero che il calo tra produzione invernale ed estiva è minimo, nell’ordine del 15% al massimo».

Un quintale in meno

C’è stato invece un calo produttivo generale, che Vasconi quantifica in un quintale per vacca a 305 giorni, «o forse anche qualcosa in più. Tuttavia dobbiamo considerare che nel 2011 abbiamo introdotto diverse primipare e pertanto questo quintale perso potremmo recuperarlo già da quest’anno, quando le vacche saranno un po’ più produttive. Ma quel che conta alla fine non è tanto il quintale in più o in meno sulla singola vacca, ma la costanza di tutta la mandria e i quintali che porti in caseificio. Se continuiamo di questo passo, a fine anno arriveremo a 24mila quintali; questo è il dato che soprattutto ci interessa».

F.lli Vasconi Una rivoluzione in tre anni - Ultima modifica: 2013-04-15T12:03:46+02:00 da nova Agricoltura

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento
Per favore inserisci il tuo nome