TRASFORMAZIONE

Con il packaging “rinnovabile” il carciofo in IV gamma dura di più

Grazie al pla, biopolimero microperforato, migliorano conservazione e aspetto

Il carciofo è un importante componente della dieta mediterranea, ricco di composti fenolici bioattivi, inulina, fibre e minerali. Con una produzione di oltre 470mila tonnellate annue (il 36% della produzione mondiale), l’Italia rappresenta il principale produttore al mondo di carciofo. La sua coltivazione è localizzata principalmente in Puglia, Sicilia e Sardegna, che da sole coprono circa il 90% della superficie complessiva dedicata a questa coltura. Violetto di Provenza, Catanese, Romanesco, Spinoso Sardo e Violetto di Toscana sono solo alcune delle varietà più diffuse e apprezzate dal consumatore.

L’imbrunimento

«La laboriosità delle operazioni di mondatura, con conseguente allungamento dei tempi di preparazione, e l’elevata percentuale di scarto (la parte edibile costituisce meno del 50% in peso dell’intero capolino) ne rendono auspicabile la preparazione come prodotto di IV gamma – sostiene Giancarlo Colelli docente ordinario di Macchine e impianti per le operazioni post-raccolta ed esperto di IV gamma del dipartimento di Scienze delle produzioni e dell’innovazione nei sistemi agroalimentari mediterranei (Prime) dell’Università di Foggia –. Tuttavia le tecnologie impiegate con successo per molti prodotti minimamente processati risultano avere scarsa efficacia sul carciofo; infatti, a causa del suo elevato contenuto fenolico (fino al 12% del peso secco della porzione edibile), subisce immediatamente dopo il taglio un rapido imbrunimento, di natura enzimatica e non, che ne limita la commerciabilità».

«La scelta di genotipi caratterizzati da un basso contenuto in fenoli o da una minore attività enzimatica si rivela pertanto di fondamentale importanza per produrre carciofo di IV gamma; inoltre risulta determinante la corretta gestione di una serie di parametri in post-raccolta, quali temperatura, pH, disponibilità di ossigeno e l’impiego di composti antimbrunenti».

Condizioni d’imballaggio

I prodotti di IV gamma sono per la maggior parte dei casi confezionati in materiale polimerico (rigido o flessibile): tale barriera protegge dalla possibile contaminazione e crea condizioni di atmosfera modificata, generalmente caratterizzata da un ridotto contenuto in O2 e da una concentrazione elevata di CO2. Tale tecnica è ampiamente utilizzata per estendere la vita commerciale dei prodotti in quanto favorisce il raggiungimento di una composizione gassosa ottimale, specifica per il prodotto. Questo livello ottimale di gas può essere raggiunto passivamente, chiudendo semplicemente il prodotto nella confezione, o in maniera attiva, sostituendo l’aria all’interno dell’imballaggio con una miscela di gas preparata. In ogni caso, una volta chiusa la confezione non è più possibile intervenire sulla composizione dell’atmosfera, la quale evolverà in funzione del metabolismo del prodotto e delle proprietà barriera del materiale di imballaggio, raggiungendo un equilibrio (fase stazionaria).

Se la scelta delle condizioni di packaging sono giuste le condizioni di equilibrio contribuiscono a mantenere la qualità del prodotto nel tempo, altrimenti (come spesso purtroppo accade) potrebbero non apportare benefici o, addirittura, risultare deleterie, originando imbrunimenti, fermentazioni, sapori e odori sgradevoli.

Composizione della MAP

«Dalla sperimentazione condotta sulla varietà Catanese, è emerso che il confezionamento in atmosfera modificata (modified atmosphere packaging, Map) da solo non sembra essere sufficiente a garantire la conservazione ottimale di carciofi di IV gamma per tempi compatibili con la vita commerciale del prodotto. Livelli di ossigeno compresi tra il 3% e l’8% non hanno apportato miglioramenti apprezzabili sull’aspetto esteriore, mentre concentrazioni prossime all’1% ne hanno talvolta provocato un maggior deterioramento qualitativo, dovuto probabilmente al superamento di una concentrazione soglia di ossigeno, al di sotto della quale la respirazione è inibita ed è rimpiazzata da fenomeni fermentativi che determinano la sintesi di composti volatili responsabili della comparsa di odori e sapori indesiderati (off-flavours), cioè etanolo e acetaldeide, oppure dell’imbrunimento dei tessuti, cioè ammoniaca. Così, se moderate concentrazioni di CO2, comprese tra il 5% e il 15%, apportano lievi benefici sulla qualità del prodotto (minor calo peso, lieve miglioramento del colore), concentrazioni prossime al 20% risultano dannose provocando severi imbrunimenti sulla superficie delle brattee esterne».

In base alla lunga sperimentazione effettuata, è stato proposto, informa Colelli, un intervallo di concentrazioni (O2 non inferiore al 5% e CO2 non superiore al 15%) al di fuori del quale non è consigliabile esporre il prodotto, per evitare il rischio che si producano dei danni.

«Partendo da questo dato è stato progettato un sistema d’imballaggio in grado di permettere il rapido raggiungimento (e il mantenimento) di concentrazioni dei due gas poste all’interno del suddetto intervallo di sicurezza; tale condizione, unita a un pretrattamento con composti antiossidanti capaci di inibire o rallentare l’azione degli enzimi responsabili dell’imbrunimento dei tessuti, potrebbe garantire al prodotto un’adeguata shelf-life».

Acido polilattico

Considerando le condizioni di imballaggio (quantità di prodotto da confezionare e dimensioni dell’imballaggio) e calcolando in via orientativa la velocità di trasmissione dei gas necessaria attraverso il materiale barriera, spiega Colelli, sono state effettuate una serie di prove sperimentali per individuare il packaging più appropriato.

«Accanto ai materiali plastici tradizionalmente impiegati nell’industria alimentare, quali polipropilene (PP) e polipropilene + poliammide (PP+PA), abbiamo sperimentato l’impiego dell’acido polilattico (PLA), un biopolimero ottenuto a partire da materie prime rinnovabili. Data l’elevata attività respiratoria del carciofo, al fine di evitare un eccessivo consumo di O2 e accumulo di CO2 all’interno della confezione, sono stati impiegati film microperforati. L’entità della diffusione dei gas attraverso un film microperforato è data dalla somma della diffusione attraverso i microfori e dalla maggiore o minore permeabilità del film stesso; generalmente, la quantità di gas che diffonde attraverso i microfori è molto più elevata di quella che attraversa il film, e questo tipo di imballaggio è normalmente indicato per prodotti caratterizzati da una elevata domanda di O2».

I risultati ottenuti hanno mostrato che tutti i materiali testati, qualora dotati di un certo numero di microperforazioni, hanno consentito il conseguimento in tempi brevi dell’intervallo di sicurezza (safety range): O2 non inferiore al 5% e CO2 non superiore al 15% che ha evitato danni al prodotto, garantendone una conservazione anche migliore rispetto al prodotto esposto all’aria.

I carciofi confezionati in PLA microperforato hanno anche mostrato un aspetto esteriore leggermente migliore, pur registrando un maggior calo peso, dovuto probabilmente alle scarse proprietà barriera del PLA al vapor d’acqua, mentre l’effetto peggiore si è potuto osservare sul prodotto conservato in PLA non microperforato.

Con il packaging “rinnovabile” il carciofo in IV gamma dura di più - Ultima modifica: 2013-04-12T09:14:08+02:00 da nova Agricoltura

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