INNOVAZIONE

La serra che verrà

Grandi miglioramenti lavorando sulle coperture meno avanzate

“Sostenibilità” è la parola chiave per il futuro
dell'agricoltura: come sfamare i 9-10
miliardi di popolazione mondiale attesi per il
2050 aumentando le rese (o diminuendo le
perdite), ma in un orizzonte di risorse sempre
più scarse: suolo, acqua, fertilizzanti, energia?
Dovremo raddoppiare l'attuale produzione di
cibo, senza però distruggere il Pianeta.

Il problema riguarda soprattutto le quattro
colture fondamentali che oggi sfamano l'umanità
- riso, grano, mais e patata - oltre a
frutta e ortaggi per garantire una dieta ricca
ed equilibrata. Per gli ortaggi, il miglioramento delle colture protette può dare sicuramente
ottime soluzioni. Vale sia per le serre attive,
cioè altamente tecnologiche, utilizzate
nei Paesi avanzati, sia soprattutto per le serre
“passive”, che sono la maggioranza.
Le serre hi-tech, nate e sviluppate soprattutto
in Olanda, poi diffuse in Paesi limitrofi, Belgio
e Inghilterra in primis, ora anche in Germania,
hanno cominciato a colonizzare anche il Nord
America (Canada, Stati Uniti, qualche area del
Messico) e da poco Russia e Giappone.

La questione energetica

A fare da spartiacque tra serre “attive” e
serre “passive” è soprattutto la questione
energetica. Le serre hi-tech olandesi sono
una gran bella cosa, ma richiedono un input
energetico molto elevato. Ci sono produttori
olandesi di pomodoro, dotati di illuminazione
artificiale e impianti di cogenerazione, che
arrivano a 70-90 kg/m2 di resa, lontana anni
luce da quella di produttori mediterranei
“passivi” fermi a 15-25 kg/m2, ma molti olandesi
quest'anno falliranno a causa dei costi
di produzione troppo alti.

La serra “semi-chiusa” olandese, su cui si lavora
da vari anni, può essere una soluzione:
permette di accumulare in falda l'eccesso di
radiazione estiva per riutilizzarla d'inverno
tramite pompe di calore, per scaldare e/o
deumidificare, così aumenta anche la concentrazione
di CO2 e si riduce l'ingresso di
patogeni.

Rispetto ai prezzi di mercato degli ortaggi,
in continua discesa, questa serra richiede
però investimenti troppo elevati. Non l'aiutano
nemmeno il calo del prezzo del barile
di petrolio e, di conseguenza, anche del gas.
Per renderla più conveniente, alcune stime
suggeriscono di sperare che il petrolio salga
da 80 ad almeno 120 $/barile, il che non è un
buon augurio. In ogni caso è una strada da
approfondire, visto che in pochi anni modelli
di questo tipo sono riusciti a dimezzare i consumi
di gas nel pomodoro da ca. 45-50 a soli
20-25 m3/m2/anno.

Un'altra soluzione potrebbe essere, invece,
quella di trasferire parte del sistema e knowhow
olandesi in serre mediterranee. È quello
che hanno fatto recentemente, ad esempio,
alcuni coltivatori leader di pomodoro aprendo
succursali in Spagna, Portogallo, Turchia
e Nord Africa. In questi Paesi hanno sostituito
talvolta la serra in vetro con una plastica, rinunciando
alla lunga durata del vetro e a qualche
punto % di trasmissione di luce, ma ottenendo
investimenti molto più contenuti. Non
hanno rinunciato però alle finestre di colmo,
per controllare meglio temperatura e umidità,
ma anche per aumentare il ricambio naturale
di CO2 con l'esterno; hanno confermato lo
schermo ombreggiante e/o energetico, che
per molti giorni dell'anno può ottenere effetti
simili a quelli di un impianto di riscaldamento
o raffrescamento; le colture sono fuori suolo.
Ovviamente.

(*) Ceres S.r.l. - Società di Consulenza in Agricoltura

Allegati

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La serra che verrà - Ultima modifica: 2014-11-19T00:00:00+01:00 da Redazione Terra e Vita
La serra che verrà - Ultima modifica: 2014-11-19T16:01:30+01:00 da nova Agricoltura

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