Il vetro ha perso il predominio sul vino da tavola e anche l’esclusiva sul vino a denominazione. Nel canale di vendita dei cash&carry il tetrabrik ha infatti già raggiunto il 43% delle vendite in volume (solo 20% nella gdo) e ulteriori chance per il cartone vengono dalle aperture del sistema delle Do al cosidetto “bag in box”.
Il decreto ministeriale del 4 agosto 2008 ha infatti autorizzato l’utilizzo di questi contenitori alternativi per i vini a denominazione protetta, con alcune restrizioni (ad esempio quello del formato minimo pari a 2 litri) e a patto che il disciplinare della denominazione lo preveda espressamente. Autorizzazioni che non si sono fatte attendere e che nel corso dell’ultimo anno hanno interessato la Doc Piemonte per le tipologie Chardonnay, Cortese, Barbera, Bonarda e Grignolino. La Doc Montepulciano d’Abruzzo. La Doc del Sangiovese di Romagna. Tutte produzioni a forte connotazione territoriale, ma caratterizzate da elevati volumi e da una consolidata propensione all’export.
Dal Monferrato alla Scandinavia, in scatola
E i monopoli scandinavi, mercato di punta per i vini di qualità confezionati con questo imballaggio, hanno dato il via libera a molte di queste produzioni.
In questo modo l’Italia potrà concorrere ad armi pari con i cugini francesi, che confezionano da anni molti vini regionali (ad esempio l’Aoc Bourgogne Pinot Noir, ma anche alcuni Chateau) in bag in box con packaging molto eleganti e raffinati.
Le modifiche dei disciplinari di produzione erano attese, ma non hanno mancato di suscitare polemiche. Sul mercato interno c’è infatti ancora chi considera il confezionamento in cartone come sinonimo di scadimento qualitativo, inaccettabile per una doc.
Eppure si tratta del metodo migliore per preservare il vino dalle ossidazioni, adatto per un consumo moderato ma protratto nel tempo, e quindi ideale anche per i consumatori single. Il bag in box (letteralmente borsa in scatola) è infatti una sacca in plastica alimentare dilatabile ed elastica, provvista di un rubinetto di spillatura. La sacca (bag) è inserita in un contenitore rigido in cartone (box) e consente di spillare il vino poco per volta, restringendosi senza che si creino bolle d’aria.
Sfuso a domicilio, senza damigiana
La speciale valvola di spillatura assicura il sottovuoto dell’involucro a caduta.
Due anni fa, al momento delle aperture concesse ai vini Doc, le aspettative erano in realtà per uno sviluppo del bag in box molto più veloce di quanto poi si è verificato.
Design ergonomici, colori accattivanti
A frenare l’avanzata del cartone ha contribuito anche la controffensiva della bottiglia. La nuova concorrenza ha infatti spinto l’industria del vetro a sviluppare nuove soluzioni: design ergonomici per combinare estetica e funzionalità, colorazioni accattivanti e personalizzate (con il ritorno della bottiglia nera in versione più controllabile, più flessibile e meno onerosa). Puntando soprattutto sulla carta dell’ecosostenibilità di questo materiale.
Il ritorno del vuoto a rendere
L’impegno ambientale è una carta che può dare risposte anche in chiave commerciale: una connotazione che ha portato a sviluppare numerose iniziative per incentivare il ritorno al vuoto a rendere in numerose zone d’Italia (un progetto di legge in tal senso aspetta ad essere discusso anche in Parlamento).
Il contributo ambientale di queste iniziative è stato calcolato da O-I, uno dei maggiori produttori al mondo di contenitori in vetro, che in un suo recente studio ha preso in considerazione il completo iter della confezione, dall’estrazione delle materie prime, al riuso o al riciclo.
Riciclo che rilancia il vetro rispetto agli altri materiali come Pet o alluminio, ribaltando la classifica riguardo all’impronta di carbonio.
Riuso, riciclo e impronta di carbonio
lavorare le materie prime. Viene infatti calcolato che per ogni 10% di
vetro riciclato e riutilizzato vengono tagliate le emissioni di anidride
carbonica del 5% e l’uso di energia si riduce del 3%. Sempre da questo
studio emergerebbe che il trasporto dei contenitori di vetro finiti
costituirebbe solo una piccola parte (4-5%) del completo carbon footprint del vetro.
Oggi il tasso di vetro riciclato utilizzato da industrie come O-I in Europa è pari al 47% (molto minore la quota italiana).
E un’ulteriore strada per abbassare l’impatto ambientale (e i costi) di questo materiale deriva dall’attuale tendenza all”alleggerimento” delle bottiglie.
Meno peso, stessa resistenza
Confezioni significativamente più leggere rispetto ai modelli convenzionali offrono infatti un risparmio sia in termini di energia usata nel processo produttivo che di emissioni di anidride carbonica.
Come per la nuova gamma di bottiglie in vetro alleggerito “Lean & Green” progettata da O-I , caratterizzata da un design con un collo accentuato ed elegante e un’innovativa cavità che si estende in lunghezza per preservare l’etichetta dal deterioramento durante lo stivaggio e il trasporto. Il peso delle bottiglie diminuisce in questo modo dal 15 al 30% ma, nonostante il risparmio in materiale, la bottiglia non perde in resistenza grazie all’ottimale bilanciamento della sua struttura.