Ecoschemi, l’Italia non abbozza e anzi rilancia.
Nella nuova versione del Piano strategico nazionale, pronto per il definitivo invio a Bruxelles (una sintesi del documento è scaricabile dal sito della Rete Rurale nazionale), emerge la volontà del nostro Paese di non dare troppo seguito alle proposte di modifica inviate dalla Commissione Europea lo scorso marzo, difendendo il potere decisionale attribuito dal new delivery model della Pac agli Stati membri.
Cosa prevede il nuovo Psp
Alle critiche e ai chiarimenti richiesti dall’Esecutivo europeo, l’apposito Tavolo di partenariato che riunisce Regioni e Ministero risponde ricordando che gli «impegni proposti nei 5 eco-schemi sono stati impostati con l’obiettivo di ampliare quanto più possibile la platea di agricoltori capace di adottare impegni ambientali volontari oltre la condizionalità, avvicinandoli progressivamente a pratiche agricole e allevatoriali più sostenibili».
Anteprima del primo piano di Terra e Vita 28/2022
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Logica “entry level”
Gli impegni descritti negli ecoschemi sono stati infatti individuati sulla base della loro efficacia ambientale, ma anche della facilità di adozione, della possibilità di applicarli su tutto il territorio nazionale e della loro comunicabilità al mondo produttivo, in una logica di schemi “entry-level”.
La scelta degli impegni degli eco-schemi è stata fatta anche sulla logica della semplificazione, con l’obiettivo di evitare controlli troppo complessi, vista la platea potenzialmente molto ampia di beneficiari.
Il nodo dei sistemi foraggeri estensivi
Il nodo più intricato da sciogliere ha riguardato l’ecoschema 4 (sistemi foraggeri estensivi con avvicendamento), l’unico che consente di corrispondere aiuti aggiuntivi ai seminativi e l’unico su cui la Commissione ha espresso esplicitamente la necessità di sostanziali modifiche. Al riguardo Bruxelles chiedeva di:
- modificare l’ecoschema in quanto riguarda tutte le superfici foraggere, compreso il mais foraggero e altri seminativi per foraggio, e non comporta quindi alcun beneficio ambientale. L’ecoschema dovrebbe piuttosto concentrarsi su leguminose, pascoli temporanei (in sostituzione di seminativi per foraggio) e altre colture per la diversificazione dei seminativi, contribuendo nel contempo efficacemente agli obiettivi descritti;
- l’Italia dovrebbe inoltre garantire che l’incorporazione di residui per le colture da rinnovo vada oltre i potenziali requisiti di base e le pratiche abituali.
Osservazioni solo parzialmente recepite nel corso della revisione del nostro piano strategico per la Pac.
Il nostro Paese non intende infatti penalizzare ulteriormente una coltura come il mais, tra quelle più condizionate dalle scelte della nuova Pac.
La riformulazione dell’impegno
La nuova formulazione dell’ecoschema 4 punta invece a:
- tutelare il ruolo delle leguminose foraggere e delle colture da rinnovo precisando la necessità di una loro presenza in avvicendamenti che devono essere per lo meno biennali;
- specificare che l’impegno relativo alla riduzione dell’uso dei prodotti fitosanitari è soddisfatto attraverso l’adozione di pratiche di difesa integrata sulle colture da rinnovo (quindi diserbo possibile su mais) e il divieto di tali mezzi sulle leguminose foraggere;
- mitigare il divieto all’asportazione dei residui colturali dal terreno attraverso una deroga per le aziende zootecniche;
- prevedere che l’interramento dei residui colturali nei terreni possa avvenire con tecniche di minima lavorazione o semina su sodo.
L'aiuto previsto
L’eco-schema prevede un pagamento annuale a compensazione dei costi supplementari e del mancato guadagno dovuto agli impegni assunti, stimato pari a 110 euro/ha.
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