Riceviamo e volentieri pubblichiamo l'intervento di Alessandra Pesce (Dirigente di ricerca del Crea e sottosegretario alle Politiche agricole del Governo Conte I) dedicato alla costruzione della nuova Pac
L’ultimo anno è trascorso all’insegna della revisione degli strumenti della Politica agricola comunitaria (Pac) pronta a introdurre qualche blanda innovazione in un sistema consolidato di strumenti rigidi e talvolta poco efficaci di distribuzione di risorse all’agricoltura europea.
Un peso finanziario non trascurabile
Il peso finanziario della Pac è tutt’altro che trascurabile: impegna quasi un terzo del bilancio europeo e nel nostro Paese eroga una cifra di quasi 4,5 miliardi di euro l’anno, pari al 15% del valore aggiunto agricolo.
Si tratta, a ben vedere, di uno degli strumenti di politica economica più consistenti se si considera la platea di beneficiari e gli obiettivi che intende perseguire. Basti pensare che solo per una parte della Politica agricola comunitaria (i pagamenti diretti) in Italia vengono erogati annualmente oltre 3 miliardi di Euro a 800mila beneficiari con una dotazione media per ettaro di 350 euro.
Ma quali sono i veri obiettivi?
Sulla valutazione degli strumenti della PAC si sono svolti fiumi di lavori più o meno accademici nella maggior parte dei casi rivolti a comprenderne il grado di efficienza, efficacia e di impatto. Le angolazioni possono essere molto distanti tra loro, soprattutto considerando il fatto che le valutazioni devono necessariamente partire dagli obiettivi che la politica si prefigge.
Ecco, questo diventa il nocciolo della questione.
L’emergenza sanitaria a questo punto allontana la retorica e inevitabilmente porta a focalizzare i termini della questione. Il sistema agroalimentare ha risposto alla sfida del Covid 19 continuando a produrre, diventando esso stesso un circuito virtuoso nel sistema di assistenza e cura.
L'effettiva catena produttiva
Non solo, è emerso con tutta evidenza la necessità di avere un sistema produttivo efficiente, con servizi di sostegno (dalla logistica alla qualità, giusto per fare due esempi con distanze enormi tra loro in termini di strumenti da attivare) capaci di rispondere con tempismo a una domanda senza generare psicosi. Si è posto il tema degli approvvigionamenti di materie prime, di trasformazione e distribuzione. Quindi il tema di un'effettiva catena produttiva.
Allo stato attuale siamo ancora abbastanza attoniti a seguito dello tsunami che ha investito l’economia e il settore agroalimentare, ma i risultati di questo mese possono essere realmente essere messi a frutto per un ripensamento costruttivo degli strumenti di politica economica.
Non riproporre la stessa struttura della Pac
In particolare, ha senso riproporre la attuale struttura della Politica agricola comunitaria a seguito dell’emergenza sanitaria? Non è forse più logico ragionare su un assetto che premi la qualità e la sostenibilità delle produzioni, il sistema contrattuale, l’innovazione, considerando gli obiettivi del Green deal o dell’agenda digitale? Il tutto dovrebbe essere sostenuto da una reale semplificazione, in grado di far accedere ai contributi in modo agile e diretto. La semplificazione è sempre stata solo annunciata ma mai messa in pratica, perché subissata di deroghe, specificazioni e applicazioni che allontano gli investitori e sostengono il sistema burocratico.
Maggiore visione prospettica
La definizione del supporto della Pac entra a pieno titolo nella discussione del Quadro finanziario poliennale (Qfp) che si svolgerà nei prossimi giorni, anche se svolgerà un ruolo di secondaria importanza alla luce delle opzioni sul tappeto per gli investimenti del Recovery Fund. Ma questo non deve spegnere i riflettori sul tema.
Il dolore che il coronavirus ha generato in questi mesi deve essere lo scatto per superare ogni automatismo e trovare le soluzioni con una maggiore visione prospettica. A questa riflessione e sfida tutti si devono sentire chiamati.
Alessandra Pesce