Il prezzo del grano ha di recente proseguito nella direzione di un rapido calo sia sull’Euronext (Matif) francese che sul Cbot americano, rompendo livelli di supporto, come gli 8,50 $/bushel del Soft Red Winter sulla piazza di Chicago, considerati dagli operatori internazionali un valore bivio per il futuro andamento delle quotazioni. A condurre i mercati a testare i livelli critici di prezzo hanno contribuito l’evoluzione del conflitto russo-ucraino e il mantenimento (o meno) del corridoio per l’esportazione dal Mar Nero. Poiché tale sopravvivenza pare assai più probabile rispetto a una chiusura dei porti, che alla fine dei conti penalizzerebbe molto anche quella Russia principale esportatore mondiale, le borse e i mercati hanno velocemente metabolizzato questo dato commercialmente distensivo.
Se sulle piazze i prezzi sono scesi è in parte anche dovuto alla pressione ribassista imposta dalla crescente offerta russa in quasi tutte le più recenti aste d’acquisto internazionali come quelle algerina, egiziana e tunisina, per non parlare dell’inatteso acquisto dell’Arabia Saudita. In Europa, poco competitiva nell’export a causa del dollaro forte, si è registrata volatilità con frequenti rincari e ribassi dovuti più alla speculazione sui possibili problemi logistici dal Mar Nero che a una reale preferenza degli acquirenti per le origini comunitarie.
Cali produttivi nell'Emisfero Sud
Allargando l’analisi alle aree dell’Emisfero Sud, in procinto di raccolta e tra poco anche loro pronte a immettere merce sul mercato, notiamo una sensibile revisione al ribasso delle produzioni in Argentina a poco più di 12 mln/t (-40% sul 2021) e problemi climatici in Australia (piogge torrenziali) a detrimento della qualità merceologica e molitoria dei loro grani. In Brasile e nelle aree del Sud-Est Asiatico sale la preoccupazione degli utilizzatori che, in alternativa ad Australia e Argentina potrebbero essere costretti ad orientare (fatto insolito) parte della loro domanda verso la Russia.
A sostegno di sirene rialziste, opposte a quelle che abbiamo finora rilevato sulle nostre piazze, c’è il massiccio acquisto dell’Arabia Saudita che in un solo colpo ha coperto quasi tutto il fabbisogno per la corrente campagna.
Nelle prossime settimane il mercato è atteso muoversi ma in un contesto subordinato sia all’offerta russa che alla conferma (o meno) delle speranzose stime di esportazione di Europa e Nord America. Poi si comincerà a guardare alle semine 2022 e alla stima dei raccolti 2023.