La questione delle varietà vegetali brevettate e dei limiti dei diritti dei breeder su esse è stata per anni materia di scontro fra società di breeding da un lato e organizzazioni agricole e Op dall’altro. Di recente però la Corte di Giustizia Ue ha chiarito e definito tali limiti con una sentenza che può definirsi storica.
Corte di Giustizia Ue: limiti dei diritti dei breeder sulle varietà vegetali
Sulla questione della tutela dei diritti di proprietà intellettuale sulle varietà vegetali si è pronunciata il 19 dicembre 2019 la Corte di Giustizia Ue emanando la sentenza nel caso C-176/18, in risposta alle domande rivolte dal Tribunale Supremo spagnolo su come interpretare alcuni articoli del Reg. Ue n. 2100/94 sulla privativa comunitaria per ritrovati vegetali (https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/ALL/?uri=CELEX%3A31994R2100) relativi alle attività di moltiplicazione, produzione, riproduzione, raccolta e commercializzazione dei frutti. La sentenza riguarda tutte le varietà vegetali in cui il frutto non può a sua volta costituire materiale di moltiplicazione (produzione o riproduzione) della varietà, quindi anche le viti, non potendo ottenersi dai loro frutti una nuova vite.
La Corte di Giustizia ha fornito un’interpretazione diametralmente opposta a quella sostenuta dalla Comunità internazionale di allevatori di varietà ornamentali e di frutta riprodotte asessualmente (Ciopora, Communauté internationale des obtenteurs de plantes ornamentales et frutières à reproduction asexueé), associazione di breeder alla quale appartengono i titolari di varietà di uve apirene presenti in Puglia. In pratica, confermando l’opinione che l’Avvocato Generale aveva già pubblicato qualche mese prima, ha stabilito che non basta depositare la domanda di privativa di una varietà per avere piena tutela su ogni aspetto della vita della sua pianta e dei suoi frutti. Infatti possono passare anni dal deposito della domanda alla concessione della privativa; ma, poiché solo con tale concessione il titolare del brevetto acquista i diritti esclusivi su essa (e quindi il diritto di autorizzare e/o vietare gli atti indicati nell’art. 13 (2) del Reg. Ue), prima di tale momento si applicherà la tutela provvisoria prevista dall’art. 95 del Reg. Ue, che limita il diritto a ottenere solo un “equo indennizzo”, senza quindi estenderlo a provvedimenti quali lo sradicamento e la distruzione di piantagioni precedenti la data di concessione della privativa.
Il tribunale di Bari ha negato l’espianto a IFG
Con un recente provvedimento, il Tribunale di Bari è stato il primo ad applicare la sentenza della Corte di Giustizia Ue in un contenzioso che coinvolgeva la società di breeding statunitense International Fruit Genetics, confermando che “l’unica forma di tutela è costituita dall’art. 95 Reg Ue 2100/94, per cui per gli atti anteriori alla concessione della privativa il titolare può esigere un indennizzo adeguato da parte di chiunque abbia commesso, nel periodo compreso tra la pubblicazione della domanda di privativa comunitaria per ritrovati vegetali e la concessione della stessa, un atto che gli sarebbe stato vietato, dopo tale periodo, in virtù della privativa comunitaria per ritrovati vegetali” e respingendo ogni altra richiesta del breeder. Tale provvedimento dei giudici baresi è di rilevante importanza per definire molti contenziosi relativi alle pretese violazioni dei diritti di privativa nelle uve seedless (prodotte quasi totalmente in Puglia), proprio tenendo conto della dichiarata intenzione di alcuni breeder di ottenere “lo sradicamento delle piantagioni illegali”.
CIA, dossier all’AGCM contro gli schemi contrattuali dei breeder
Sulla questione delle varietà brevettate e dei diritti dei breeder è intervenuta di recente la Cia-Agricoltori Italiani, che ha intrapreso un’azione, dinanzi all’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, “per accertare (…) le condotte dei breeder internazionali operanti nel settore dell’uva, tali da integrare profili di natura anticoncorrenziale e provocare effetti distorsivi del mercato”. Cia rivolge particolare attenzione “alle Op i cui soci, spesso, subiscono vere e proprie limitazioni o discriminazioni nell'accesso alle varietà e nella loro commercializzazione”. Auspica perciò “un provvedimento che possa riequilibrare gli interessi in gioco e assicurare condizioni più eque ai propri associati e agli agricoltori italiani in generale”. In sostanza la Cia chiede “la corretta individuazione dei limiti dei diritti dei breeder sull’organizzazione di filiere, alla luce dei recenti interventi sia della stessa AGCM (provvedimento relativo alla varietà di grano Senatore Cappelli) sia della Corte di Giustizia dell’Ue (Caso C-176/18)”.
Uve apirene, in Puglia programmi di ricerca per liberarsi dalle royalty
Intanto in Puglia aggregazioni di produttori di uve da tavola apirene hanno messo in cantiere ambiziosi programmi di miglioramento genetico mirati alla costituzione di nuove varietà apirene adatte alle condizioni pedoclimatiche dell’Italia meridionale. Gli obiettivi dichiarati sono due: liberarsi dal peso delle royalty da pagare per i brevetti delle società di breeding internazionali e accrescere la propria competitività sui mercati.
Un programma è frutto dell’accordo, firmato nel 2018 e pienamente operativo, fra il Crea, il più importante ente italiano di ricerca agroalimentare, e il Consorzio Nu.Va.U.T. (Nuove Varietà di Uva da Tavola) costituito da 24 aziende pugliesi produttrici di uva da tavola. È un esempio virtuoso di collaborazione fra pubblico e privato per l’uva da tavola perché mette insieme risorse e competenze della ricerca pubblica e dei produttori privati, nell’interesse di un made in Italy “integrale”, dalla ricerca al prodotto finale, sempre più autentico e competitivo.
Un altro programma è quello portato avanti da una rete di imprese meridionali per l’innovazione varietale nelle uve apirene denominata Italian Variety Club (IVC), costituita da 20 fra le più importanti imprese di produzione e commercializzazione del comparto dell’uva da tavola, operanti in Puglia, Sicilia, Basilicata, Marche e Campania, con il supporto di due partner scientifici qualificati: lo spin-off Sinagri srl dell’Università di Bari e il Centro di ricerca, sperimentazione e formazione (Crsfa) “Basile Caramia” di Locorotondo (Bari).
Red Globe, legalizzare gli impianti non autorizzati
Per completare l’analisi della situazione delle varietà di uva da tavola brevettate non si può tralasciare quella riguardante la varietà con semi Red Globe, i cui diritti sono detenuti dalla Fruitgrowing Equipment and Service srl di Ferrara, che, informa l’amministratore delegato Antonio Ruffo, da circa 40 anni esercita l’attività di acquisizione di diritti di brevetto di varietà da frutto brevettate e a sua volta concede licenze a vivaisti per la produzione e vendita delle piante di tali varietà brevettate, con pagamento di una royalty.
«Nel 1997 abbiamo scoperto che a Mazzarrone molti produttori detenevano e coltivavano piante di Red Globe non provenienti da vivaisti autorizzati. Individuammo alcuni di essi e intentammo una vertenza giudiziaria nei loro confronti al Tribunale di Caltagirone. Dopo 13 anni ottenemmo una sentenza che riconosceva valido il brevetto e la nostra legittimità nel richiedere royalty sulla Red Globe. I convenuti appellarono la sentenza davanti alla Corte di Appello di Catania, che nel 2016 confermò la sentenza di 1° grado. La sentenza di 2° grado fu oggetto di ricorso davanti alla Corte di Cassazione, che lo scorso 25 novembre, con ordinanza notificata il 15 gennaio 2020, ha rigettato il ricorso, confermando definitivamente la validità del brevetto e la legittimità del diritto della nostra società nel reclamare il pagamento della royalty sulla varietà Red Globe. Adesso i produttori che vogliono impiantare un vigneto di Red Globe devono acquistare le piante solamente da vivaisti autorizzati. Invece i produttori che possiedono la varietà senza alcuna autorizzazione sono tenuti a contattarci e formalizzare un atto di transazione pagando una piccola royalty per pianta, pari a 60 centesimi di euro. Negli areali produttivi siciliani di uva da tavola (Mazzarrone e Canicattì) i viticoltori in regola sono purtroppo ancora pochi. Invece in Puglia grazie all’intervento del presidente dell’Apeo, Giacomo Suglia, che ha sensibilizzato gli associati, siamo riusciti a regolarizzare un gran numero di produttori, anche se non ancora tutti».