Cereali, grano e mais all’angolo. Qualche idea per uscirne

    Il punto sull’annata alla riunione del comitato commerciale Anb coop

    cereali
    Cose da fare per recuperare marginalità: costruire filiere forti, coltivare le varietà chieste dal mercato, puntare di più sul conto conferimento e affidarsi alle garanzie dei futures

    Lo scenario internazionale che vede spostarsi sempre più altrove il centro di gravità dei seminativi, l’elenco delle “solite” lacune strutturali del sistema (su tutte un’offerta frammentata che non tocca palla nella formazione dei prezzi), ma anche almeno un paio di proposte per provare a cambiare in meglio le cose per i cereali a paglia in Italia, alle prese con un’altra annata difficile per gli agricoltori che, tra rese basse e prezzi in calo a malapena riescono a coprire i costi di produzione. Questo il succo dell’ultima riunione del comitato di coordinamento commerciale di Anb coop, che riunisce privati, cooperative, consorzi agrari, industrie molitorie e mangimistiche, svoltasi a Bologna.

    Cereali, i numeri del 2019

    I dati raccolti da Anb da varie fonti parlano chiaro. Per il grano duro è stata una campagna negativa in particolare al Nord, con rese medie di 5,5 t a ettaro, in calo dell’1,8% rispetto al 2018. In un anno le superfici coltivate sono scese del 23% e la produzione del 24,4%. Situazione stabile al Centro, mentre al Sud le cose sono andate leggermente meglio con un raccolto dell’1,9% superiore a quello di dodici mesi fa, nonostante un calo degli ettari dedicati del 5%. Merito anche delle rese, cresciute del 7,34%. Complessivamente la produzione italiana di grano duro dovrebbe essere pari a poco più di 4 milioni di tonnellate: -2,3% sul 2018. Nell’intera penisola gli areali seminati a duro si sono contratti del 5,2%. Oltre al calo produttivo, il 2019 si caratterizza per una perdita di qualità del raccolto, in particolare al Nord, dovuta in gran parte all’andamento del clima.

    Un po’ meglio è andata per il grano tenero. A livello nazionale i volumi sono previsti in crescita del 9% rispetto al 2018, con un aumento delle rese e della superficie dedicata (+2,54%). In alcune zone la qualità ha però risentito del clima anomalo.
    Non ci sono ancora dati precisi sul mais, ma in generale si può dire che la situazione sia di stallo, con superfici in leggero calo e prezzi che faticano a decollare.

    Cereali, lo scenario internazionale

    «A fare la differenza per il prezzo di questa campagna commerciale sarà la quantità prodotta a livello mondiale – ha sottolineato nel suo intervento Thomas Impellizzeri di Ocealia – quindi per avere le idee chiare sul grano duro bisogna aspettare il raccolto canadese». Quest’anno in Spagna i volumi si sono ridotti del 40%, in Grecia del 13, mentre la Francia ha prodotto di più rispetto al 2018. Le giacenze mondiali sono in leggero calo, quindi nei prossimi mesi sul prezzo incideranno molto le intenzioni di semina.

    Per quanto riguarda il tenero invece le giacenze sono in aumento perché la produzione supera il consumo e quindi il prezzo a livello globale è sceso. Secondo gli esperti nei prossimi mesi le quotazioni non subiranno forti sbalzi.

    Quanto alla soia, l’analisi di Enrico Zavaglia di Cereal Docks è stata molto chiara: i maggiori produttori mondiali sono Brasile, Usa e Argentina, dove i costi di produzione sono nettamente inferiori ai nostri, quindi il futuro di questa coltura per l’agricoltura italiana è facile da intuire: rispetto all’anno scorso gli ettari coltivati sono scesi da 370 a 300mila. Più o meno stabile la situazione del girasole e in leggero calo la colza.

    Qualche idea per uscire dalla crisi

    Che fare quindi per risollevare le sorti della cerealicoltura italiana? Più o meno unanime la constatazione che serva una maggior coesione della parte produttiva per avere più potere contrattuale con le controparti. Discorso non certo nuovo ma che i relatori hanno ribadito in quanto passi avanti in questa direzione non se ne vedono: «Anzi – ha sottolineato il direttore settore cerealproteici di Terremerse e responsabile del Comitato di coordinamento commerciale di Anb Coop Augusto Verlicchi – se ne fanno all’indietro, perché ogni embrione di organizzazione che si riesce a fecondare muore nella culla. Va anche detto che l’esperienza maturata in diversi anni di incontri del nostro Comitato, ci ha permesso di confrontarci mettendoci anche in discussione, ma sempre nell’ottica di trovare soluzioni ai problemi che, anche se di strutture diverse, sono comuni a tutta la filiera».

    «Riequilibriamo la quota di conferimento in conto deposito e in conto conferimento a favore del secondo – ha suggerito il presidente di Anb coop Enrico Gambi – oggi il rapporto è 80/20, l’ideale sarebbe portarlo a 50/50. Capisco che ormai la marginalità dei cereali è nulla e gli agricoltori provano a trasformarsi in trader per strappare qualche cent in più, ma spesso i danni sono più dei vantaggi. Un altro piccolo accorgimento è cercare di coltivare le varietà che il mercato chiede, per avere una maggior probabilità di vendere il prodotto a un prezzo adeguato».

    E poi ci sono strumenti finanziari come i futures, considerati in grado di protegge da rischi di mancate consegne, insolvenze o problemi sanitari di forniture e quindi rischi di prezzo. «Finora questo strumento in Italia non ha funzionato perché gli operatori non hanno avuto fiducia – ha ricordato la responsabile derivati sulle materie prime di Directa Alfina Greco – ma, anche se oggi sono visti come una roulette, i futures sono molto utili per proteggersi dagli sbalzi del mercato».

    Cereali, grano e mais all’angolo. Qualche idea per uscirne - Ultima modifica: 2019-09-09T17:04:19+02:00 da Simone Martarello

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