In Sicilia, dopo due annate deludenti, marcatamente condizionate da condizioni meteorologiche avverse, sono attesi, con l’eccezione di qualche area limitata, livelli produttivi soddisfacenti. Dalle prime dichiarazioni dei produttori, infatti, si stima un raccolto di circa 0,8 milioni di tonnellate di grano duro.

«La stagione è partita molto bene - afferma Salvatore Puglisi, presidente del Consorzio Crisma - sin dalla semina le piogge sono state regolari e ben distribuite, in alcune aree si sono raggiunti anche i 700 mm, garantendo un corretto sviluppo vegetativo fino a metà giugno. Il raccolto, iniziato leggermente in anticipo attorno al 20 maggio, ha mostrato un grano dal colore rosso intenso, di buon peso specifico e con ottime caratteristiche visive». Le rese migliori sono state registrate nella Sicilia interna e nella Sicilia Sud-orientale in zona Modica-Ispica; meno favorite sono state l’areale trapanese e la zona Riesi-Licata.
Con l’applicazione di una buona tecnica colturale, con adeguate concimazioni pre-semina e in copertura e con un corretto programma di difesa, molte aziende agricole hanno ottenuto rese in granella intorno a 4,0 t/ha. E non sono rari i casi di produttori che hanno raggiunto e superato le 5,0 t/ha, resa molto soddisfacente per la Sicilia.
Nelle aree maggiormente colpite dalle piogge persistenti, la produzione si è però ridotta a circa 3,0-3,5 t/ha. Le difficoltà nella raccolta, causate da allettamenti e condizioni del suolo sfavorevoli, hanno messo in crisi le operazioni meccaniche.
A partire dalla seconda metà di giugno, le condizioni meteorologiche sono peggiorate sensibilmente: il grano è stato fortemente slavato e sbiancato, compromettendone qualità e valore commerciale, con incidenza diversa nei vari areali, che in alcune zone ha interessato la quasi totalità della produzione (80-90%).
Le varietà seminate

«Un valido indicatore per capire quali siano le varietà più seminate - spiega Luca Minelli, responsabile sviluppo prodotti Sis di Bologna - è rappresentato dagli ettari in moltiplicazione di seme tecnico di cui è stata fatta richiesta di certificazione al Crea. Considerando le prime cinque varietà, Iride (Società Produttori Sementi) continua a essere premiata per la grande rusticità con 2.633,80 ha. Seguono Core (Sis), particolarmente adatta al bacino del Mediterraneo con 1.990,70 ha, Antalis (LG Seeds), caratterizzata da ottime performances e stabilità produttiva a livello nazionale con 1.823,21 ha, Simeto e Furio Camillo, entrambe della Sis, con 1322,09 ha e 578,82 ha».
Conclude Minelli: «In considerazione delle produzioni rilevanti, al netto dell’autoconsumo regionale (circa 0,45 milioni di ton), sono disponibili almeno 0,35 milioni di ton che la Sicilia può offrire al mercato dei trader internazionali, dei mulini e dei pastifici di altre regioni, tornando ad avere una funzione di serbatoio del mercato del duro».
La qualità della granella

Con riferimento alla qualità, spiega Bernardo Messina, dirigente di ricerca al Consorzio di ricerca “Gian Pietro Ballatore” di Palermo, «il Consorzio in collaborazione con l’assessorato regionale all’Agricoltura anche quest’anno ha gestito la rete di monitoraggio della qualità del grano duro prodotto in Sicilia, alla quale hanno aderito 17 centri. I dati arrivati dai primi due centri di ammasso evidenziano un contenuto proteico medio pari a circa il 12% e un peso specifico compreso tra 80 e 81 kg/hl; siamo in attesa di ricevere i dati degli altri centri per avere informazioni più attendibili sull’andamento a livello regionale».

I prezzi
Ciò che desta forti preoccupazioni tra i cerealicoltori sono i ribassi delle quotazioni del grano duro. Infatti, le attuali previsioni di un raccolto abbondante a livello internazionale, con aumenti di produzione rispetto alla precedente annata agraria in Italia e Nord Africa (con particolare riferimento alla Tunisia), hanno determinato cali dei prezzi nelle borse italiane che penalizza particolarmente la Sicilia dove le produzioni raramente sono “tutelate” da contratti di filiera a prezzo predefinito.
Le ultime rilevazioni della borsa di Foggia, afferma Bernardo Messina, «hanno fatto registrare un prezzo di circa 30 €/q per la migliore categoria merceologica “fino”, mentre in Sicilia agli agricoltori interessati a vendere la loro produzione attualmente vengono corrisposti circa 24 €/q (22-23 €/q per le partite “slavate”): circa 6 €/q in meno rispetto a Foggia. Situazione che, come segnaliamo da tanto tempo, è frutto di una filiera regionale che negli anni si è indebolita nella fase della seconda trasformazione con la chiusura dei pastifici industriali regionali che dai 40 degli anni 80 sono arrivati ai 4 attuali, con la conseguente necessità di collocare in mercati extraregionali il grano duro siciliano, sostenendo costi di trasporto che determinano una riduzione delle quotazioni regionali».
I commercianti e i produttori siciliani «devono pertanto fare i conti con i costi di logistica che gravano pesantemente sulla produzione isolana (30-40 euro/ton) e condizionano il prezzo “partenza”. Considerato che i costi di coltivazione di un ettaro di terreno coltivato a grano duro, riferiti all’esecuzione delle operazioni colturali ricorrendo al contoterzismo e all’acquisto dei mezzi tecnici (concimi, sementi, ecc.), si aggirano mediamente tra gli 800 e 1.000 € (variando in funzione dell’areale di riferimento), con le attuali quotazioni per pareggiare i costi sostenuti sono necessarie produzioni medie da 33 a 42 q/ha. Produzioni che non sono state alla portata di tutti i cerealicoltori siciliani».
Le quotazioni future dipenderanno dai dati definitivi sulla consistenza del raccolto di grano duro nei paesi del Mediterraneo (Italia, Nord Africa, Turchia, ecc.) e da quello che succederà in Canada, dove attualmente le rese sono stimate in calo, e nel Nord America dove nonostante la siccità le produzioni sono stimate in linea con quelle dell’anno scorso.

Innovazione finanziaria
In un contesto così complesso, si ripone fiducia nei supporti della Pac. Ma occorrono anche strumenti concreti per dare respiro alle aziende.
«In questa direzione, racconta ancora Salvatore Puglisi, si muove l’accordo tra il Consorzio Crisma, una banca nazionale e Compag, volto a offrire un supporto finanziario strutturato agli agricoltori. È stata attivata una convenzione per l’apertura di conti correnti dedicati, che consentono di gestire tutti gli acquisti relativi alla campagna (sementi, concimi, gasolio, mezzi tecnici) da gennaio a dicembre, con possibilità di saldo entro il 31 marzo dell’anno successivo. Un’iniziativa innovativa che permette di sostenere la liquidità degli agricoltori e, al contempo, alleggerire gli stoccatori da anticipazioni onerose».

La tecnica colturale
«L’annata appena conclusa - continua Puglisi - conferma anche l’urgenza di migliorare le pratiche agronomiche per innalzare la qualità, soprattutto sul fronte proteico. Con proteine al di sotto dell’11-11,5%, il grano perde le caratteristiche richieste per la trasformazione in semola di qualità e rischia di essere destinato a usi zootecnici».
È dunque necessario un cambio di rotta. L’adozione di tecniche innovative, e l’impiego di concimi organici per rivitalizzare i suoli, rappresentano una priorità. Anche le pratiche conservative, come la semina su sodo e la riduzione delle lavorazioni profonde, si stanno dimostrando efficaci in risposta al cambiamento climatico.
Tuttavia, la diffusione di queste nuove tecniche resta limitata: molti produttori restano ancorati a pratiche tradizionali, spesso per mancanza di assistenza tecnica qualificata.

Il ruolo dell’assistenza tecnica
«Oggi più che mai, sottolinea Puglisi, serve un presidio tecnico sul territorio. L’assistenza agronomica diretta nei campi, che il nostro consorzio sta cercando di offrire con continuità, è fondamentale per accompagnare le aziende nella transizione verso un’agricoltura più efficiente, sostenibile e competitiva».
Il rischio concreto, in assenza di prospettive economiche valide, è l’abbandono dei terreni, con conseguente ritorno massiccio della pastorizia estensiva e perdita di presidio rurale. Per questo serve una visione sistemica, che combini innovazione, sostenibilità e sostegno concreto ai produttori.
Solo così, dice Puglisi, il grano duro potrà tornare a essere una coltura strategica per l’agricoltura italiana.
Servono strategie operative

Aggiunge Umberto Anastasi, professore associato di Agronomia e coltivazioni erbacee all’Università di Catania: «Le informazioni ricevute dagli operatori della filiera cerealicola siciliana, unitamente a quelle preliminari delle prove di confronto tra le più diffuse varietà di frumento duro condotte dalla sezione di Agronomia generale e coltivazioni erbacee del Dipartimento di agricoltura alimentazione e ambiente dell’Università di Catania nell’ambito della rete nazionale di sperimentazione coordinata dal Crea Cerealicoltura, pur indicando una ripresa del comparto dopo i risultati estremamente negativi delle precedenti due annate determinate da condizioni meteorologiche particolarmente sfavorevoli, confermano il carattere aleatorio che caratterizza la durogranicoltura siciliana e la necessità di mettere a punto strategie e tattiche agronomiche in grado ottimizzare il processo produttivo per ridurre il divario tra la resa potenziale e quella ottenuta a scala aziendale, che in alcuni areali siciliani comporta un deficit anche del 50%».
Ai diversi attori della filiera «sono richieste scelte operative che riguardano fattori chiave di natura extra agronomica e agronomica che implicano: una maggiore integrazione territoriale, volta alla condivisione di mezzi tecnici (sharing) al fine di ridurre i costi di produzione; una diversificazione varietale, che punti sulla scelta di genotipi che, mediamente, negli anni, hanno evidenziato maggiore produttività e stabilità produttiva; un’innovazione tecnologica indirizzata a implementare interventi agronomici di soil conservation e precision farming resi disponibili dalle esperienze acquisite mediante il trasferimento tecnologico ottenuto con attività finanziate con misure del PSR e scaturite da una integrazione virtuosa tra ricerca, divulgazione e operatori particolarmente intraprendenti del settore».
L’annata 2024-25 dal punto di vista dell’azienda sperimentale Libertinia

Da cinquant’anni il Crea coordina le Reti nazionali di confronto varietale dei cereali, fornendo annualmente agli agricoltori e agli operatori della filiera informazioni dettagliate sulle prestazioni agronomiche e qualitative delle varietà coltivate in ambienti pedoclimatici molto differenti, da Nord a Sud dell’Italia. In Sicilia aderiscono alla Rete nazionale, oltre alla sede di Acireale del Centro cerealicoltura e colture industriali del Crea (Crea-CI), anche l’Università di Catania (Di3A), l’Università di Palermo (Saaf) e due ditte sementiere: la Società italiana sementi (Sis) e l’Asar - S.S. Agricola Randazzo.
«L’azienda sperimentale Libertinia del Crea-CI di Acireale (Ct) - spiega Nino Virzì, responsabile azienda sperimentale - ospita una delle prove della Rete, i cui risultati, una volta completato il lavoro di analisi ed elaborazione dei dati rilevati in tutta Italia, saranno divulgati in settembre». In vista di questi dati, Virzì racconta l’andamento in dettaglio l’andamento meteorologico e il raccolto ottenuto, ricordando che, lo scorso anno, l’azienda sperimentale aveva registrato resa pari a zero.
Le precipitazioni registrate a Libertinia (Ct), per quanto contenute (391 mm da ottobre a giugno), si sono susseguite con regolarità a partire dai mesi autunnali, favorendo – informa Virzì – il regolare insediamento delle colture cerealicole. In particolare, le piogge cadute tra gennaio e febbraio, insolitamente piovosi rispetto alla media degli ultimi vent’anni, e quelle registrate nel mese di marzo, hanno contribuito a reintegrare parzialmente le riserve idriche del suolo, permettendo alle piante di affrontare adeguatamente le fasi finali dello sviluppo vegetativo e l’inizio di quello riproduttivo (levata-fioritura).
A partire dal mese di aprile, è stata registrata una sensibile contrazione delle precipitazioni, abbinata a significativi rialzi termici, osservati già dalla metà di marzo, determinando un’accelerazione dello sviluppo riproduttivo. L’andamento meteorologico ha influenzato lo sviluppo e la diffusione dei patogeni fungini, favorendo la comparsa di oidio nel corso dei mesi invernali e, successivamente, la diffusione della septoriosi.
Il raccolto 2025, continua Virzì, ha beneficiato dell’andamento meteorologico descritto e, a seguito dell’elevato numero di piante per metro quadrato e della fertilità della spiga, ha espresso rese produttive mediamente elevate (media del campo di Libertinia pari a 6 t/ha), abbinate a valori soddisfacenti del contenuto proteico, mediamente prossimo al 15%.
Tuttavia, sono stati rilevati valori contenuti sia del peso ettolitrico che del peso dei 1.000 semi, penalizzati dalla scarsa disponibilità idrica nelle fasi finali della granigione (aprile-maggio), quando il riempimento della cariosside risulta particolarmente sensibile a stress idrici e termici.













