No allo spreco alimentare. È il grido di battaglia più strillato nei primi giorni dell’Expo milanese. Un impegno morale. Secondo le stime del rapporto Waste Watcher presentato da Andrea Segrè, coordinatore del tavolo anti-spreco che ha contribuito ad elaborare la Carta di Milano, solo l’Italia sciupa l’equivalente di 8 miliardi di euro in cibo ogni anno, quasi un terzo di quanto acquistiamo. Una cifra che non tiene conto delle inefficienze - e delle scelte - che condizionano il destino di alcune produzioni che non riescono a raggiungere le nostre dispense. E nemmeno la catena distributiva.
Casi ricorrenti
Perché, se Segrè lo concede, ancora più immorale dello spreco domestico è quello che è capitato, e può ancora capitare, ad una consistente quota della produzione cerealicola nazionale. I casi più eclatanti si sono registrati nel 2003, 2005, 2010 e soprattutto 2012. In queste annate le contaminazioni da aflatossine hanno spinto a sacrificare quote crescenti della produzione maidicola nazionale (e in alcuni casi anche di latte). Colpa delle condizioni climatiche estreme sempre più spesso indotte dal fenomeno del global warming. Le piogge primaverili seguite da un prolungato ed eclatante periodo di siccità estiva sono state l’innesco che ha favorito la proliferazione delle muffe tossigene del genere Aspergillus sulla spiga in campo, determinando le contaminazioni del 2012. Circa due milioni le tonnellate di granella di mais coinvolte, pari al 20% della produzione in annate normali, ma, complice la siccità, si trattava di oltre il 30% della resa totale di quell’anno. In base al monitoraggio sugli impianti di essiccazione e stoccaggio del nord Italia, la decurtazione del raccolto ha raggiunto punte del 51% in Emilia-Romagna e del 45% in Veneto. Un problema che è rimasto a carico degli stoccatori per parecchi mesi, con silos e magazzini pieni fino a quasi il periodo delle successive semine, a causa della lentezza con cui le istituzioni hanno diramato le indicazioni operative su come trattare le partite contaminate.
Don, afla e fumonisine
Ugualmente ricorrenti, meno pesanti, ma comunque dispendiose, sono le crisi registrate per le contaminazioni da fusariotossine sul frumento. La fusariosi della spiga, causata da un complesso di funghi appartenenti al genere Fusarium (Fusarium graminearum, F.culmorum, F,avenacearum, F.poea, Microdochium nivale) è la malattia chiave sia su frumento tenero che su duro. A destare maggiore preoccupazione è il rischio di una elevata contaminazione della granella da Don (deossinivalenolo) micotossina pericolosa soprattutto per la salute degli animali (in questo caso l’annus horribilis è stato il 2008, con contaminazioni che hanno determinato il ridimensionamento delle superfici di grano duro al Nord).
E non basta sperare nella clemenza del solleone per risolvere il problema. Facendo gli scongiuri le condizioni climatiche di questo 2015 sembrano fin qui ben differenti da quelle del 2012. Simili però a quelle del 2014. Le micotossine prevalenti sul mais nel Nord Italia sono le fumonisine (FB) e le aflatossine (AF) prodotte rispettivamente da funghi appartenenti al genere Fusarium e Aspergillus. La proliferazione di questi funghi dipende sia dalle condizioni climatiche che agronomiche. Quelle climatiche non sono coincidenti. Oggi è presto per fare previsioni per l’annata 2015 e nemmeno i modelli di sviluppo messi a punto per le fusariosi possono aiutare, perché finora (al momento di andare in stampa), non si sono registrate ancora infezioni né su frumento né tanto meno su mais. Nel 2014 il rischio maggiore messo in evidenza per il mais delle classi di maturazione 500 e 700 seminati tra metà e fine aprile è stato quello di un elevato rischio da fumonisine, mentre quello da aflatossine era considerato medio-basso.