Da 21 anni il 25 ottobre è stato individuato come la "Giornata Mondiale della Pasta –World Pasta Day", che intende celebrare un alimento che viene accostato ad alcuni valori simbolo come famiglia, convivialità, amicizia e italianità.
Come ricorda Italmopa (Associazione Industriali Mugnai d’Italia) i pastifici italiani ne producono annualmente 3,4 milioni di tonnellate che sono ottenute dalla trasformazione di semole di frumento duro, che derivano dai migliori grani duri.
I pastai italiani fanno la differenza
«Il ruolo dell’Industria molitoria nazionale è fondamentale per portare sulle nostre tavole e nel mondo un grande simbolo del made in Italy - evidenzia Cosimo De Sortis, presidente Italmopa -. L’indiscussa maestria dei Pastai italiani si accompagna all’impareggiabile capacità dei nostri mugnai di individuare, selezionare, miscelare e trasformare le migliori varietà di frumento duro quale che sia la loro origine. Una capacità derivante da una professionalità in grado di coniugare tradizione e innovazione che non trova uguali in altri Paesi. Un riconoscimento unanime che ci rende particolarmente orgogliosi ».
L’industria molitoria italiana a frumento duro, che detiene una posizione di assoluta leadership a livello mondiale, trasforma annualmente circa 5,7 milioni di tonnellate di grano duro per la produzione di semole destinate in misura superiore al 90% alla produzione di pasta, ma anche alla produzione di pane, ad usi domestici e all’esportazione.
Le preoccupazioni di Assosementi
In occasione della giornata Assosementi (l’associazione nazionale dei produttori di sementi) ricorda che diminuiscono del 5,1% le superfici produttive destinate alla coltivazione del frumento duro e parallelamente cresce l’impiego del seme non certificato, che ha raggiunto il picco del 55% degli ettari coltivati in Italia. Le stime di Assosementi si basano sui dati Istat che evidenziano uno scenario non facile per il futuro della filiera della pasta.
«I dati emersi sono preoccupanti e minacciano una coltura che dà origine a un fiore all’occhiello del made in Italy – ha dichiarato Franco Brazzabeni, presidente della sezione cereali di Assosementi. - L’uso di seme non certificato limita la piena tracciabilità delle produzioni e il calo delle superfici accentua la dipendenza dei trasformatori dalle importazioni».
La garanzia del seme certificato
«L’impiego di seme certificato - ha aggiunto Brazzabeni - rappresenta non solo la migliore garanzia di purezza e germinabilità per il pieno successo delle produzioni, ma è anche fondamentale per sostenere l’attività di ricerca. Il settore sementiero è costantemente al lavoro per selezionare varietà in grado di competere meglio in presenza di stress, come malattie fungine, insetti e virosi, suoli ricchi di alluminio e siccità».
«Accanto agli aspetti di interesse per la trasformazione industriale, quali il contenuto proteico, le proprietà dell’amido e del glutine e il colore della semola, l’innovazione vegetale può fornire risposte a consumatori sempre più attenti agli aspetti salutistici. Un esempio è il progetto coordinato dall’Italia che, grazie al lavoro di sequenziamento del genoma del grano duro, ha identificato un gene capace di limitare l’accumulo nei semi di una sostanza tossica come il cadmio. In Spagna, invece, i ricercatori dell’Università di Cordoba hanno dato vita a un frumento senza glutine, utile per le persone che soffrono di celiachia» ha continuato Brazzabeni.
Fondamentale la filiera
«Le criticità del settore vanno affrontate in un’ottica di filiera: Assosementi continuerà a collaborare con i vari attori coinvolti nei tavoli di lavoro che le istituzioni hanno attivato negli ultimi mesi, con l’obiettivo di sottolineare l'importanza del seme certificato, base irrinunciabile per ogni produzione orientata alla qualità, ma anche veicolo di finanziamento della necessaria innovazione che i mercati ci richiedono» ha concluso Brazzabeni.