«È il più avanzato essiccatoio di Pioneer-Corteva in tutta Europa e ce l’abbiamo qui in Italia. In tre ore è in grado di ridurre di un punto l’umidità di oltre 100 tonnellate di mais, aiutandoci a smaltire l’enorme mole di lavoro che ogni anno ci casca in testa tra agosto e settembre». Alfredo Martani, responsabile della produzione e direttore dello stabilimento di Sissa (Pr) mostra con comprensibile orgoglio il nuovo fiore all’occhiello di un complesso che tra agosto e marzo dell’anno successivo produce sementi di mais, soia, girasole e colza per tutta Italia (e non soltanto), ricevendo i raccolti da Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna. Vi lavorano 200 addetti, impegnati 24 ore al giorno, sette giorni alla settimana, per otto mesi all’anno.
Essiccatoio senza eguali
A Sissa arriva il mais raccolto nei campi da seme di tre regioni. Una volta scaricato, è suddiviso per ibrido, essiccato, sgranato e infine insaccato e spedito ai centri di distribuzione. L’essiccamento, spiega Martani, è una fase cruciale: due punti percentuali di umidità in più o in meno rispetto al valore di riferimento (12,5%) possono pregiudicare la germinabilità dei semi. Il fatto che Pioneer vanti un tasso di germinazione del 93% lascia capire che il problema, qui, non sussiste. «Sicuramente siamo oltre i requisiti della legge italiana, che richiede almeno un 90% di germinabilità. Già con gli essiccatoi precedenti avevamo risultati d’eccellenza. Con questo, andiamo ancora oltre».
A differenza del vecchio impianto, tutt’ora in funzione, il nuovo complesso, ospitato in un edificio costruito appositamente in soli nove mesi, è dotato di un bruciatore e di un ventilatore per ciascuna delle 14 celle in cui è suddiviso. Ogni cella ha una capacità di 110 tonnellate, pari al contenuto di quattro autotreni. Non appena la cella è carica, inizia l’essiccamento, che avviene con aria calda spinta a forza nel silo. Quando si raggiunge l’umidità desiderata, il processo si interrompe e le pannocchie sono avviate alla sgranatrice, quindi conciate e insaccate.
Verso la sostenibilità
Il punto di forza dell’essiccatoio è la possibilità di fornire a ogni cella soltanto l’aria di cui ha bisogno. L’impianto adiacente, seppur meno capiente, consuma il 30% di energia in più, in quanto è dotato di due soli bruciatori e dunque lavora a una temperatura che è la media tra le esigenze di ognuna delle sue venti celle. Grazie alla possibilità di regolazione precisa della temperatura e alla coibentazione dei locali, l’essiccatoio realizzato quest’anno è più grande ma meno energivoro, a tutto beneficio della sostenibilità ambientale. Dal prossimo anno, inoltre lo stabilimento sarà fornito di 2.500 metri quadrati di pannelli fotovoltaici, che lo renderanno energeticamente indipendente per dieci mesi all’anno. «Non per i due della campagna, purtroppo. In questo stabilimento consumiamo l’ottanta per cento dell’energia totale in 60 giorni», ha spiegato Martani.
Ciò nonostante, l’attenzione per l’ambiente resta massima. Per esempio, grazie a un espediente (un sottile strato di colla sui sacchi) è stato possibile dimezzare la quantità di pellicola utilizzata per immobilizzare i sacchi sui pallet. Al tempo stesso, la decisione di raddoppiare il numero dei semi (da 25 a 50mila) ha dimezzato il consumo di carta e la produzione di etichette di plastica da smaltire (due per ogni sacco). «Sembrano piccole cose, ma dimostrano attenzione per l’ambiente. Come pure – ha aggiunto Martani – è massima l’attenzione per la sicurezza dei lavoratori, un aspetto per il quale siamo da esempio in Italia e anche all’estero».